lunedì 22 ottobre 2012

MANIPOLO (8) di Emilio Smunti... ultima puntata!!

 "Eh-ehm..dentro, ragazzi!". Il Coordinatore, appena arrivato, li richiamò al dovere. Una volta dentro, eccitata e raggiante,  depose ufficialmente con passione ed entusiasmo -entusiamo, proprio lei, pazzesco. "Tutto secondo il regolamento, sembra, bene; parteciperai come leader organizzativo all'Intervento di dopodomani" aveva replicato il Coordinatore agitando l'acconciatura castano ramato "Parliamone in dettaglio, per favore. Si tratta di sequestrare un'importante truccatrice, il Manipolo ha bisogno di fondi. Mesiota ci ha direttamente affidato il compito, è fondamentale che tutto si svolga con precisione..so che darai il meglio". Anche nella cellula 31 si era distinta come diligente, ahimé.
Ritornò a casa con Gustav annesso: parlarono animatamente del sequestro in vista per tutto il tragitto. Era sempre in apprensione all'idea di far vedere la propria stanza per la prima volta: aveva una quantità inaudita e superflua di vestiti e lingerie provocante, se ne sarebbe vergognata. Tirato sù il letto velocemente mentre lui aspirava roba  in cucina, si mise a preparare un risotto al curry, di quelli che le piaceva preparare, convinta che il girare il mestolo potesse irrobustire quel braccio esile da Biafra che le era toccato in sorte. "Ci vorrà del tempo, però..". "Non ti preoccupare, tanto non è tardi" rispose Gustav "Piuttosto, posso usare nel frattempo il tuo pc?". "Prego, è un po' malconcio ma funziona, più o meno". E tlan, tlan, tlan, il mestolo che gira. Aggiungere acqua, si rapprende il riso, altra acqua. E tlan tlan tlan, lavoro di bicipite -certo! "Questo sequestro ci è stato affidato direttamente da Mesiota, dobbiamo agire bene, è roba grossa" recitò lui. E tlan tlan tlan, chicchi che girano, vorticano, duri. "Devi essere orgogliosa di avere il coordinamento dell'operazione" aggiunse. "Già, sono un po' preoccupata. Grande responsabilità, e..". "Devi solo prepararti bene, il grosso del lavoro sarà dell'intera cellula, saremo tutti insieme". "Tutti insieme, sì". Muoveva il mestolo di legno, e un sentore come di crudo e maligno le salì all'improvviso nel petto. Come un soffocare, chissà, forse il tempo, la pioggia.."Sarà una cosa grande, ne sono certo" Tlan tlan tlan: il riso che gira, si morde la coda. "Vedo un po' su Internet cosa c'è in giro stasera: così magari ci buttiamo in un centro sociale e distribuiamo il Credo in giro. Vediamo...". Fissava il riso e quel sentore cresceva, forse il tempo, la pressione, la stanchezza, agitazione, la colpa. "Forse non me la sento stasera..". Buttarsi in un centro sociale era ipoteca certa di sfascio quindicenne: sarebbe finita a bocce a pochi soldi di vino cattivo, e non se la sentiva, non quella sera, si sentiva svenire. Tlan tlan tlan: mestolo veloce. Lui sembrò non aver sentito: "Vediamo..Qui forse c'è una serata interessante, bisogna vedere se è gratis o ci fanno pagare, sti dannati". Fissava il riso giallo di curry, un nodo alla gola, la colpa, Dio mio, ma no è il tempo, la meteoropatia, io lo so, è storia antica. "Vediamo un po'...la cronaca locale di solito riporta i concerti del giorno..vediamo..toh: guarda qui!". Le rivolse raggiante lo schermo del pc, un portatile, claro, vecchio e rimediato. Sulla pagina web la notizia d'ultim'ora, a caratteri non piccoli, e in grassetto chiaro e nero: "Bruciati vivi due ragazzi". "Trovati morti un ragazzo e una ragazza in uno studio fotografico del centro. L'incendio è doloso": questo il sottotitolo. Nel frattempo -intrattanta, s'intend, che el ris coseva- aveva iniziato a piovere, e tutt'a un tratto -"è pronto!"- si sentì soddisfatta.

 (Emilio Smunti 2011)


giovedì 18 ottobre 2012

MANIPOLO (7) di Emilio Smunti


 La prima volta che aveva spaccato la vetrina di un parrucchiere era stata epica, fantastica. Con una mazza di legno, dopo che Gustav aveva scassinato con destrezza la saracinesca, lui sapeva farlo. Lui l'aveva spinta a fuggire, era scattato l'allarme, ma lei era rimasta come impietrita per un attimo. Quei tagli orribili pagati a cinquantoni le erano rimasti sempre sul gozzo; le chiacchiere superflue rivolte per mestiere le avevano sempre attivato bile nera. Le ricrescite nere delle amiche con tinta -rosso, biondo, oibò, che figo!- le aveva sempre invidiate e disprezzate. Lei avrebbe voluto, forse, anche lì avrebbe voluto, ma...Gustav l'aveva presa per il braccio ed erano corsi via ridendo. Avevano bevuto tanto quella sera, pisciato insieme in giro e consegnato cartoncini del Credo, così, a tirar via. Sempre odiato le cose a tirar via, non metodiche, non precise, sguaiate, alla carlona; ma era con Gustav.
Il mondo sarebbe cambiato davvero una buona volta? Non sapeva, non arrischiava. Non sapeva ostentare la stessa sicurezza di Gustav: "La situazione sta cambiando, ci siamo"; "La svolta è vicina, la stiamo rendendo possibile noi, capisci?". Neanche qui capiva: sperava, desiderava, voleva -il serpente lo sentiva sempre sulla pelle, stringerla e morderla, circondarla maligno- ma questa sicurezza le pareva follia. Inammissibile, insomma, "Ma come fai a dirlo? Come si fa a essere così certi, io non...basta aver letto il manuale del liceo di filosofia per sapere che non c'è mai nulla di assoluto". "Vedrai, vedrai: non leggi che i parrucchieri chiudono? Mesiota non sarebbe contenta di quello che dici".
Gustav l'aveva portata a conoscere Mesiota, in un grande raduno notturno del Manipolo, settimane prima. Lei aveva notato che gli brillavano gli occhi, quando aveva comunicato l'appuntamento a tutta la cellula 31. Anche in quel caso era partita da casa scettica, la smorfia del dubbio stampata in viso e il Dio Disagio a tenerle la mano. Ma una volta lì -tutti tuttissimi con quella "M"- aveva provato lei stessa -glip- entusiasmo. Si era sentita parte di un Tutto, di qualcosa, il fermento, la voce-velluto di Mesiota la grande, e poi la rabbia sopita di anni. Avevano festeggiato e premiato la cellula 67, che aveva portato a termine l'omicidio di una modella tra le più in voga.
Sollevò lo sguardo dal pavimento lercio della Metro: solo due fermate. Una manciata di minuti, e scendeva le scale della sala prove, ormai familiari. A fine Intervento bisognava sempre rilasciare una deposizione dettagliata in cellula, era la regola. Perché il Manipolo aveva un regolamento rigido e razionale, tuttavia non scritto; comunicato oralmente, e si trovò a ricordare di tutte quelle volte che aveva preso appunti, come all'università, riportando schematicamente su taccuino quel che diceva in proposito il Coordinatore. Trovò in sede Adria, uno dei due minorenni, e anche Gustav: "Allora! Dicci tutto: ce l'hai fatta? Non avrai perso tempo a farti bella come un'idiota?" "Ehm..no no". In effetti aveva voluto entrare nella parte, una volta nella vita, aveva voluto, per gioco, per quella vecchia attrazione morbosa che.."Deve essere stato terribile. Ma è una delle pratiche più efficaci  fingersi modelli e poi..quindi, tutto liscio? Imprevisti?". "Terribile sì, Gustav, ma tutto liscio, vi devo raccontare". "Dobbiamo aspettare che arrivi il Coordinatore, usciamo un attimo".
Uscirono, lei e Gustav. Lui si congratulò con lei, per aver ucciso due "dannati operai del Bello", finalmente. Per lui non era nuova la cosa, aveva già ucciso in diversi Interventi. Amava la violenza, lui, la trovava bella e necessaria. Le si avvicinò e la baciò a lungo. Fu contenta, lei, gli zigomi pungevano, il Dio Disagio la abbandonò dopo pochi minuti. Probabilmente faceva così con tutte, con molte, ma al momento non importava.
(Emilio Smunti 2011)
-CONTINUA-

