lunedì 15 ottobre 2012

MANIPOLO (6) di Emilio Smunti

 Il campanello di rito, l'ingresso fresco e profumato di dolce, il tavolino della reception con i prodotti leviganti in offerta: la mattina dopo, forse le 10, si era presentata al solarium; in Loco X, com'erano soliti recitare i membri. Con lei anche la ragazza alta -Adria- e una delle due donne sui forse 60 -nome incerto: entrate a scaglioni, ognuna con le boccette d'alcool riposte nelle tasche e/o nel borsello. "Dunque..cera intera, no? Attendi un attimo, sistemiamo la cabina, ok?". Ingresso vuoto: svuotata la prima boccetta, con straordinaria tranquillità -se ne era stupita- complice forse la melodia rilassante che risuonava intorno insistente, un classico. Riviste di moda e pettegolezzo: ben intrise, toh; aveva cominciato a provarci gusto. Ma ecco che si era materializzato di fronte a lei un viso che conosceva, che tuttavia non riconosceva: i capelli nero corvino, il naso piccolo, la pelle oliva..."Hei, ma sei tu! Lavoro qui adesso, che mi racconti?" aveva articolato quella. Una delle poche estetiste, probabilmente l'unica, con cui si fosse mai trovata quasi bene a parlare, una nata nel suo stesso anno, stesso mese, non metteva a fuoco il nome, ma.."Allora che mi racconti?". Si era sentita rabbrividire: "Mah nulla di che, solita vita..ma quanto tempo!". Aveva sempre odiato i tentativi di ciancia delle estetiste, benché all'esterno tentasse di mostrare interesse a quanto dicevano, per semplice credo ideologico nella necessità del feedback. Perciò, come tutti, aveva ascoltato con bieca partecipazione quanto rivelavano a proposito delle loro vite, scocciature quotidiane, studi passati, ragazzi infami, progetti futuri. Del resto, aveva sempre odiato in misura molto maggiore che le si chiedesse qualcosa di lei: la sua vita, le sue scocciature, i suoi studi -Dio mio- i suoi ragazzi infami. Di gran lunga meglio ascoltare. Ma con quel viso, capelli corvini, c'era sempre stato una sorta di feeling inspiegabile, d'istinto. Anyway: il viso che conosceva si era alzato la maglietta all'improvviso, mostrandole un ventre pieno e rigonfio, stonante sul fisico magro. "Ma...". Le si era gelato il petto: quell'incurvamento fuori posto le era parso alieno, aberrante, un errore. "Dio mio, ha la mia stessa età, io.." aveva pensato, e recitato -ad alta voce, ahimé- un "Inquietante! Dio, non è possibile!". Solo dopo aveva realizzato che non è così che ci si rivolge a una quasi mamma, quanta rudezza, quanta assenza di tatto, imperdonabile, ignobile davvero, avrebbe dovuto pronunciare un "Che bello, complimenti!", esclamare un "Fantastico, sono contenta per te!", qualcosa del genere, di umano, caloroso -intollerabile, davvero, che figura- anche se di fatto stava probabilmente per ucciderli entrambi, madre a breve e feto x. Per buona sorte era stata richiamata al lavoro, la gestante: ingresso deserto, e via di nuovo con la distribuzione del liquido; questa volta, però, meno decisa, non più tranquilla, un senso di amaro.
Aveva visto le altre due del Manipolo pagare e uscire: l'ora era vicina. Si era velocemente dileguata anche lei, le boccette vuote, un'oppressione nera nel petto. Al resto avrebbero pensato Gustav e gli altri, in arrivo in Loco X ad istanti.

