mercoledì 30 gennaio 2019

SOGNI AUSTRALIANI da "326 poesie dal mondo...." di MG Bruni- I Nicchiarelli, 2016


SOGNI AUSTRALIANI (1) 



      Sotto un cielo livido di pioggia, nudi alberi giallastri e senza vita sono scossi da un vento continuo e implacabile mentre silenziose saette si rincorrono a squarciare l’orizzonte. Gordon abbarbicato ad un tronco rugoso vorrebbe allontanarsi, ma le sue gambe si rifiutano. Il corpo di Zoé, poco più in là, giace abbandonato vicino ad un  fosso di una stretta strada di campagna … I capelli bagnati , divisi in ciocche, coprono il suo volto fino alla bocca rossa di rossetto e socchiusa. Il vestito sporco di fango e sollevato su un fianco lascia intravedere la carne dorata della coscia al di sopra del bordo di pizzo delle autoreggenti  nere. Gordon ha paura, sa  di aver fatto qualcosa di irreparabile. La gola è secca e sente di non riuscire più a respirare.
         Comincia a mugolare nel sonno e a fatica riesce a svegliarsi con il cuore che gli batte come un martello. -Pfiuiiiii  …. È giorno! Meno male … Oddio, mi sento a pezzi … Devo aver lasciato l’aria condizionata accesa.
Si sente malaticcio e, dopo colazione, cerca di ritrovare delle antiche pasticche alla vitamina C che potranno aiutarlo contro il mal di gola. Poi si prepara, un po’ controvoglia, ad andare agli incontri sulla poesia dei paesi dell’ex- Commonwealth.
          Quando arriva in sala, Gordon si ritrova solo alla giornata di studi “Imagining Australia”. È partito anche Bellini. L’ossuta studiosa seduta al suo fianco gli fa decisamente rimpiangere quella dolce morbidezza, vicino a lui qualche pomeriggio prima e ormai aldilà della Manica.
          Non passa molto che qualcuno sul palco comincia a presentare gli interventi che seguiranno durante la mattinata e, allo stesso tempo, tratteggia brevemente lo sviluppo della poesia australiana nel secolo scorso, a cominciare dal dibattito sul Modernismo ad opera dei  Jindiworobacks e degli Angry Penguins[1]. Gli uni, così sta dicendo nel suo discorso inaugurale il Direttore di un Centro di Ricerca sugli Studi di Letteratura dell’Oceania, avevano visto la possibilità “ to make it new[2]”, di dar, cioè, nuova linfa alla produzione poetica di quegli anni, nell’espressione della propria identità australiana, mentre gli altri nell’uso di tecniche surrealiste[3]. L’influenza dei due movimenti fu così profonda, comunque, da portare allora ad un generale rinnovamento della poesia aussie[4]e  la loro combinazione rimane ancora una delle caratteristiche più rilevanti della poesia australiana di oggi, che spazia tra metriche tradizionali, verso libero e racconto in versi, tra riconoscimento del valore delle origini, fino alla seduzione  di ambienti cosmopoliti.
          La generica introduzione alla poesia moderna e contemporanea australiana offerta dal noto ricercatore non riesce per nulla a ricaricare l’interesse di Gordon, ma le poesie che scorrono sullo schermo lì, in fondo alla sala, dopo un po’ cominciano a soggiogarlo e a fargli dimenticare lontananze, desideri insoddisfatti e malesseri. Ogni tanto qualche parola dei relatori si fa strada nella sua testa confusa dagli umori del raffreddore e da un sonno agitato.
          -…. E fu grazie alla pubblicazione dell’ottima antologia di poesia moderna di Porter[5] e alla sua recensione sul Times Literary Supplement, nello stesso anno, che la poesia aussie cominciò a diventare popolare in Europa e nel mondo alla fine del secolo scorso,  e l’Australia rivelò di essere un paese fatto non soltanto di sole, di  bush e  di sport[6]….
           I versi di Judith Wright[7],  voce profonda e originale degli anni quaranta, attivista sociale e sensibile a tematiche femministe, scorrono, intanto, sullo schermo, dopo la sua foto. La poesia, dove la Wright riflette sul difficile rapporto della donna con il proprio corpo, sul senso di estraneità avvertito durante le fasi di cambiamento e sulla conferma dell’avvenuta trasformazione del corpo adolescenziale in quello di giovane donna nello sguardo di apprezzamento del maschio, si intitola:

Ragazza nuda e specchio[8] 

Questa non sono io. Un volta ero senza corpo ---
avevo solo quello che serviva per ridere e correre,
o guardare a lungo le stelle o abbozzare una danza
sulla schiuma delle onde e la sabbia e il sole.
Occhi amavano, mani mi cercavano, ma ero in fuga
sulle mie correnti, argento vivo, piumetta
Posso alla fine rimanere intrappolata in quella morbida faccia?
 
