giovedì 21 marzo 2019

SOGNI AUSTRALIANI (3) da "326 poesie dal mondo per una storia d'amore" Di Bruni-Nicchiarelli

 (3)
          Al coffee-break Gordon finalmente riesce a sgranchirsi le gambe e a mandare un sms a Zoé, ma spegne subito dopo il cellulare, scambia poche parole inevitabili e torna, appena può, in sala senza aspettare la risposta al suo messaggio, come per rimandarne il piacere a quando, più tardi, da solo, se ne riandrà a casa. Poi,  torna in sala, ma cambia posto, si sente  irrequieto, come un viaggiatore australiano incallito … Meno male che, poco dopo, grazie alla presentazione del ciclo dei “Canti d’amore del Rose River” -primo intervento della seconda parte della mattinata-  la sua irrequietezza miracolosamente si placa.
        -Sono una “magnifica testimonianza di letteratura orale” [1]  questi canti  rituali maschili [2], cantati dallo sciamano-cantore negli incontri sacri dei diversi clan, durante i loro viaggi stagionali per la caccia. Solo recentemente furono tradotti e trascritti come testi letterari[3],  ad uso e consumo dei lettori bianchi. Molti canti di altri cicli andarono perduti o furono dimenticati, altri rielaborati o riadattati nel corso del tempo, ma fondamentalmente la loro struttura vocale, l’intonazione, l’accompagnamento[4], le sequenze delle strofe dipendono dal territorio di appartenenza dei clan. I “Canti d’Amore del Rose River” celebrano il rito in onore di Kunapipi, la dea madre della fertilità; sono un meraviglioso canto alla vita, all’amore come attività sessuale, essenziale per il rinnovamento della specie e per il rafforzamento della tribù,  e hanno oggi tutto il fascino delle cose perdute nel tempo.
Dai  Canti d’Amore del Rose River[5]:

Canto 1

Stanno sempre là, gli uomini mentre scheggiano i boomerang di legno:
uomini del clan del Rose River, del barramundi[6] e del pesce gatto …
scaglie di legno schizzano via, modellando i boomerang …
stanno sempre là, donne con le natiche ondeggianti …

uomini che scheggiano e modellano i boomerang, spianandone i lati …
pensano al nonggaru[7], al rito sacro …
stanno sempre là, gli uomini della tribù del sud;
clan del territorio lungo il Rose River, uomini con il pene sub inciso …
clan del bush[8] interno …
preparano i boomerang, scheggiando e spianando i lati  e la punta della deflorazione …
pensano alla danza e ai riti del Kunapipi[9]
uomini del clan del Rose River e del dialetto Dalwongu
pensando alla mandiela, la danza sacra,
poiché i boomerang sono quasi pronti:

spiriti e gente, uomini  subincisi del clan del Rose River …
pensano, mentre scheggiano i boomerang …
spianando i lati, preparando la punta per le ragazze da deflorare …
clan del territorio lungo il Rose River, tutti riuniti insieme …
in quel rito sacro, al centro del nonggaru.

          L’iterazione di parole e suoni è frequente nei Canti e, quasi ipnotica, ne sottolinea l’atmosfera rituale: i fenomeni naturali, gli oggetti, gli animali si caricano di prodigiosa forza magica nell’essere nominati più volte. Anche la storia è raccontata attraverso la ripetizione di un verso  o di una strofa con piccole, ma significative, aggiunte di contenuto[10] per aumentare l’attesa e la partecipazione emotiva.
          Nei Canti  successivi, la storia procede con l’incontro delle tribù e l’ intreccio delle loro diverse lingue, i preparativi rituali e l’accoppiamento, in cui l’amore viene cantato nei suoi tre aspetti erotico, sociale e religioso, il sangue delle ragazze e il seme degli uomini che bagnano la terra e, infine, le nubi mosse dai  monsoni e squarciate dai lampi che si sciolgono in pioggia per intridere il suolo dei siti sacri e ricreare la vita. 

Canto 16[11]

Nubi rosso sangue sovrastano quei posti all’interno …
Nubi rosse corrusche, nubi tinte di giallo: col sangue e col seme, si spargono nel cielo …
Nubi rosse si levano quando le ragazze dei clan del barramundi vengono spalmate e dipinte …
Nubi rosse delle ragazze “sub incise”, sopra il posto dei cespugli a bracciale.

Nubi rosse sopra il riparo dei rami, sopra il sito dell’Oca, il sito dell’acqua corrente …
Nubi splendono in cielo, sangue che scorre dalle giovani ragazze dei clan del barramundi
Che si diffondono nel cielo, nubi rosse e tinte di giallo …
Che splendono sulla campagna, nel sito dei Serpenti, nel sito del Granchio o del Pesce Gatto …

Sempre là, sangue che sovrasta i clan del barramundi:
sempre là, gente con le natiche ondeggianti.
Nubi rosse provenienti da quel posto, che sovrastano i clan del barramundi:
nel campo sacro, tra i boschetti di bambù: in mezzo al nonggaru all’ombra della Vagina …
splendono su tutto il cielo.
Sangue e cera risplendenti dalle giovani ragazze dei clan del barramundi, del sito dei cespugli a bracciale.