LA SPERANZA DI MALALA (Firma la petizione!!)

Cari amici,



I talebani hanno sparato alla quattordicenne Malala per fermare la sua lotta per l'educazione delle donne. Possiamo fare in modo che il suo sogno diventi realtà chiedendo al suo governo di stanziare fondi che incoraggino le famiglie di tutto il Pakistan a mandare le loro figlie a scuola. Clicca qui sotto per dare forza a questa possibilità di lottare per l'educazione femminile: 


Firma la petizione
Malala ha dedicato la sua infanzia a combattere per l'educazione delle ragazze come lei in Pakistan. Mentre giace in un letto di ospedale, tragica vittima di un sicario dei talebani,aiutiamola a far diventare il suo sogno realtà.

Una parte del Pakistan ha già avviato con successo un programma che assegna del denaro alle famiglie che mandano le figlie a scuola con regolarità. Ma nella provincia di Malala il governo locale sta ostacolando simili iniziative. Politici di alto livello hanno promesso di aiutare Malala e se agiamo ora possiamo fare in modo che si impegnino ad avviare finalmente un programma in tutto il paese. 

Prima che i media si scordino dell'accaduto, alziamo le nostre voci perchiedere che il governo annunci fondi per tutte le ragazze del Pakistan che vanno a scuola. Tra pochi giorni il delegato ONU per l'educazione incontrerà il presidente del Pakistan Zardari e ci ha detto che la consegna a mano di un milione di firme rafforzerebbe la sua posizione. Firma e fai il passaparola girando questa email, e aiuta a rendere realtà il sogno di Malala: 

http://www.avaaz.org/it/malalahopenew/?bIbePbb&v=18802 

Il nord-ovest del Pakistan è sotto il controllo dei talebani dal 2007, quando cominciarono a bruciare e distruggere le scuole femminili. I talebani hanno raso al suolo 401 scuole nella regione dello Swat tra il 2001 e il 2009: 70% di queste erano scuole per ragazze. Malala ha attirato l'attenzione del mondo intero sul regno del terrore dei talebani nel momento in cui ha cominciato a scrivere su un blog in lingua urdu per la BBC. Quello che scrive è un diario importantissimo per conoscere le conseguenze devastanti dell'estremismo sulle vite dei normali cittadini del Pakistan. 

La costituzione del Pakistan dice che le donne hanno lo stesso diritto all'educazione degli uomini e il governo ha le risorse per fare in modo che tale diritto sia effettivo. Ma i politici hanno ignorato per anni il problema, influenzati da gruppi di estremisti religiosi e ora solo il 29% delle ragazze frequenta le scuole superiori. Numerosi studi hanno mostrato l'impatto positivo in termini di reddito personale e crescita nazionale quando le donne vengono ricevono l'educazione. 

Trasformiamo lo shock e l'orrore seguito all'attentato dei talebani a questa giovane ragazza in una forte pressione internazionale che obblighi il Pakistan a occuparsi dell'educazione delle donne. Clicca sotto per stare dalla parte di Malala e sostenere un'enorme campagna per l'educazione femminile in Pakistan, sostenuta da risorse, sicurezza ma soprattutto dalla volontà di lottare contro gli estremisti che stanno distruggendo il Pakistan:

http://www.avaaz.org/it/malalahopenew/?bIbePbb&v=18802

Uniamoci per manifestare in solidarietà con la coraggiosa e giovane attivista, che sta mostrando al mondo come una giovane studentessa può fronteggiare estremisti armati e pericolosi.

Con speranza e determinazione,

Emma, Alaphia, Alex, Ricken, Ari, Michelle, Wissam, Rewan e il resto del team di Avaaz


ULTERIORI INFORMAZIONI

Pakistan, spari contro bimba-attivista. Ferita alla testa mentre esce da scuola (La Repubblica):
http://www.repubblica.it/esteri/2012/10/09/news/pakistan_bambina_pacifista_ferita_alla_testa-44176073/

Malala, migliorano le condizioni di salute (ANSA):
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2012/10/14/Malala-migliorano-condizioni-salute-_7644168.html 

Pakistan: Scuole pubbliche senza tetto e acqua (Il Fatto Quotidiano):
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/04/pakistan-scuole-pubbliche-senza-tetto-e-acqua-e-giovani-finiscono-nelle-madrasa/372419/

La lezione della piccola Malala: rifiutare l’ingiustizia e costruire il proprio destino (La Stampa):
http://www.lastampa.it/2012/10/15/esteri/la-lezione-di-malala-ribellarsi-all-ingiustizia-e-creare-il-proprio-destino-PWovyIBMVPfDfFLzabDWvI/pagina.html 

Il Sistema scolastico in Pakistan (Fondazione Integrazione):
http://www.fondazioneintegrazione.it/UserFiles/File/Training/8_Pakistan,%20i%20precetti%20coranici%20nel%20processo%20educativo.pdf

