mercoledì 27 gennaio 2016

GLI STRATI DELLA MEMORIA, da "In fuga"(1996) di Anne Michaels



"Durante la seconda Guerra Mondiale, innumerevoli manoscritti- diari, memorie, testimonianze oculari-furono distrutti o andarono perduti. alcuni di questi documenti furono nascosti di proposito - sepolti in cortile, infilati dentro un muro o sotto il pavimento- da persone che non sopravvissero per recuperarli.
 Altre storie rimangono celate nella memoria, e non sono state scritte né raccontate a voce. Altre ancora vengono ritrovate soltanto per caso.
[...]"
da Anne Michaels, In Fuga, Giunti, 2001; traduz. Roberto Serrai e Nota Critica di Francesca Romana Paci; pag.9.

"L'ombra del passato è formata da tutto quello che non è mai successo. Invisibile, squaglia il presente come la pioggia col calcare. Una biografia del desiderio e della nostalgia. Ci guida come un campo magnetico, una forza che torce lo spirito. E' per questo che si resta turbati per un odore, una parola, un posto, per la fotografia di una montagna di scarpe. Per l'amore che chiude la bocca prima di gridare un nome.
Non ho assistito ai fatti salienti della mia vita. La parte più intima della mia storia deve essere raccontata da un cieco, un prigioniero del rumore. da dietro un muro, da sotto terra. dall'angolo di una casupola su un'isoletta che sporge come un osso dalla pelle del mare.
[...]
da Anne Michaels, op. cit., Prima parte, I portatori di pietre, pag, 21.

domenica 24 gennaio 2016

LA MEMORIA LA POESIA. Poeti e scrittori per la Settimana della Memoria. 26 gennaio 2016




LA MEMORIA LA POESIA
Poeti e scrittori per la Settimana della Memoria

26 gennaio 2016   ore 17.00               
CASA DELLA MEMORIA E DELLA  STORIA 
Via di S. Francesco di Sales, 5, 00165 Roma

Poeti e scrittori dedicano un brano letto dagli stessi autori.
Un pomeriggio dedicato alla Poesia affinché questa letteratura estremamente sensibile 
possa risvegliare e promuovere attraverso la parola un periodo di storia da non dimenticare.
La Memoria ricorda e diviene attiva.
Un tema che condiziona  anche la nostra storia contemporanea e l’umanità intera.
Presentazione di apertura di Bianca Cimiotta Lami e Simone Carella
Coordina gli interventi Dario Evola

Partecipano
Fulvio Abbate, Luca Archibugi, Tomaso Binga/Bianca Menna, Maria Grazia Calandrone, 
Marco Caporali, Elisa Davoglio, Roberto Deidier,Marco Giovenale, Carla Guidi, 
Jolanda Insana, Valerio Magrelli, Dacia Maraini,Marco Palladini, Elio Pecora, 
Cetta Petrollo Pagliarani, Roberto Piperno,Filippo Senatore, 
Marcia Theophilo, Sara Ventroni, Michele Zaffarano.

Iniziativa promossa dalla FIAP  Federazione Italiana Associazioni Partigiane
a cura di Simone Carella (Poetitaly) eBianca Cimiotta Lami (FIAP)

Con la speciale partecipazione del M° Marco Lo Russo aka Rouge che eseguirà per l’occasione, alla fisarmonica,  composizioni originali in stile Klezmer, brani della tradizione ebraica rivisitati e celebri colonne sonore di pellicole cinematografiche che hanno narrato la memoria. 



martedì 19 gennaio 2016

SOLE NERO (seconda parte) di isabnic



SOLE NERO (prima parte): http://gogosafecrash.blogspot.com/2016/01/sole-nero-prima-parte-di-isabnic-2015.html


                                    SOLE NERO (seconda parte)