Canto 21[12]

La lingua del lampo saetta in alto tra le nubi …
Facendole risplendere come ocra rossa, saettando tra le nubi gialle …
Il Lampo Serpente[13] muove la coda, rizzando veloce la testa dalla sua tana …
Grande Serpente Lampo, che lampeggia tra le nubi:
che esce dal suo campo, percuotendo le nubi
il Serpente, creatura di acqua salata, che genera strisce sottili di lampo».
…  e che brucerà tutto, per permettere al giovane germoglio di svilupparsi.

             Dopo l’assaggio dei magnifici Canti del Rose River, qualcuno comincia a parlare della produzione aborigena attuale. Con la rivendicazione della propria identità come appartenenza, le generazioni metropolitane di origine indigena esprimono il desiderio di riappropriazione della cultura tradizionale con un gesto di scelta. Prendere la parola, per loro, vuol dire parlare secondo questa prospettiva[14] e, pur essendo una piccola minoranza, infatti, gli Aborigeni oggi scrivono molto e molto viene pubblicato nei periodici a grande tiratura o nelle loro pubblicazioni. La poesia, spesso politicamente orientata, è la forma letteraria più popolare tra loro.  È, forse,  il tentativo di esprimere con parole scritte ciò che è essenzialmente orale e con caratteristiche fonetiche particolari?
            In generale, comunque, le caratteristiche dominanti sono la riscrittura della Storia da un’ottica aborigena, oppure il riuso di topoi della letteratura occidentale come ritagli estrapolati dal loro contesto, modificati o combinati con altri, oppure l’uso di tecniche decostruzioniste per smontare la rappresentazione tradizionale degli indigeni come rozzi, ingenui, primitivi. 
             Fu Oodgeroo (della tribù dei) Noonnuccal[15] ad introdurre la prospettiva aborigena nella poesia australiana  e ne mostrò per la prima volta la potenzialità[16]. Alcuni poeti bianchi, come lo stesso Dawe, si rivelarono curiosi e sensibili al tema, ma furono gli scrittori aborigeni in lingua inglese a produrre quella poesia amara, contraddittoria, in cui lo sfruttamento, l’impegno politico, il tema dell’ambiente e il senso di perdita continuano ad essere i nodi principali, oltre alle caratteristiche comuni ad altre letterature post-coloniali, quali l’ibridismo (riscrittura), l’interculturalità e l’intertestualità. Quella che ne risulta non è poesia della tradizione aborigena né di tradizione europea, ma una simbiosi.
            Quando per alcuni la poesia diventò uno strumento politico di riaffermazione della propria identità e  una forma di consolazione dalle tristezze della vita, alcuni critici ne negarono il valore letterario. La stessa Oodgeroo fu accusata di scrivere versi non scorrevoli, con rime talvolta forzate. D’altronde, tutti gli scrittori di madrelingua diversa dall’Inglese, scrivono con una profonda ansia linguistica, sottolineata dal fatto che la loro lingua adottiva è strettamente collegata alla tradizione letteraria dei colonizzatori. L’ispirazione, le tematiche e la visione del mondo sono aborigene, ma non la loro tecnica poetica.

Doni   [17]                                                                                         

‘Ti porterò l’amore’, disse il giovane amante,                                    
‘una luce allegra che balli nel tuo occhio scuro.                                
Porterò orecchini di osso bianco,                                                       
e allegre piume di pappagallo per ornare i tuoi capelli ‘                 

Ma lei scosse semplicemente la testa.                                                
‘Ti metterò un bimbo fra le braccia’, lui disse,                                
‘ sarà un grande capo, un grande sciamano.                                   
Farò sì che tutti ricordino le canzoni che parlano di te                 
che tutte le tribù in tutti I campi nomadi                                     
li cantino per sempre.’                                                                    

Ma lei non fu colpita                                                                        

‘Ti porterò la luce della luna ferma sulla laguna,                  
e ruberò per te il canto di tutti gli uccelli,                              
ti porterò le stelle del cielo,                                                      
e ti metterò in mano l’arcobaleno lucente.’         

‘No’, disse lei, ‘portami delle larve da mangiare.’   
               