CHI CONTINUA?? (5)

Ho deciso di tagliarmi i capelli e poi lasciarli crescere bianchi, o grigi, o come sono ormai diventati sotto questa tinta artificiale. Ho sessanta anni, come il capitano Achab, e ho anch'io la mia ossessione.
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(isabnic2012)

lunedì 15 ottobre 2012

MANIPOLO (6) di Emilio Smunti

 Il campanello di rito, l'ingresso fresco e profumato di dolce, il tavolino della reception con i prodotti leviganti in offerta: la mattina dopo, forse le 10, si era presentata al solarium; in Loco X, com'erano soliti recitare i membri. Con lei anche la ragazza alta -Adria- e una delle due donne sui forse 60 -nome incerto: entrate a scaglioni, ognuna con le boccette d'alcool riposte nelle tasche e/o nel borsello. "Dunque..cera intera, no? Attendi un attimo, sistemiamo la cabina, ok?". Ingresso vuoto: svuotata la prima boccetta, con straordinaria tranquillità -se ne era stupita- complice forse la melodia rilassante che risuonava intorno insistente, un classico. Riviste di moda e pettegolezzo: ben intrise, toh; aveva cominciato a provarci gusto. Ma ecco che si era materializzato di fronte a lei un viso che conosceva, che tuttavia non riconosceva: i capelli nero corvino, il naso piccolo, la pelle oliva..."Hei, ma sei tu! Lavoro qui adesso, che mi racconti?" aveva articolato quella. Una delle poche estetiste, probabilmente l'unica, con cui si fosse mai trovata quasi bene a parlare, una nata nel suo stesso anno, stesso mese, non metteva a fuoco il nome, ma.."Allora che mi racconti?". Si era sentita rabbrividire: "Mah nulla di che, solita vita..ma quanto tempo!". Aveva sempre odiato i tentativi di ciancia delle estetiste, benché all'esterno tentasse di mostrare interesse a quanto dicevano, per semplice credo ideologico nella necessità del feedback. Perciò, come tutti, aveva ascoltato con bieca partecipazione quanto rivelavano a proposito delle loro vite, scocciature quotidiane, studi passati, ragazzi infami, progetti futuri. Del resto, aveva sempre odiato in misura molto maggiore che le si chiedesse qualcosa di lei: la sua vita, le sue scocciature, i suoi studi -Dio mio- i suoi ragazzi infami. Di gran lunga meglio ascoltare. Ma con quel viso, capelli corvini, c'era sempre stato una sorta di feeling inspiegabile, d'istinto. Anyway: il viso che conosceva si era alzato la maglietta all'improvviso, mostrandole un ventre pieno e rigonfio, stonante sul fisico magro. "Ma...". Le si era gelato il petto: quell'incurvamento fuori posto le era parso alieno, aberrante, un errore. "Dio mio, ha la mia stessa età, io.." aveva pensato, e recitato -ad alta voce, ahimé- un "Inquietante! Dio, non è possibile!". Solo dopo aveva realizzato che non è così che ci si rivolge a una quasi mamma, quanta rudezza, quanta assenza di tatto, imperdonabile, ignobile davvero, avrebbe dovuto pronunciare un "Che bello, complimenti!", esclamare un "Fantastico, sono contenta per te!", qualcosa del genere, di umano, caloroso -intollerabile, davvero, che figura- anche se di fatto stava probabilmente per ucciderli entrambi, madre a breve e feto x. Per buona sorte era stata richiamata al lavoro, la gestante: ingresso deserto, e via di nuovo con la distribuzione del liquido; questa volta, però, meno decisa, non più tranquilla, un senso di amaro.
Aveva visto le altre due del Manipolo pagare e uscire: l'ora era vicina. Si era velocemente dileguata anche lei, le boccette vuote, un'oppressione nera nel petto. Al resto avrebbero pensato Gustav e gli altri, in arrivo in Loco X ad istanti.

Ci ripensava in Metro -sguardo a terra, cuffia in timpano- a quella sua prima partecipazione a un Intervento: ne era passata di acqua sotto i ponti. Quella prima volta il sentore scuro nel petto non l'aveva abbandonata fino a sera: aveva passato il resto del giorno davanti al pc, pagina web delle notizie fresche, cronaca locale, a digitare aggiorna a intervalli regolari, sempre più brevi, con le dita tremanti. Quel ventre tondo, immagine fissa. Aveva avuto mal di testa, zero fame, l'ansia solita alla bocca dello stomaco: stavolta, però, giustificata. Non era rimasto ucciso nessuno quella volta, tutte le ragazze -estetiste, cassiera, clienti- anche un ragazzo -eh sì- erano riuscite a fuggire e a salvarsi. Anche Gustav e gli altri erano stati velocissimi: entrati come clienti, erano riusciti immediatamente dopo, di corsa, senza che la ragazza all'ingresso potesse fare granché. Il Manipolo del resto vedeva con favore la morte e il dolore fisico degli "operai del Bello", non esisteva pietà. Uccidere rientrava, eventualmente, nei piani. Quella degli operai era una morte spesso accidentale, non strettamente necessaria; diverso il caso delle grandi personalità, selezionate con cura da un'apposita Commissione presieduta da Mesiota in persona: modelle e modelli, soubrette, battone introdotte facilmente in politica. Si trattava di episodi rari, eccezionali, "ma di forte carica simbolica, capisci?". Gustav tentava di spiegarglielo: "eliminare singoli non è sbagliato, tutto rientra in un grande progetto di cambiamento, di rigenerazione, capisci?". Storia vecchia, vecchissima davvero. Non capiva, non condivideva; eppure anche lei aveva una "M", piccola, sì, ma tatuata sul braccio. Per lui era diverso: figlio di una tedesca scapestrata e di un italiano non scapestrato ma folle, aveva perso il padre da piccolissimo e sin da allora aveva odiato e voluto morto il mondo. Aveva partecipato a movimenti sovversivi di ogni scuola e colore, e non aveva mai smesso di uccidere animaletti per puro divertimento, come i bambini prima di incivilirsi. Sin da giovanissimo si era inserito nelle frange più marginali e periferiche: di lì proveniva la sua preparazione e abilità organizzativa. Si calava droghe di ogni specie -favoriva la chetamina- senza mai pentirsene; era parte del gioco. Una pessima frequentazione, di quelle da evitare come la peste. Avrebbe dovuto fuggire un tipo del genere, ci pensava in metro. Lei non aderiva mai a stupefacenti e similari: riteneva il cervello l'unica risorsa, non poi così ricca, del resto, sui cui poter contare, essendo costantemente in banca rotta e non essendo neppure -eccolo- attraente. Era stata sempre contraria alla violenza, i cortei in piazza a gridare a gran voce e correr dietro ai carretti musicali si erano sprecati, già a partire da età ginnasiali.
Da evitare, quel tizio, da cassare: quei due zigomi non erano nemmeno così puntuti, a ben guardare, e poi non era roba per lei. Ma a partire dal giorno seguente -seguente a quel battesimo al solarium- avevano cominciato, lei e Gustav, a girovagare insieme, just strolling around, per "diffondere il Dato". "Ti va? Allora, vieni con me?". "Ci sto, ci sto. Ci vediamo dopo".
Aveva provato a coinvolgere le Altre, le sue amiche di vecchia data, ma non era riuscita a irretirle. "Ma che è sta storia del serpente?!? Ma per favore, dai..Ma proprio tu mi cadi in queste idiozie? Stai scherzando, vero? Non avrete a che fare con quei parrucchieri in fiamme?". Che brutto mentire alle Altre.
La Metro proseguiva rapida, rapidi erano stati quei mesi. Molti centri di bellezza avevano chiuso i battenti, per paura; si sapeva di estetiste che abbandonavano sempre  più numerose gli studi; i clienti erano sempre meno, sempre più radi. Bisognava avere del fegato a farsi una lampada. Molti membri del Manipolo erano stati arrestati, ma se ne arruolavano di nuovi, di freschi, uomini, donne, imberbi  e in pensione.
(Emilio Smunti 2011)
-CONTINUA-