Ho paura di guardarvi, occhi umidi e scuri.
mi fissate con quell'appello smodato? ---
"Cerca sotto queste ciglia ricurve, ammetti
che ci sei sempre stata; conoscimi --- sii me."
Lisce spalle che furono di ermafrodito, troppo  tenero
corre il vostro lungo pendio, sopra le timide curve
inattese, impellicciate di luce, che spuntano di sotto.          
 
No, sono stata tradita. Se avessi saputo 
che questa ragazza stava in attesa tra l'uno e l'altro anno  
per il mio ballo non avrei scelto il suo ramo.   
Tradita da quel poco di oscurità qui, e qui
da questa morbidezza piena, da quello sguardo impaurito
di occhi cui non darò risposta; esclusa qui 
dal mio stesso io, dalla grazia del suo nuovo corpo--
 
perché è bella, colei che mi ha tradita. Sì,
vedo come sei bella, odiosa ragazza nuda.
Le tue labbra nello specchio tremano se rifiuto
di conoscerti, di reclamarti. Lasciami  - lascia che me ne vada. 
Sei per metà un'altra che forse mai verrà.
Perché dovrei avere cura di te?
Non sei mia;
tu cerchi l'altro - la tua casa sarà lui.           
 
Eppure ho pena dei tuoi occhi nello specchio, velati di lacrime;
mi inchino al nostro bacio, ti devo servire;
ubbidirò.
Un giorno forse ci ameremo. Forse mi mancherai, un giorno,
anche se sempre mi dorrò dei tuoi anni fertili e muti.
Chi ti amerà lo imparerà a sue spese, e pure amaramente,
Se per arroganza crederà che io faccia parte di te.  

[...] 

[1] Movimenti poetici che si svilupparono ad Adelaide negli anni Trenta. Il nome Jindiworoback deriva da un vocabolo indigeno che suggerisce una visione del mondo basata sulla mistica unione di bianchi e aborigeni in nome della sacralità della terra da entrambi condivisa. Ispiratore di tale movimento fu Rex Ingamells (1913-1955).
[2] Cfr. il poeta statunitense Ezra Pound.
[3] I due filoni connotano l’atmosfera culturale di Melbourne e Sidney.
[4] Australiana.
[5] The Oxford book of Modern Australian Verse, a cura di Peter Porter, Melbourne, OUP 1997.
[6] Cfr. Introduzione ai poeti australiani a cura di Dennis Haskell, da Il mondo nuovissimo (poesie australiane e neozelandesi tradotte da poeti italiani) su Semicerchio, rivista di poesia comparata, vol. XXII (traduzione di A. Francini e A. Maiolino).
[7]Judith Wright nasce  vicino ad Armidale, New South Wales nel 1 915  e muore a Canberra, New Wales, Australia, nel 2000.
[8] Judith Wright, “Ragazza nuda e specchio”, in Corporea. Il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese, a cura di L. Magazzeni, F.Mormile,  B.Porster e A.M. Robustelli, Le Voci della Luna Poesia, Sasso Marconi, 2009; trad. di Brenda Porster. Per gentile concessione delle curatrici.


martedì 8 gennaio 2019

"Una piccola storia latino-americana" , cap.8 (3) da '365 poesie dal mondo per una storia d'amore" di Bruni-Nicchiarelli, 2014

3.
...., forse per il viaggio, forse per il festival, forse per la cena e la birra, e per tutte quelle parole, immagini e odori, anche stasera Zoé fa presto ad addormentarsi. Domani ancora festival e l’atteso incontro con Mario Rivero[1].
        Ecco gli appunti che Zoé scriverà subito dopo l’incontro, ancora sotto l’effetto della  appassionata voce di Rivero e dei suoi versi:

       ‘ Un’intervista con il colombiano Mario RIVERO (1935)