[...]
Ripresi a suonare. Le note di Mara no more che stavo improvvisando si allungavano piene di dolore. Mi sentivo solo, ero solo. Chissà Mara ormai dov’era. Scomparsa con tutte le sue parole. Ora però il silenzio era troppo e mi pareva di sentire perfino l’eco dei miei pensieri. Mara no more… dark loneliness vibrating… ‘long my baaackbone.  Mi sarebbe piaciuto se quella creatura tremante, lì dietro al divano, si fosse fermata, se soltanto mi avesse risposto. Chissà chi mai poteva essere e perché era tanto spaventata. Mara no more… staring and staring downthere/ blacKberry lips ‘mid rotten leaves… Forse avrei dovuto imporre il mio aiuto, ma non me ne aveva dato il tempo. Comunque, basta! Sarei tornato in città prima del previsto. Era inutile rimanere ancora. Neanche la solitudine aveva funzionato. Non avevo più idee, avevo perso le parole, le immagini e  i suoni che avrei voluto narrare stavano lì ammutoliti come sotto una colata di cemento.  Tutto inutile. Avrei restituito le chiavi alla padrona di casa. Per un po’ avevo creduto che in quello spazio avrei potuto riprendere a scrivere, ma tutto inutile, ormai. Una fontana asciutta. Avrei cominciato subito i preparativi per il rientro. Dove? L’avrei deciso l’indomani.
Sentii un grido venire dalla parte del bosco. No, forse doveva trattarsi di un richiamo, un verso d’uccello, uno dei tanti che mi sarebbe piaciuto riconoscere, avevo pensato. Poi delle voci, dei latrati ancora lontani… Forse cacciatori poco mattutini, al ritorno da una spedizione.
Stavolta, però, smisi di suonare perché subito dopo dei colpi secchi alla porta tra un abbaiare di cani che si era fatto sempre più vicino sembravano richiedere una risposta immediata. Aprii e davanti a me si materializzarono tre guardie forestali tra un cinque-sei cani che saltavano, e abbaiando quasi all’unisono tendevano caparbi i guinzagli che li tenevano legati agli uomini.
-          - Buongiorno! … (buoni!) Mi scusi, parliamo con il signor Frassi? (Giù, Rocky!) Abbiamo visto il suo nome al cancello.
-         - Mi dispiace, sono solo l’inquilino. Credo che il signor.. anzi la signora Frassi viva in città. Ho affittato lo chalet per questo mese.
-         -  Lei è il signor…?
-         -  Ubaldi. Mirko Ubaldi. Ma… ?

Mi guardai le mani. Rosse. Dovevano essere state le more. Avevano lasciato tracce anche sul metallo lucido del sax. Si, le more avevano macchiato tutto. Mi accorsi che i forestali  posarono -nello stesso momento- lo sguardo sulle mie mani, sulla camicia, le scarpe, e infine mi fissarono in volto quasi ammutoliti. Dovevano anche aver visto qualcosa dentro casa. Uno dei tre scandendo le parole disse: - Signor Ubaldi, c’è un corpo di donna tra la siepe di bordura e la rete di recinzione del suo giardino. Un corpo senza vita, graffiato dai rovi.  L’hanno trovato i cani. È in... Abbiamo già allertato la polizia che sta arrivando. Magari un paio di noi possono entrare a parlare un po’ con lei… Possiamo anche rimanere qui all’ingresso. Non si preoccupi.

Non so cosa sia successo dopo, signor Giudice. Devo essere svenuto e mi sono ritrovato dopo un po’ di tempo altrove, tra gente sconosciuta e vestita di bianco. Ora eccomi qui. Crede che mi permetteranno di riavere il mio sax?

(isabnic2015)