domenica 14 ottobre 2012

FORZA MALALA!!! .. e forza Ester Càstano!!

Forza Malala!Forza! il tuo corpo deve farcela.
 Chi crede prega per lei, i giovani amici in Pakistan accendono candele gialle per accompagnare la loro preghiera. C' è ancora speranza che possa salvarsi, ma la quattordicenne pakistana colpita dai Taliban perché ha difeso nel suo blog il diritto delle bambine a non rimanere ignoranti e poter andare a scuola, è ancora in coma. Due pallottole in uno scuolabus per azzerare la sua pretesa di studiare, giocare, cantare e andare al mercato, e soprattutto di parlarne pubblicamente. Questo nella valle dello Swat.
(per info su Malala vedi articoli vecchi e recenti su http://www.bbc.co.uk/news/world-asia-19944078 )


Da noi, non l'integralismo religioso, ma la pratica del malaffare e della collusione con la criminalità mafiosa ha cercato di chiudere la bocca a un'altra giovane coraggiosa che ha voglia di parlare e scrivere. Lo hanno fatto con querele, diffide, richieste di risarcimento danni, false accuse di molestie e minacce per almeno un anno. Elena Càstano (vedi l'articolo firmato da Attilio Bolzoni, su La Repubblica del 14/10/2012)  è la reporter di 22 anni, a cui si voleva impedire di parlare e che ha denunciato, sul settimanale Altomilanese,  le tante cose che non andavano a Sedriano(Mi) e collegate all'operato del sindaco PDL Alfredo Celeste. Docente di religione, costui è stato di recente arrestato per rapporti con un boss della 'ndrangheta nell'ambito di un'inchiesta sul voto di scambio  Di questa storia se ne è saputo soltanto ieri grazie all'articolo di Alberto Spampinato su  Ossigeno per l'informazione, l'Osservatorio sui giornalisti minacciati.
 Questo in Italia, vicino a Milano, ex Capitale morale d'Italia.  (gogo)







venerdì 12 ottobre 2012

CHI E' EMILIO SMUNTI? un' inedita intervista al Nostro.



·         Continua la pubblicazione di Manipolo di  Emilio Smunti.Mancano tre puntate alla fine e qualcuno ha già espresso qualche curiosità sull’autore del testo, ma finora non ho saputo o potuto dir molto. 
Di Emilio ignoro l’età e l’aspetto, perché la nostra conoscenza è cominciata e continua a svilupparsi esclusivamente on-line. Grazie alle chat e alla e-mail possiamo comunicare su tutto e scambiare i nostri punti di vista spesso antitetici. Ma la passione ossessiva di cui tutti e due soffriamo nei confronti della scrittura accomuna la gestione del nostro tempo, pur non condividendo forse gli stessi spazi.
 Emilio è stato uno dei primi e più fedeli follower di questo blog. Quella che segue è stata la nostra più recente conversazione/ intervista. Rigorosamente on-line.