Gentile, ironico e così profondamente umano, mi mette subito a mio agio. Quando accenno alla Colombia come patria del realismo magico, mi dice subito che lì non c’è bisogno di cambiare la realtà per renderla magica, basta descriverla come è, per quanto è pazzesca e crudele, aldilà della nostra immaginazione. La violenza è un elemento naturale in questa terra e parlarne con leggerezza trasforma l’orrore in sogno. Ecco il segreto del realismo magico di Borges e altri romanzieri latino-americani.
         Parliamo degli inizi della sua carriera e di quando poi  divenne famoso per le sue poesie che parlavano dei piccoli eventi quotidiani degli abitanti dei sobborghi delle moderne megalopoli; fu infatti con i Poemas Urbanos del 1963 che rivoluzionò tutta la poesia colombiana,  invitandola a spogliarsi dei suoi  vestiti per diventare l’amante di un uomo a cui non importava se era brutta  e povera. Brutta e povera nel suo cantare di atmosfere urbane e proletarie, con una lingua del quotidiano e con un tono colloquiale; poesia anti declamatoria, con versi duri, senza ricerca di ritmo perché “l’importante è essere diretti”. Poesia in cui si rievoca il mondo del lavoro in fabbrica, la noia del fine settimana, gli incontri di sesso con ragazze facili dal pesante trucco e che sanno di liquori da poco, e che sognano l’amore e la fuga verso luoghi migliori. Ho ascoltato nel pomeriggio al festival:

La luna e Nuova York[2]

Ci incontravamo tutti i giorni
nello stesso posto.
Spartivamo versi, sigarette,
e a volte un romanzo d'avventure.
Buttavamo pietruzze
dal ponte, dove mangiavano
gli operai della fabbrica di vetro.
Le dicevo che la terra è rotonda,
mia zia strega e la luna un pezzo di rame.

Che un giorno sarei andato a Nuova York,
la città che abbonda di cose strambe,
dove i gatti vagabondi
dormono sotto le automobili,
dove c'è un milione di mendichi,
un milione di luci,
un milione di diamanti.
Nuova York dove le formiche
ci mettono secoli a scalare l'Empire State
e i negri passeggiano per Harlem
vestiti con colori chiassosi
che stillano lucido d'estate.

Sarei andato per i ristoranti
fino a trovare un cartellino:
“ Cercasi ragazzo per lavare i piatti
Non si richiede titolo universitario».
A volte avrei mangiato un sandwich,
avrei raccolto mele in California,
avrei pensato a lei quando saliva in ascensore
e le avrei comperato un vestito simile al neon...

Mi stava per baciare quando
suonò la sirena della fabbrica.

          È il racconto di un incontro d’amore in un contesto urbano - industriale, articolato in  quattro tempi: quello della condivisione di interessi (versi, sigarette e romanzo) e passatempi (“buttavamo pietruzze”), delle chiacchiere sulla vita, i sogni e le paure che sembrano concretizzarsi nella seconda parte, in cui il poeta parla di Nuova York, il luogo dove la vita può essere diversa. New York è un sogno, “piena di cose strambe”, le immagini di emarginazione (i gatti, i mendicanti) si intrecciano con altre che suggeriscono le sue contraddizioni (povertà e ricchezza, impotenza delle formiche e maestosità dei grattacieli, i negri ghettizzati ad Harlem e i loro vestiti colorati ).  Segue il povero sogno del poeta: lavoretti e sacrifici per poter comprare un regalo alla sua donna lontana. Ma la vita è dura anche se si è giovani. Il finale, un distico che toglierà ogni speranza,  sarà scandito da un solo effetto acustico, la sirena della fabbrica che impedisce perfino di scambiarsi un bacio.
          In queste sue prime poesie, scritte con un misto di versi e prosa e magari in forma di ballate,  ci sono spesso riferimenti alla cronaca, così che da quei mondi di povertà si passa poi a parlare dei nuovi eroi  - astronauti, il presidente J.F. Kennedy, qualche famoso criminale o  Bob Dylan -  in una dimensione quasi epica. Altre sue poesie ci parlano di storie di  solitudini, illusioni e insoddisfazioni, come quella “piccola storia” della dattilografa:

Una piccola storia[3]