domenica 17 gennaio 2016

SOLE NERO (prima parte) di isabnic 2015

SOLE NERO

Avevo sentito un brivido corrermi giù per la schiena. Era molto presto e l’umidità che saliva dal terreno della macchia ci aveva inzuppato pian piano le scarpe. Eravamo ancora  in cima al poggio, ma ormai deluso avevo abbandonato ogni tentativo di vedere qualcosa. Ancora tempo perso, sottratto al mio lavoro, avevo pensato. Doveva essere una delle tante leggende metropolitane l’idea di usare le lastre delle radiografie, mi ero detto. Lei aveva insistito, querula, con quella voce che un tempo avevo amato, ma  tutto quello che eravamo  riusciti a scorgere erano soltanto ombre grigiastre, sfumature opache di grigio malato, mentre gli animali nel bosco lì intorno tacevano quasi sconcertati da quel buio inaspettato e improvviso. Come in attesa, in attesa di chissà che. E ancora la sua voce inutile, che feriva quel silenzio. Se solo tacesse per un po’, avevo pensato stringendole il polso. Tutto mi pareva sospeso, quasi un cristallo leggero che un piccolo rumore avrebbe potuto infrangere. Era un’eclissi di sole e il mondo era come sottosopra.
Deliquium solis, ecco come si chiamava! È il sole che ci abbandona, ci lascia nella notte, ciechi, soli. Dio è morto e l’eclisse nasconde tutti i delitti, i nostri segreti mostruosi. Sapevo che in quei minuti nulla può essere più normale, e me lo ero ripetuto come un mantra, quasi per farmi coraggio. Proprio allora mi era tornata in mente la voce di mia nonna quando bambino avevo assistito a quello stesso fenomeno: -  Ecco! Questo è il Sole nero, segno di collera divina, presagio di sventure-  aveva detto a me e ai miei cugini- Su! battiamo le mani, bambini, facciamo rumore, scacciamo i demoni dell’oscurità! E ci sembrò a tutti un prodigio, perché dopo un po’ tutto  tornò come sempre.
Quella mattina dell’ultima eclisse… Non ricordo quanto rimasi lassù con Mara,  ma eravamo infreddoliti e volevamo qualcosa di caldo da metterci addosso. Tornammo indietro con la solita colonna sonora di recriminazioni. “Se solo tu… eh, già! come al solito… Ma possibile che mai una volta… Sempre lo stesso!”, ma non era così. Non almeno quella volta. Sapevo esattamente cosa volevo fare della mia vita e di noi due. Mai era stato tutto così chiaro come in quel momento e glielo avrei detto poco dopo. Le more raccolte e da congelare avrebbero aspettato un po’. Inciampavamo ma la luce traballante della torcia ci portò a casa.
Il sole sarebbe tornato a risplendere poco dopo, indifferente, e avrebbe continuato così  chissà per quanto.  E allora, suoniamo!, mi ero detto. Avevo preso il sax e mi ero messo a suonare. Stringevo l’ancia, lunghi respiri, note straziate che nascevano in testa per poi tornarvi avvitandosi nelle orecchie. Mi sembrò quasi di poter riassaporare quella pace che avevo sentito dentro tanti anni prima  in campagna dalla nonna e i cugini. …Intrecci di luce tremula e voci infantili lontane, la macchia lì intorno che sapeva di sangue e di terra. Anche allora, ma non inciampavo sulle radici che strisciavano sotto il viottolo, come vene segrete che  spezzavano il terreno. Ripensai alla piccola Mara  che quel giorno era stata la prima a sbucare nella radura odorosa di finocchio selvatico, a uscire dal fitto del bosco e trovarsi inondata dal sole, a scoprire quell’unica siepe illibata, carica di more. Se ne riempiva le mani e la bocca e intanto mi chiamava per condividere il tesoro appena scovato.  Fu lì dietro che scoprimmo la carcassa di un riccio ancora coperta da voraci formiche. Sarebbe stato il nostro segreto…

Sempre quel giorno… o doveva essere forse qualche tempo dopo, non sono sicuro, stavo suonando da un po’ quando …  Ignoro quando fosse entrata.  Me ne accorsi all’improvviso.  Gli occhi sembravano quelli di un cerbiatto spaventato, e stava li accucciata al lato del divano. Ansava tremante, quasi stremata da una lunga corsa. Una ragazzina piena di graffi in viso, i capelli corti quasi un velluto, la bocca che fremeva come nello sforzo di voler dire qualcosa. Avevo il sax appeso al collo e appoggiato al petto, con le mani che appena lo sfioravano, insomma, un’ ancora di salvezza in quel momento, mentre il cuore batteva selvaggio. Strano, mi ero detto, dovevo aver lasciato la porta aperta quando ero rientrato.
“Chi sei? Che ci fai qui?” La voce era un po’ roca, ma provai a addolcirla:” No, non aver paura… Puoi restare. Sei ferita? Ti stanno cercando? Ma come… ?”

Allungai la mano per aiutarla ad alzarsi, ma quella scomparve all’improvviso saltando su come una molla e rotolando verso l’uscita. Le scie rosse sul pavimento dovevano essere le more che aveva schiacciato fuggendo via. (continua)

isabnic2015