·       GOGO:- Buongiorno, Emilio. Vorrei chiederti qualcosa su te stesso e "Manipolo".Posso?
·        EM:- Ok! Stasera posso rimanere collegato senza problemi di tempo.
      GOGO:- Intanto perché tanto mistero? Chi sei? Perché non mi hai mai permesso di chattare con te con la webcam in funzione?
EM: -Bè, ciò che posso dire è che non si tratta di un mistero orchestrato, magari elaborato, per qualche fine, a tavolino: no; semplicemente, odio la mia faccia. Non la sopporto, odio doverla trascinare con me nel mondo empirico e non ho alcuna voglia di lasciarla entrare a far parte anche del mondo parallelo dell’on the net; preferisco esprimermi con altri mezzi.
·       GOGO: -  Puoi darci qualche info di massima su di te e i tuoi interessi? Per esempio, se vivi nella nostra città?
EM: -Vivo nella Cittadona, chiaro, e ci sono anche nato. Di Roma amo l’aspetto retrogrado e paludoso, piacevolmente stagnante nel passato. Mi piace frequentarne gli angoli più oscuri e torbidi, le piccole Babilonie urbane disseminate spesso non troppo fuori le mura. Prediligo fabbriche dismesse e terreni fangosi, anche se per certe cose –lo ammetto- non ho più l’età. Della città apprezzo anche il giro nutrito delle biblioteche gratuite: ce ne sono ovunque, a ben guardare, e puoi tornartene a casa con quattro volumi alla volta, così da poter alimentare con metodo, a ritmo sostenuto, il mio amato registro –ormai biblico- dei libri letti. Nelle biblioteche però non sosto mai, non mi conosce nessuno.
GOGO:- Manipolo è stato il tuo primo lavoro in prosa?
-         EM:- Tutt’altro: è il penultimo.
        GOGO:- Quali sono state le motivazioni contingenti alla base del tuo racconto?
      EM: -Motivazioni razionali poche. Rabbia spasmodica per certi fenomeni del mondo contemporaneo, piuttosto. Sai, di quei sentori a pelle, d’indignatio cutanea.
     GOGO:- Manipolo sembra avere il sapore e il ritmo di una storia apocalittica, con atmosfere cupe da fine del mondo alla “Blade Runner” , ambientata in claustrofobici spazi metropolitani, spesso marginali, e popolata da figure e figuri disumanizzati o post-umani... In che modo gli obiettivi del manipolo del racconto si avvicinano ai recenti attentati talebani ai negozi di parrucchieri in alcune aree del mondo di stretta osservanza islamica?
-         EM:- Ringrazio per la sintesi descrittiva: è proprio il genere di atmosfera che intendevo mettere in campo. Ad ogni modo…sì, ho saputo di tali particolari manifestazioni di resistenza anti-occidentale (verificatisi dopo la stesura del mio racconto) e ne sono rimasto –strano ammetterlo- piacevolmente colpito. Ma al di là della pura estrinsecazione gestuale –questa sì, coincidente- si tratta di fenomeni radicalmente diversi. Per gli integralisti musulmani si tratta di atti simbolici, da collocarsi in un più ampio attacco trasversale –politico!- ad un mondo esterno che sta inghiottendo e inglobando ormai da decenni il loro, di mondo. Nella realtà da collasso d’Impero dei protagonisti di “Manipolo” la politica non esiste, ogni ideologia è sepolta da ere e non vive che rabbia sanguigna nei confronti di un mondo –il proprio, stavolta- che ha deluso, e sopravvive soltanto ingannando. Gli atti violenti, poi, sono tutt’altro che simbolici: è anzi in quegli atti che può riemergere quella sostanza –quel senso- di cui la realtà contemporanea difetta.
      GOGO: - So attraverso i nostri precedenti scambi che presti una grande attenzione alle scelte linguistiche. Alcune parole in Manipolo, infatti,  sembrano particolarmente ‘sensuali’, voglio dire appetibili dai sensi, cioè hanno una bella forma, sembrano aver un odore e una consistenza particolare; sembra quasi che tu ce le voglia far gustare. Tutto questo, però, non rallenta la lettura del testo. Il lettore è voracemente preso dal ritmo della narrazione, come se quella scelta di parole provocasse in lui un’ansia bulimica. Cosa ne pensi?
EM: -Vero, la lingua è forse il mio principale dominio d’impegno. Le parole le seleziono con cura, e il principio di selezione –ci sei vicina- è quello del piacere: piacere fonetico (pratico l’allitterazione,  benché l’espressivismo sia ampiamente passato di moda). Il mio di piacere, però. Ai lettori non penso mai.
GOGO:-  Parlaci, per favore, del linguaggio usato dalla voce narrante. E’ una prima persona generazionale?
EM: -Devo ammettere che il quesito non mi è chiaro. Se si tratta di definire se il linguaggio della protagonista sia mimeticamente modellato su quello dell’attuale generazione definibile ‘giovane’, la risposta è in parte sì. Se si tratta di definire se tale linguaggio è modellato su un’attuale generazione ‘giovane’ identificabile con la mia generazione –e questa è un abile mossa per carpirmi di bocca la mia fascia d’età- la risposta è  sì (ma considerate che la iuventus è lunga). L’abuso di incisi –notabile anche qui- è solo mio, però.
GOGO: - Come sono nati i personaggi di Mana e Gustav? In queste prime puntate, compaiono personaggi giovani, ma di età imprecisata, e vecchi, più o meno saggi, di 60 anni. E’ questa un’età barriera per te?
-          EM:- I personaggi di Mana e Gustav sono inventati di sana pianta, ma simili a decine di giovani, giovinotti e meno-giovani che ho e ho avuto modo di incrociare di sguincio negli angoli cupi del Cittadone. Hanno un’età imprecisata, è vero, perché in questi ambienti liminali la gioventù ha una durata incredibile, a volte eterna (vale anche per la domanda precedente). La saggia Mesiota ha 60 anni, è vero…è semplicemente il tetto massimo per l’età genitoriale dei Mana-Gustav; dopo c’è l’ignoto.
      GOGO:- Per quali lettori hai scritto?
EM: -Ripeto: ai lettori non penso mai.
GOGO:- Ci darai il permesso di pubblicare le ultime tre puntate del tuo Manipolo?
-       EM:- Certamente! E ti ringrazio ancora. (E spero di avere molti nuovi adepti nel Manipolo; che è roba inventata se ci limitiamo al passato, ma del tutto reale se ci spingiamo al futuro: esisterà).
     GOGO:- Mi fai un po' paura...Comunque, grazie Emilio! grazie del tuo tempo e delle tue parole!

Queste le mie domande. Avete qualche altra curiosità o quesito da porre al Nostro? Magari delle richieste di chiarimenti sul racconto?
      Scrivetele in area commenti o indirizzatele a Gogo all’indirizzo di posta elettronica isabnic@gmail.com  , sarò felice di mettervi in contatto con Emilio o di comunicarvi le sue risposte.
      (isabnic 2012)



martedì 9 ottobre 2012

SALVIAMO LA MIGLIORE BANCA DEL MONDO!!


Salviamo la migliore banca del mondo

Al Primo Ministro del Bangladesh Sheikh Hasina:

Negli ultimi tre decenni, la Grameen Bank ha permesso a milioni di donne e famiglie nel Bangladesh di rompere le catene della povertà e ispirare la rivoluzione mondiale della microfinanza. Lei ha il potere di mantenere vivo tale potere. In quanto cittadini globali, le chiediamo di fermare l'esproprio della Grameen Bank da parte del governo, iniziando dall'annullare l'emendamento relativo alla Grameen Bank che consente al governo di aggirare il consiglio eletto dalle persone e scegliere direttamente chi guida la banca.
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Pubblicato il: 5 Ottobre 2012
Una donna potente sta mettendo a rischio il futuro di milioni di altre. Ma se ci attiveremo subito potremo liberare la banca governata dal basso oggi esempio per il mondo intero.

La Grameen Bank ha dato la possibilità a milioni di donne di uscire dalla povertà, garantendo loro piccoli prestiti per comprare animali o attrezzature per cominciare a guadagnare denaro. Ma l'invidioso Primo Ministro del Bangladesh, Sheikh Hasina, ha licenziato il suo fondatore e Premio Nobel Muhammad Yunus e ora vuole prendere il controllo della banca, così da silenziare il rivale politico. Questa espropriazione potrebbe segnare la fine della banca e distruggere la speranza di milioni di persone.