Alle sei di sera
quando la strada si lascia lambire dalla sporcizia
e gli edifici sbadigliano attraverso le finestre
i marciapiedi e gli alberi
la dattilografa aspetta...
Una volta aveva 15 anni.
Si dava il rossetto e sulle unghie uno smalto furiosamente rosso
usava scarpine fantasia
e aveva un fidanzato
che la portava al caffè
a prendere un cappuccino con pane tostato
mentre l'americano della fisarmonica
suonava una canzone
che ancora si ricorda.
Ora sono le sei di sera.
Il tempo è un cavallo lebbroso
che calpesta le cose.
Che fai dattilografa
con quel viso autunnale
e quei seni come arancia appassita?
Domani tornerai in ufficio
e vedrai il capo
di un metro e cinquanta
che si accarezza il piccolo ventre
dove si tiene le ricevute
uova di tartaruga
e una morte grande.
Non aspettare altro.
Ascolta di nuovo la musica dell'americano
e lascia che un uomo ti porti con sé...

        Parlare di donne in una società così machista,  vuol dire accettare tematiche e sentimenti che gli uomini non si possono permettere di avere, quali  la solitudine, la fragilità, la nostalgia … Oppure, per lui, anche  cantante di tango e impresario di cantanti di bolero, tra gli altri mille lavori che ha fatto nella vita, vuol dire  parlare di cose innominabili, come nella sua famosa poesia:

Tango per Irma la Dolce [4]

È stata qui
scossa dai palpeggiamenti dai pettegolezzi
                                e l'allarme delle sveglie
È stata qui alla fine troppo triste
Le foglie di palma sotto la nuca e i capelli distesi
                           agreste come le fibre del cocco
guardando tutto con semplicità e ammirazione
"si vede che tu sei uno scrittore" mi dice
a voce bassa nella penombra di una stanza con bottiglia di gin
                                               un giradischi
e fiori di plastica di tutti i colori
C'erano lì e non potevano mancare
                                      è chiaro
Sosa Beny Moré Gardel
i classici del tango e del bolero
                                               e gli altri
i Mozart e i Beethoven di sempre
insomma tutto quello che non abbiamo imparato a sentire
ma che sembra veramente
l'unica cosa pulita
                           giusta
per evadere la brutalità degli eventi
Io ero assorto triste cercando di animare
                                               fallacemente
lo spossato sangue delle vene
e lei voluminosa quasi a coprire tutto il letto
                                      meravigliosamente funzionante
grazie a quello che potremmo chiamare la sua bellezza
                                      ossia la sua "verità"
qualcosa fatto di calore –potere –e -forza
                                      uno straripamento
come una cavalla bianca con le sue gambe di dietro
                                                      bene aperte
che diventano argentate e cominciano a brillare
in un scintillio di luci
                           instabile
una fessura di luce nella gelosia
che sale lungo le sue gambe e impone al suo corpo
                                      una lividezza di biada
e tutto tutto quanto perde la certezza e l'eternità
come se la luce potesse davvero inventare
una forma nuova
Ormai la notte è quasi finita
lei ha messo la sua mano sul mio viso e ha detto: "sono una donna stanca"
così caro il suo sguardo che mi sono sentito ammorbidito
                                      senza resistenza
ho voluto farmi avanti spingere la persiana
ammettere la franchezza del giorno
                                      la circontristezza
rompere il miraggio il sortilegio ingannevole
"perché parli così gattina quelle sono cose che dicono
                                le intellettuali nevrotiche"
"lo so ma credimi che parlo assolutamente sul serio"
E poi come la cosa più naturale del mondo
"so che l'errore è in me stessa"
                                chiama "errore" la sua vita
e mi racconta del marito musicista
                                      mafioso
succhiando la trombetta come fosse marijuana
fino all'alba
"no non va bene restare sola tutte le notti non ti credere"
e continuava a parlare mentre s'infilava un reggiseno da soubrette e un reggicalze nero
e diceva "che tremendo" e "che sciocchezza"
come risposta a una domanda conosciuta
                                a un'inquisizione cifrata
"sì credo che questa sia la cosa migliore"
                                               aggiunge
"senza complicazioni né numeri di telefono né lettere d'amore nulla"
"mi piace la vita libera il cambiamento"
                                               dico io
"provo un orrore sacro per le dipendenze
e oramai conosci il mio nome e sai dove abito per cui
                                               si creano legami
e tutto quindi si avvicina alla fine"
E m'invento una storia mediocre
                                profondamente provinciale
o letteraria che potrebbe giudicarsi l'alibi perfetto
ma lei non ha pianto né riso
                                ha fissato un punto davanti a sé
malinconicamente come se avesse visto un abisso
evidentemente non conosceva né Iago né Otello né "Scespier"
e neanche Maupassant
e questa ignoranza la riportava nell'infanzia
                                               dolcemente
"Il mondo va così" concludo
                           come andandomene ormai lontano
in un modo gentile e freddo
e finisco con un fulminante "la gente"...
che è la vaga incerta parola
                                con cui ho decretato
improvvisamente la sua fine
Fuori nella luce tremolante
le case stanno chiuse avvolte in un vapore smerigliato
                                      e ci sono delle imposte
che si aprono come una palpebra e che poi si chiudono
cerco di toccare ancora
il suo ombelico odoroso i suoi piccoli seni stretti ricoperti
                                               da uno scudo
di bottoni e frange
cerco di inventare il gesto l'atteggiamento la parola
che diluisca in un'aria amabile e casuale
                                la tristezza lunga lunga lunga
                                               da pozzo cieco
l'incantesimo morto
Ma bisogna andare non possiamo attendere troppo
si è nascosta dietro gli occhiali scuri
                                      alta lontana ormai andando via
con il suo profumo di ruta -e- sale nelle ascelle sotto il maglione
con la sua carne viva temperata sotto la pelle
                                               con l'amore...
"Chiamami quando vuoi" mi ha detto a mo' di congedo
Sugli alberi con le foglie di lanugine argentata
cominciava un cielo blu - bandiera...
  