Ci ripensava in Metro -sguardo a terra, cuffia in timpano- a quella sua prima partecipazione a un Intervento: ne era passata di acqua sotto i ponti. Quella prima volta il sentore scuro nel petto non l'aveva abbandonata fino a sera: aveva passato il resto del giorno davanti al pc, pagina web delle notizie fresche, cronaca locale, a digitare aggiorna a intervalli regolari, sempre più brevi, con le dita tremanti. Quel ventre tondo, immagine fissa. Aveva avuto mal di testa, zero fame, l'ansia solita alla bocca dello stomaco: stavolta, però, giustificata. Non era rimasto ucciso nessuno quella volta, tutte le ragazze -estetiste, cassiera, clienti- anche un ragazzo -eh sì- erano riuscite a fuggire e a salvarsi. Anche Gustav e gli altri erano stati velocissimi: entrati come clienti, erano riusciti immediatamente dopo, di corsa, senza che la ragazza all'ingresso potesse fare granché. Il Manipolo del resto vedeva con favore la morte e il dolore fisico degli "operai del Bello", non esisteva pietà. Uccidere rientrava, eventualmente, nei piani. Quella degli operai era una morte spesso accidentale, non strettamente necessaria; diverso il caso delle grandi personalità, selezionate con cura da un'apposita Commissione presieduta da Mesiota in persona: modelle e modelli, soubrette, battone introdotte facilmente in politica. Si trattava di episodi rari, eccezionali, "ma di forte carica simbolica, capisci?". Gustav tentava di spiegarglielo: "eliminare singoli non è sbagliato, tutto rientra in un grande progetto di cambiamento, di rigenerazione, capisci?". Storia vecchia, vecchissima davvero. Non capiva, non condivideva; eppure anche lei aveva una "M", piccola, sì, ma tatuata sul braccio. Per lui era diverso: figlio di una tedesca scapestrata e di un italiano non scapestrato ma folle, aveva perso il padre da piccolissimo e sin da allora aveva odiato e voluto morto il mondo. Aveva partecipato a movimenti sovversivi di ogni scuola e colore, e non aveva mai smesso di uccidere animaletti per puro divertimento, come i bambini prima di incivilirsi. Sin da giovanissimo si era inserito nelle frange più marginali e periferiche: di lì proveniva la sua preparazione e abilità organizzativa. Si calava droghe di ogni specie -favoriva la chetamina- senza mai pentirsene; era parte del gioco. Una pessima frequentazione, di quelle da evitare come la peste. Avrebbe dovuto fuggire un tipo del genere, ci pensava in metro. Lei non aderiva mai a stupefacenti e similari: riteneva il cervello l'unica risorsa, non poi così ricca, del resto, sui cui poter contare, essendo costantemente in banca rotta e non essendo neppure -eccolo- attraente. Era stata sempre contraria alla violenza, i cortei in piazza a gridare a gran voce e correr dietro ai carretti musicali si erano sprecati, già a partire da età ginnasiali.
Da evitare, quel tizio, da cassare: quei due zigomi non erano nemmeno così puntuti, a ben guardare, e poi non era roba per lei. Ma a partire dal giorno seguente -seguente a quel battesimo al solarium- avevano cominciato, lei e Gustav, a girovagare insieme, just strolling around, per "diffondere il Dato". "Ti va? Allora, vieni con me?". "Ci sto, ci sto. Ci vediamo dopo".
Aveva provato a coinvolgere le Altre, le sue amiche di vecchia data, ma non era riuscita a irretirle. "Ma che è sta storia del serpente?!? Ma per favore, dai..Ma proprio tu mi cadi in queste idiozie? Stai scherzando, vero? Non avrete a che fare con quei parrucchieri in fiamme?". Che brutto mentire alle Altre.
La Metro proseguiva rapida, rapidi erano stati quei mesi. Molti centri di bellezza avevano chiuso i battenti, per paura; si sapeva di estetiste che abbandonavano sempre  più numerose gli studi; i clienti erano sempre meno, sempre più radi. Bisognava avere del fegato a farsi una lampada. Molti membri del Manipolo erano stati arrestati, ma se ne arruolavano di nuovi, di freschi, uomini, donne, imberbi  e in pensione.
(Emilio Smunti 2011)
-CONTINUA-

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