La prima volta che aveva spaccato la
vetrina di un parrucchiere era stata epica, fantastica. Con una mazza di legno,
dopo che Gustav aveva scassinato con destrezza la saracinesca, lui sapeva
farlo. Lui l'aveva spinta a fuggire, era scattato l'allarme, ma lei era rimasta
come impietrita per un attimo. Quei tagli orribili pagati a cinquantoni le erano
rimasti sempre sul gozzo; le chiacchiere superflue rivolte per mestiere le
avevano sempre attivato bile nera. Le ricrescite nere delle amiche con tinta
-rosso, biondo, oibò, che figo!- le aveva sempre invidiate e disprezzate. Lei
avrebbe voluto, forse, anche lì avrebbe voluto, ma...Gustav l'aveva presa per
il braccio ed erano corsi via ridendo. Avevano bevuto tanto quella sera,
pisciato insieme in giro e consegnato cartoncini del Credo, così, a tirar via.
Sempre odiato le cose a tirar via, non metodiche, non precise, sguaiate, alla
carlona; ma era con Gustav.
Il mondo sarebbe cambiato davvero una
buona volta? Non sapeva, non arrischiava. Non sapeva ostentare la stessa
sicurezza di Gustav: "La situazione sta cambiando, ci siamo";
"La svolta è vicina, la stiamo rendendo possibile noi, capisci?".
Neanche qui capiva: sperava, desiderava, voleva -il serpente lo sentiva sempre
sulla pelle, stringerla e morderla, circondarla maligno- ma questa sicurezza le
pareva follia. Inammissibile, insomma, "Ma come fai a dirlo? Come si fa a
essere così certi, io non...basta aver letto il manuale del liceo di filosofia
per sapere che non c'è mai nulla di assoluto". "Vedrai, vedrai: non
leggi che i parrucchieri chiudono? Mesiota non sarebbe contenta di quello che
dici".
Gustav l'aveva portata a conoscere
Mesiota, in un grande raduno notturno del Manipolo, settimane prima. Lei aveva
notato che gli brillavano gli occhi, quando aveva comunicato l'appuntamento a
tutta la cellula 31. Anche in quel caso era partita da casa scettica, la
smorfia del dubbio stampata in viso e il Dio Disagio a tenerle la mano. Ma una
volta lì -tutti tuttissimi con quella "M"- aveva provato lei stessa
-glip- entusiasmo. Si era sentita parte di un Tutto, di qualcosa, il fermento,
la voce-velluto di Mesiota la grande, e poi la rabbia sopita di anni. Avevano
festeggiato e premiato la cellula 67, che aveva portato a termine l'omicidio di
una modella tra le più in voga.
Sollevò lo sguardo dal pavimento
lercio della Metro: solo due fermate. Una manciata di minuti, e scendeva le
scale della sala prove, ormai familiari. A fine Intervento bisognava sempre
rilasciare una deposizione dettagliata in cellula, era la regola. Perché il
Manipolo aveva un regolamento rigido e razionale, tuttavia non scritto;
comunicato oralmente, e si trovò a ricordare di tutte quelle volte che aveva
preso appunti, come all'università, riportando schematicamente su taccuino quel
che diceva in proposito il Coordinatore. Trovò in sede Adria, uno dei due
minorenni, e anche Gustav: "Allora! Dicci tutto: ce l'hai fatta? Non avrai
perso tempo a farti bella come un'idiota?" "Ehm..no no". In
effetti aveva voluto entrare nella parte, una volta nella vita, aveva voluto,
per gioco, per quella vecchia attrazione morbosa che.."Deve essere stato
terribile. Ma è una delle pratiche più efficaci
fingersi modelli e poi..quindi, tutto liscio? Imprevisti?".
"Terribile sì, Gustav, ma tutto liscio, vi devo raccontare".
"Dobbiamo aspettare che arrivi il Coordinatore, usciamo un attimo".
Uscirono, lei e Gustav. Lui si
congratulò con lei, per aver ucciso due "dannati operai del Bello",
finalmente. Per lui non era nuova la cosa, aveva già ucciso in diversi
Interventi. Amava la violenza, lui, la trovava bella e necessaria. Le si
avvicinò e la baciò a lungo. Fu contenta, lei, gli zigomi pungevano, il Dio
Disagio la abbandonò dopo pochi minuti. Probabilmente faceva così con tutte,
con molte, ma al momento non importava.
(Emilio Smunti 2011)
-CONTINUA-
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