            Insomma, versi densi di vita; una vita, però,  che contiene anche dolore e morte.
            Le sue ultime raccolte sono più intimiste e personali, ma l’incontro si è concluso  senza che potessimo parlarne a lungo. Prima di lasciarci, però, mi ha detto qualcosa sulla poesia che mi ha chiarito molte cose:
          “Credo che l'atto poetico, quando avviene, debba consolare il cuore dell'uomo che interroga la realtà in cerca di appigli o quanto meno di un qualche senso che non ritrova a portata di mano. […]Del resto, in questo schematismo del mondo globalizzato, […], in uno staterello in piena violenza che cerca di dare il vertiginoso balzo dalla precarietà alla postmodernità, quale posto può avere questa strana creatura che è il poeta? A mala pena è un paria tollerato, e la sua poesia è quasi un anacronismo: con libri che non si vendono, e in un luogo poi, questa  Atene Sudamericana[5],  in cui il numero dei poeti continua a superare quello dei lettori di poesia”[6] e sembra rimpiangere i tempi delle tertulias[7], quelli di una Bogotà ancora  vivace».
          Ma Rivero, malgrado questi toni di sfiducia, continua a lottare e a pubblicare la sua rivista letteraria e a fare progetti, nonostante la malattia. Insomma, vita, fino in fondo”.

        Quando Raùl bussa alla porta della camera del piccolo hotel, Zoé ha ancora l’accappatoio indosso e i capelli bagnati raccolti in un asciugamano. È un’immagine di fragilità che contrasta con la sua normale sicurezza, sembra appena arrivata da un mondo lontano.
        Lo fa entrare e si scusa di essere in ritardo, si è messa a scrivere e si è  dimenticata del tempo che passava … Non si è scordata dell’appuntamento, ma … Raùl le sorride, avvicinandosi sempre più. Le prende la mano e la guarda con intenzione. È tutto così inaspettato che Zoé riesce solo a mormorare preoccupata: -Potrei essere tua madre... Ma è piacevolmente confusa.
      -Meno male che non lo sei...  - le  mormora Raùl e  l’attira immediatamente a sé stringendola tra le braccia brune.
Zoé non tenta neppure timidamente di resistere e viene completamente travolta dalla gioiosa energia che sprigiona da quel giovane corpo. La lingua di Raùl si fa rapidamente strada nella bocca di Zoé e le sue mani cominciano ad esplorare tra i piccoli seni alla ricerca dei capezzoli induriti.
      Zoé guarderà a lungo, l’indomani, quel corpo bruno e vellutato, quel pazzesco e infantile tatuaggio sul braccio sinistro su cui è appoggiata, scossa lievemente dal ritmo del respiro,  la testa del ragazzo ancora profondamente addormentato e sorridente. Lei sente ancora la pressione delle sue mani sulla pelle, l’ entusiasmo egoista provocato dall’urgenza del desiderio che l’ha soggiogata e il profumo della sua pelle ambrata.   
     Non lo sveglierà per salutarlo. La parentesi a Medellin si è prolungata più del dovuto. Gli ha lasciato un breve messaggio e, stringendo il borsone da viaggio, chiude la porta della camera dopo un ultimo sguardo pieno di tenerezza e stupore. Come un morso a un frutto un po’ acerbo, ma già dolce e succoso.
    