Hasina è stata coinvolta in una serie di scandali nel suo paese: se alla sua lista di preoccupazioni aggiungeremo anche un'enorme mobilitazione globale, la potremo convincere a tornare sui suoi passi. Non appena 1 milione di noi si unirà alla protesta, Avaaz lancerà una tempesta mediatica in Bangladesh e in tutto il mondo, costringendola a finire questo attacco vendicativo. Firma ora la petitione urgente. 

http://www.avaaz.org/it/save_the_world_best_bank_j/?cIbePbb



domenica 7 ottobre 2012

MANIPOLO (5) di Emilio Smunti


Si era ritrovata -mezz'ora dopo, senza neppure potersi lavare i capelli, Dio mio- in una sala prove per gruppi musicali: insonorizzata. Il solito ingresso contratto a muso basso, lo stomaco in subbuglio, i due occhi dilatati: il Dio Disagio le aveva da sempre reso duro, ma anche ovattato, irreale, al cloro, ogni varcare soglia di luogo pubblico poco noto. Così alle poste, nelle aule d'ateneo, nei vagoni della Metro, nei negozi di vestiario; ma Gustav le si era avvicinato subito, strappandola al suo Nume. "Bene, sei venuta! Non abbiamo ancora iniziato, ma vedrai..siediti". Alcune sedie di fortuna erano state sistemate a semicerchio, non più di dieci. "Le cellule d'azione sono piccole, pochi membri: compatte e veloci. Rapidità di gesto e coesione, capisci?" : glielo aveva detto Gustav la sera prima, a sprazzi le tornava in mente quel dialogo lontano-sembrava lontano. Aveva preso posto come gli zigomi puntuti le avevano indicato.
A vederlo dall'esterno le era parso uno di quei patetici circoli di recupero in stile yankee: gente variegata che ama riunirsi in circolo, appunto, di ogni età e colore, purché dotata di problemi con l'alcool o di una malattia insanabile. Le sedie erano disposte a cerchio, in effetti, e la composizione era estremamente variegata. Aveva notato due donne sui forse 60, una ragazza giovane e alta, due minorenni d'età ginnasiale, un signore distinto con giacca elegante. Aveva cominciato, come sempre, a sentirsi estranea, straniera, fuori posto; ad agitarsi sulla sedia.
Non era Gustav il Coordinatore del Manipolo, come aveva supposto. Lui era incaricato di "diffondere il Dato" -ah già, vero- e in quel momento discuteva in un angolo con il -lui/lei sì- Coordinatore del Manipolo. Una trans di età indefinita: forse l'ultima categoria di persona -ma poi perché, Dio mio?- che si sarebbe aspettata di trovare lì dentro.
Aveva iniziato ad ascoltare con il solito scetticismo di rito, con il solito vecchio restar sull'attenti. Riusciva a carpire tensione produttiva nell'aria, entusiasmo: e lei non sopportava alcun tipo di entusiasmi, non ne ammetteva. "Come si fa a essere ancora entusiasti dopo la caduta del muro?". Stavano mettendo a punto gli ultimi dettagli organizzativi per un Intervento, previsto per il giorno seguente: un enorme solarium di lusso sarebbe andato alle fiamme, in pieno giorno, alle 10.30. "Di certo non è giusto. Non si può. Il proprietario si troverà sul lastrico e..non è sua la colpa se..". Aveva realizzato che non le interessava granché dei conti del proprietario. "Si tratta di un'azione violenta, non giustificata". I cortei pacifisti del curriculum le si rivoltavano nello stomaco. Si trattava di introdursi come clienti, cospargere l'alcool, avvertire il resto della cellula: il più velocemente possibile, l'alcool etilico evapora in fretta. Due membri in attesa nei paraggi avrebbero fatto irruzione e completato il lavoro, fiammiferi alle mani. Roba da criminali, da folli invasati; per ottenere cosa poi? Nulla, se non un probabile arresto. Non solo si trattava di azioni pericolose e illegali, non solo di gesti immorali e intollerabili, ma anche di sforzi integralmente inutili. La cultura sarebbe cambiata facendosi Neroni, incalliti incendiari? No. Poteva restarci secco qualcuno, giovani lavoratrici al primo impiego dopo anni di scuola da estetiste, con tanto di chimica farmaceutica e biologia nel sillabo didattico. Giovani o non giovani innocenti potevano lasciarci le penne, senza troppe cerimonie. Lei non avrebbe mai fatto nulla del genere, mai.
Ed ecco che a fine seduta si era tatuata anche lei la piccola, invisibile, "M" sul braccio. Sulla parte interna, meno ostentata, del braccio. Piccolissima, ma di riconoscimento tra membri. Era diventata parte del Manipolo, quella sera; e sentiva il serpente avvinghiarla, sulla pelle.

(Emilio Smunti2011)
-CONTINUA-

giovedì 4 ottobre 2012

MANIPOLO (4) di Emilio Smunti


Era stato Gustav -claro- a farla entrare nel Manipolo.
Gliene aveva parlato quella prima sera, per questo l'aveva presa da parte. Fermava ragazze, ragazzi -specialmente ragazze- così, senza metodo. Era uno dei suoi compiti: "diffondere il Dato", così diceva. Aveva scelto lei "perché avevi qualcosa di eloquente nel tuo muoverti". Probabilmente -lei lo sapeva- aveva agito a caso, senza pensarci, a mente vacua. Non l'aveva scelta, ci si era trovato davanti. Gustav era così: faceva di tutto sconsideratamente, senza troppe cerimonie, per poi applicarvi a posteriori motivazioni a suo parere solide, incatenamenti causa-effetto da non poter dirgli di no. Perciò lei, ancor prima di conoscerlo, ci aveva beccato a dargliela vinta, a far finta di dar credito: "Uh qualcosa di eloquente? Interessante! Dimmi..". Naturalmente, per via di quegli zigomi puntuti.
Il Manipolo esisteva da tempo, ed era stata una donna a fondarlo, "una gran donna, un mito", Mesiota. Nessuno sapeva se fosse stata in passato una Bellona o meno: fatto sta che era bellissima. "Per la sua età, chiaro: ormai è sui 60". Era ancora lei a gestire il tutto, in gran parte, ma ormai il Manipolo era ben organizzato e sviluppato, articolato in cellule autonome dislocate in tutto il paese. "Un movimento serio, il mondo sta cambiando davvero stavolta". Lui, Gustav, c'era dentro soprattutto per ansia distruttiva, per ribellismo idiosincratico, ma questo, lei, l'avrebbe scoperto dopo. "Dovresti unirti, sai, il futuro è dalla nostra". Si calava di tutto con nonchalance, il vecchio Gustav, e parlava di futuro. "Esiste un altro mondo possibile, risorse impiegate altrove". Era da tempo, in effetti, che saloni di bellezza, parrucchieri e centri estetici finivano misteriosamente in fiamme.
Le aveva lasciato il Credo del Manipolo, un cartoncino rigido e nero di quelli da rollo. Se l'era ritrovato nello zaino il pomeriggio seguente, appena dopo colazione. Si erano anche scambiati il numero. Aveva bevuto troppo, i muscoli a pezzi per l'umido notturno e il ballare spasmodico; ma lo ricordava bene quel mezzo teutonico.