Nella testa, i versi asciutti di Lupe Cotrim Garaude[8] :

Possesso/lei[9]

Innanzitutto il ritmo del tuo corpo.
Tessevi le parole e le tue mani
Stringevano fantasmi fortemente.
Le parole assumevano un aspetto,
un modo d’ essere,
un movimento alterno della stanza.

Il tuo guardare mi percorse tutta
E fui strada, pianura,
distesa d’acqua,
cosa, gente. E lasciai che proseguisse:
un oscuro richiamo ti cercava.
Noi eravamo stranamente un viaggio.

         Il ritorno a Buenos Aires sembra veloce, l’incanto dei paesaggi visti dall’alto è sostituito da un misto di ricordi e aspettative.
        E finalmente Gordon. Gordon che parla di poesie d’amore, Gordon circondato dagli altri addetti del British, Gordon un po’ stanco e con il volto segnato, dai modi un po’ distaccati e con il pensiero altrove.
        - …  il mio intervento conclude, invece di iniziare come era programmato, questa presentazione delle attività di quest’anno, ma spero comunque ….
      Gordon che, dopo l’incontro, quando finalmente si avvicina, la guarda a lungo e poi si incupisce:  -Ti conosco da tanto, eppure così poco ...No, non è il momento giusto. Poi, ti spiegherò. Sono preoccupato e distratto ... e anche tu.
Una doccia fredda, un colpo allo stomaco. Zoé si sente vagamente in colpa, ma anche consapevolmente innamorata. Di lui.
       - Gordon, io ...
       -No, Zoé, ti prego. È andata così. Ora è tardi e, domani mattina, ripartiamo. Ti sei dimenticata? Domani mattina, all’aeroporto, alle dieci.
       Anche il viaggio, alla fine, non sarà un momento da passare insieme. Partiranno su due voli diversi, verso due destinazioni diverse. Parigi e Londra. Anche se più o meno alla stessa ora.


[1] Mario Rivero, poeta, giornalista, cantante di tanghi, impresario di corride e critico d’arte colombiano, nasce a  Envigado, Antioquia, nel 1935 e muore a Bogotà nel 2009. Fondò la rivista di poesia “Golpe de Dados”nel 1972 . Quando pubblicò i suoi Poemas Urbanos, nel 1963, rivoluzionò la poesia del suo paese.
[2] Mario Rivero,  “La luna e Nuova York“(Poemas Urbanos), in Poesie d’amore per un anno, Einaudi, 2003; a cura di Guido Davico Bonino.
[3] Mario Rivero, “Una piccola storia”, da Baladas, 1969-1985; traduzione di Martha Canfield, www.filidaquilone.it/num005canfield.html
[4] Mario Rivero, “Tango per Irma la dolce”, da Baladas, 1969-1985; traduzione di Martha Canfield, www.filidaquilone.it/num005canfield.html

[5]  Così è stata chiamata la città di Bogotà per la sua proverbiale vocazione intellettuale.
[6] Cfr. Intervista di Martha Canfield con Mario Rivero su ‘La Candelaria’, Bogotà, gennaio 2007.
[7] Con il termine spagnolo tertulia si indica la riunione di persone che periodicamente si incontrano  in un determinato posto, per lo più in un caffè, per conversare e discorrere di argomenti di interesse comune. 
[8] Maria José Lupe Cotrim Garaude Gianotti nasce a São Paulo nel 1933. Docente di Estetica alla Escola  de Communicações  e Artes dell’università di San Paolo. Muore nel 1970.
[9] Lupe Cotrim Garaude,”Possesso/lei”, dalla settima raccolta di Lupe Cotrim Garaude, Poemas ao outro (”Poemi all’autunno”), 1969, premio Governador do Estado, ottobre 1969; in Poesia del Brasile d’oggi, di Salvatore D’Anna, 1970, editrice i. l. a.Palma, Renzo Mazzone editore, Palermo, Italia-São Paulo, Brazil.