La bellezza non è potere. "Ma: sì che è potere, lo è, io lo so, l'ho visto, lo è da sempre. Con certe facce si ha vita facile: esser nati belli, ed oggi ero contenta, non un nugolo contratto di voleri ma non posso. Fossi bella, avrei potere: camminare in strada senza smorfie imbarazzate, senza invidia come nulla alla donna ch'è di fianco, lei che sfreccia come brezza di velluto e tacco alto, lei che sfuma di profumo, che s'irradia vaporosa, lei che può, lei che -ch'ogne lingua divien tremando muta: la storia è vecchia. D'acido nero i complimenti verbosi provenienti a volte dagli amici dei genitori -"che bella figliola": da torcer la bocca per il malore. Perché articolarli, quando il potere oggi è bellezza, e il naso serpeggia imponente e gobbuto, il cerchio degli occhi s'impone eccessivo, il blu della pelle inanella le occhiaie; le spalle ricurve ghignanti pesanti, il ventre rigonfio farcito di vento. Se sei donna e non bella, il mondo ti espelle. E invece: lo sguardo insistente, spalancato, irriverente; la bocca socchiusa e rosata, gonfiata ad arte con sforzo muscolare; le mani bianche da smalto malizioso che premono con foga i seni seminudi. Questo è potere. E se qualcuno -nel senso proprio del pronome indefinito: qualcuno, non importa chi- articola "brava", sottoscrive "bella", allora, solo allora, il tuo potere è riconosciuto, lecito, reale. Ora esisti, ora puoi tutto".
Non deve esserlo. "Ah ecco, è un dover-essere, un imperativo categorico, un astratto, un'idea...".
Non lo sarà più. Troppe energie e troppe risorse, tanto economiche quanto spirituali, risultano impiegate sul fronte dell'aspetto fisico, contribuendo ad accrescerne l'importanza: il business si espande, la cultura asseconda; la cultura macina domanda, il business risponde di rimando. La vecchia storia del serpente del mondo, che ingoia eterno la  sua stessa coda: il serpente deve, e può essere ucciso. Il baricentro culturale deve essere, può essere spostato. "Un tono visionario improponibile, dai...". Però le brillavano gli occhi.
É il serpente che rende la bellezza indispensabile, necessaria, e acquistabile. Raggiungibile, addomesticabile. Ma l'agevole compravendita del bello è un inganno del serpente. "Mmmm. Difficile da prendere sul serio. Come si fa a essere così seri? Tuttavia..".
È il serpente che rende la bellezza fisica valore supremo, ipoteca di vantaggi e guadagni, di vite facili più lisce di olio. "Vite facili: lo pensava sempre anche lei. Il vecchio potere dell'odioso sguardo ammiccante..".
Il serpente striscia e s'insinua entro spazi impensabili. Penetra ovunque, e rode dall'interno. Ed ecco, era questo che l'aveva sempre stordita: anche lei -lei che aveva tutt'altro tipo di interessi, passioni, progetti, lei che studiava lingue inutili e morte di secoli e sognava di inventarne di nuove, lei che amava il bivacco e i campeggi nella fanga- ecco, anche lei -inaudito- c'era dentro fino al collo. Anche lei era finita a provare rabbia di fronte al ruvido delle gambe e a desiderare addomi piatti scolpiti di muscolo; a sentirsi male ad ogni bieca visione di specchi improvvisi; a provare dolore per la propria statura mediocre; a piangere amaro per le rughe d'espressione palesatesi un giorno allo specchio; a camminare a testa bassa, sempre, in strada; a frignare sola negli autobus ai passaggi di Bellona. Persino lei che odiava di stomaco contratto quell'impero contemporaneo di Bellone da tv, persino lei doveva riconoscersene vittima. Inghiottita dal serpente. Vittima autocommiserante e piagnona: della peggior specie. Del resto era pieno di ragazzi e ragazze che pur studiando in prestigiosi atenei -futuri avvocati, oibò, magistrati, economisti, uh la la- detenevano altrettanto prestigiosi book fotografici ritraenti i suddetti futuri avvocati/magistrati/economisti in pose equivoche e abito succinto. Conosceva diverse studentesse  che, dal canto loro, praticavano nudo integrale su siti soft porno di Bellone alternative, sentendosi dive e non più mere matricole. La sua d'altronde era invidia: lei non avrebbe potuto tirare sù soldi vendendosi mutande usate online, siamo seri...Solo invidia. Tutta -pura, vera, sana, vecchia, immonda, imperitura- invidia. Mieteva ore utili -lei! Sì, lei!- a guardarsi foto di Bellone on the net, sbavando in concreto e arrossandosi gli occhi: sentendosi meno, impotente, nessuno. Tutta invidia, claro, è invidiosa: non le badate, lei rosica, è bassa. Non che fosse una bigotta: non aveva mai esitato a concedersi a perfetti sconosciuti, purché le piacessero, anche nella fanga, e amava  i reggicalze e le calze ricamate. Ma intanto pensava ai programmi televisivi, al diktat dei capelli lucenti, ai soldi buttati, ai culi in primo piano: e si sentiva avvinghiare.
Non aveva neppure finito di leggere il Credo: subito aveva inviato un messaggio a Gustav, dicendosi pronta a partecipare. La risposta era stata scarna e fulminea: nient'altro che le coordinate dell'appuntamento, previsto per mezz'ora dopo; l'appuntamento per l'intera cellula 31, quella di Gustav, chiaro.

(Emilio Smunti 2011)
-CONTINUA-

lunedì 1 ottobre 2012

MANIPOLO (3) di Emilio Smunti


In parte, c'è da dirlo, l'aveva sempre voluto fare: un'attrazione morbosa proveniente da chissà dove, per quel mondo, quella gente, la Bellezza che è potere, le Bellone. In parte, in parte. Solo in parte, davvero, e soltanto in potenza. Mai passare all'atto, rigà, questo giammai. Solo desiderio, davvero, mero poter essere, astrazione, e solo a stille. Perdonabile, sù! Chi non...?
Ed era arrivata appena. Citofonare, articolare il proprio nome -nomignolo- e il portone alle spalle. Ci sarebbero cascati...vero? Le facce le aveva preparate, il goccio di alcool l'aveva ingollato, la scollatura era profonda, il trucco..bè, ci si era impegnata, per quanto possibile. Non era da lei -odiava esibirsi- ma forse la cosa sarebbe andata. Tutto bene, tutto liscio: l'aveva detto Gustav. E anche il Coordinatore -oh!- l'aveva sottoscritto.
Era pronta, era lì.."per lo shooting", bofonchiò. La voce tremolante, damn it, questa non ci voleva. "Vieni cara, perfetto orario" -voce tremante, Dio mio- "Come sei carina, sì" -forse ci cascano. Ed eccola, lei, a far da modella a quel Ferrante D'Aminta da rimorchio on the net. Il D'Aminta era un fotografo di professione, diceva, come diceva di averne 22, ma aveva una faccia sui 35-40. In effetti a delle mostre partecipava, e doveva pur guadagnare per avere a disposizione quello studio sterminato, attrezzato, patinato. Dio che bello, il Luogo x.
"Allora ti facciamo truccare da Elina, eh? Mettiti comoda..vedete voi per i colori..magari un po' di viola, visto il corpetto che indossi..molto bello eh, complimenti..com'è che ti chiamavi?" , "Io, Mana", "Giusto, Mana, è la prima volta che scatti, dicevi, no?", "Sì..", non ci cascano, "Lei è Elina, le piacciono le donne, ma non ti preoccupare che non ti mangia", non ci cascano, "Non va bene il trucco che già ho?" , "Di solito siete tutte contente di farvi truccare, approfitta, è gratis oh!", non ci cascano. Aveva sempre odiato farsi truccare: lo aveva scoperto nelle profumerie, quando nel tentativo di comprare un prodotto era più volte finita nelle grinfie delle -sì, è il loro lavoro, ok- gentilcommesse, che l'avevano coperta di ciprie e quant'altro facendola rabbrividire. Quell'attenzione ravvicinata al suo viso non la sopportava, e poi le belle donne la mettevano in subbuglio. Probabilmente le erano sempre piaciute anche le donne: non era mai passata all'azione per semplice bigottismo caratteriale.
Ed eccola nelle mani di Elina. Che bella Elina, avrebbe dovuto posare lei. "Che palpebre enormi, saresti la gioia di ogni truccatore!", "Veramente le ho sempre odiate, mi danno un'aria da ebete", "Macché, un'aria sognante, e poi è perfetto per stendere il colore...un po' di viola, diceva Fer, mi rubi il lavoro, Fer?!?", "Ahah ma dai, piuttosto, non ci provare con la nostra Mana che sennò me la agiti per il servizio, eh", "Ma fottiti, Fer". Che bella Elina, aveva i capelli scuro castagna e gli occhi azzurro intenso. Lei restava in silenzio. "Devi stare feeerma". Che odio. Gustav, in parte, gliel'avrebbe pagata. Chissà dov'era in quel momento, con chi. Meglio non pensarci, dannato bilingue. "Sei troppo in tensione, rilassati, oh, Mana, tranquilla!". Che odio, non ci sarebbero cascati. "Ehm..sì, sì, scusa, è che è solo un primo tentativo il mio, e..", "Ma dai che andrà bene, Mana, quel corpetto ti sta una favola" rassicurava il D'Aminta. "L'hai portato poi un bel completino intimo e un costume, no? Come s'era detto..", "Chiaro chiaro, ho tutto in borsa", "E non me la distrarre, Fer!". Lui, "Fer", passava la vita a raccattare Bellone e non tra pagine web, di modo che era circondato da un esercito adorante di donnine, pronte a tutto per qualche foto. E lei era una di loro, in quel momento: ridicolo, a pensarci. Lei conosceva il gotico antico, sapeva leggere in devanagari, amava il provenzale. Che ci faceva lì? "Un po' di lucidalabbra..".
Il D'Aminta aveva sistemato le luci, nel frattempo. E via con l'ammicco. Prima faccia da sfoderare: eccola (sopracciglia alzate, occhi fissi, bocca in clausura: un classico). "Non ci siamo, Mana, più sciolta, lasciati andare, non guardare in camera per ora, lascia fare". Non ci cascano. Clic. Seconda faccia -questa li stende, toh- a sorriso incerto e zigomo rigonfio, alé. Clic clic. "Mana, dai! Sembri un pezzo di legno, vai tranquilla, riproviamo, accavalla le gambe..". Dio, non ci cascano. E che banalità "pezzo di legno", da rimprovero di maestra alle recite della scuola. Tut tut, rinnovati, "Fer", ariegga le tue polirematiche stantie. Clic. "Ora mano sulla bocca..no, non così, che fai!" Che odio. Oramai il viso le si doveva essere contratto, cristallizzato in quella smorfia topica del rimanerci male. "Riproviamo, sù". Clic. "Più intenso lo sguardo, Mana, sforzati, hai gli occhi fissi". Che odio, avrebbe voluto torcergli il collo. Ma Gustav dov'era? "Ora infila la mano nella gonna..prima sbottona un po', eh". Clic. "Ma non così, una mossa, Mana!" Odio alle stelle. Faccia numero..
"Sono un po' stanca, beviamo un po', ho dietro da bere per tutti..così magari mi calmo anche, eh". "Attenzione! Grande, buona idea". Lei, "Fer"..e anche Elina -sigh- che bevono. I loro bicchieri -in cristallo, che belli, "in questo studio non manca nulla"- li aveva riempiti lei stessa. Per lei la sua fida fiaschetta, vecchio regalo delle Altre, risalente al genetliaco dei 21: prima di Gustav, prima di tutto. E ancora una volta utile, cara vecchia fiaschetta in stoffa scozzese. Elina gliel'aveva ammirata, l'aveva anche rassicurata: "Non devi essere così timida, Fer è un po' brusco, ma è il suo lavoro, tu hai un così bel fisico, belle palpebre..". Povera Elina; aveva studiato per diventare truccatrice, voleva lavorare in teatro: chissà perché ne rendeva "Mana" partecipe. Avevano trovato buono l'alcool procurato dalla piccola "Mana", "buono davvero". E via con la seconda mandata. "Fer" le diceva che era troppo rigida e non ne aveva motivo, con quel didietro perfetto, no davvero. "Me ne intendo, ti parlo sinceramente". Lei annuiva con ansia in corpo nascosta ad arte; provava a nasconderla. Povero "Fer", a dirla tutta povero anche lui: il suo diploma lo aveva, e probabilmente erano veramente 22 gli anni in saccoccia, soltanto portati male. Lei aveva la testa in subbuglio, il cuore all'impazzata, la gola secca, Dio mio, ormai c'era dentro.
 Ed eccoli che si assopivano, quei due manovali del Bello al potere. Poi ronzio da sonno profondo -il sonnifero ingranava- il cuore in gola di lei, di "Mana", il momento. Aveva cosparso alcool ovunque, con cura, ebrezza ubiqua. La tentazione di dare una sbirciata alle foto, alle foto di "Mana": quella era stata forte. Ma si era trattenuta, doveva sbrigarsi. Il tempo di gettare un fiammifero, la porta dello studio alle spalle, e poi via verso la Metro a sotterrarsi, via alla volta del sottomondo del riparo di neon. Gustav sarebbe stato fiero di lei.

(Emilio Smunti 2011)
-CONTINUA-