         Naturalmente, la lettura di questi lavori  deve essere dinamica perché non solo entra in gioco la relazione fra una molteplicità di sensibilità soggettive e l’oggetto dei testi, ma anche la diversità dei sistemi culturali. Non possiamo applicare strutture, criteri e giudizi esterni o avvicinarci a questi testi con la curiosità del colonialista. Per limitare le storture della nostra lettura dobbiamo tener conto della funzione scrittura, perché le due funzioni sono transculturali. Nei primi scritti aborigeni moderni[18], ci si riferisce alla cultura aborigena come a qualcosa di passato, cancellato e da salvare per la propria emancipazione all’interno della società australiana. Oggi, gli autori aborigeni, nel loro uso estremo del parlato e nella proposta di un vocabolario urbano, nella predominanza di sonorità tribali intrecciate a slogan pubblicitari e canzoni di successo,  tendono ad essere sempre più oscuri, in una sorta di colonizzazione al contrario, in cui il lettore bianco è esterno alla comprensione del testo.
       - Gordon Fisher! Sono Susan Kinsella, ci siamo incontrati al Writers’ week  di Adelaide, l’anno scorso a Marzo … - dice avvicinandosi a lui la bionda del palco. Accanto a lei un’altra bella stanga bruna con uno sguardo molto volitivo.
 Gordon raddrizza  un po’ la schiena e tira subito fuori il suo sorriso accattivante, ma, prima che possa dire qualcosa, l’altra continua a far lampeggiare i suoi splendidi denti e aggiunge: -Ehr, ti presento la mia compagna: Laura Brentan. Anche lei si occupa di letteratura … Insegna all’Università di Melbourne … - e poi continua a raccontargli di qualche conoscenza in comune e della sua rivista letteraria on-line.
          È inevitabile continuare a stare insieme durante la pausa pranzo; a loro si aggiunge qualche altra persona del giro e la cosa non è poi così male anche per Gordon, che comincia a sentirsi un po’ meglio e meno abbandonato.

[...]


[1] Cfr. Prefazione di Graziella Englaro a I sogni cantano l’alba, op.cit.
[2] Cantati durante cerimonie pubbliche e condivise dai diversi clan che vi partecipavano, mentre quelli femminili sono meno conosciuti o addirittura si ignorano perché cantati  durante cerimonie segrete e riservate.
[3]“ Il ciclo dei Canti d’Amore del Rose River, per secoli affidato all’oralità delle tribù del territorio, è entrato a far parte della storia dei bianchi australiani nel 1946».  Perché l’antropologo  Ronald Bernett lo vide rappresentare “nella primitiva, quasi inviolata, terra di Arnhem, nell’estremo nord dell’Australia, precisamente a Yirrkalla e ne fece la trascrizione».  Nel 1960, la vita in quei luoghi cambiò perché il governo concesse ai bianchi lo sfruttamento dei giacimenti di bauxite e di uranio lì presenti. Da qui lo sgretolamento della cultura aborigena. (cfr Graziella Englaro, op.cit.)Per gli aborigeni la celebrazione il racconto del  mito è solo azione (canto, performance teatrale e ballo) non testo.
[4] La maggior parte dei Canti erano accompagnati dal ‘didgeridoo’, o Bastone Suonante.
[5] Canti d’Amore del Rose River(1),  da Graziella Englaro, I sogni cantano l’alba, op.cit.
[6] Pesce commestibile, molto comune nei corsi d’acqua e nei fiumi d’Australia.
[7] Pozzo d’acqua sacro per gli aborigeni del deserto; nella tradizione rappresenta anche l’utero della Madre Kunapipi.
[8] Boscaglia, savana. In Australia rappresenta tutto ciò che non è metropolitano.
[9]Cerimonia che si basa sul culto, diffuso nella terra di Arnhem,  della dea madre o dea della fertilità Kunapi; il culto è legato alla fertilità della stagione tropicale delle piogge.
[10] Tecnica della  incremental repetition, tipica delle Ballate medievali europee.
[11] Canti d’Amore del Rose River(16), in Englaro, op.cit.
[12] Canti d’Amore del Rose River (21), ibidem.
[13] Il Serpente Arcobaleno è l’Antenato Creatore comune a tutti i territori australiani. La natura di tutti gli esseri umani è comune, ma per riscoprirla è necessario farsi mangiare dal Serpente e poi essere rigurgitati, ovvero diventare spirito per rinascere. Il Serpente Arcobaleno è energia, luce, potere generatore; può distruggere o curare e custodisce il potere degli Sciamani. La sua voce è il tuono, la sua lingua fiammeggiante il fulmine, il suo respiro le nubi. Per ciclo del Serpente si intende il ciclo di Vita-Morte-Rinascita.
[14] Dagli anni Settanta del secolo scorso il riconoscimento delle origini aborigene diviene parte integrante della politica culturale dello Stato e con il governo laburista Keating si avviò, nel 1993,  il programma di Riconciliazione.
[15] La poetessa Kath Walker nasce nel 1920 in quella terra all’estremità meridionale di Moreton Bay, paese della tribù dei Nonnuccal, che gli Aborigeni chiamano Minjierriba e i Bianchi Stradbroke . Cambiò il suo nome in O. Nonnuccal nel dicembre del 1987 per protestare contro le celebrazioni del Bicentenario del 1988. In quell’occasione disse:”Ho rinunciato al mio nome inglese perchè il Parlamento in Inghilterra ci ha ignorato per 200 anni. Non sapevano pronunciare e scrivere i nostri nomi aborigeni e così ce ne hanno dati altri inglesi». Muore nel 1993 a Moongalba, la scuola che ha fondato nella Stradbroke Island.
[16] La scarsa considerazione di questa cultura si basava sull’idea dell’Australia, scoperta e occupata nel 1788,  come terra nullius (terra di nessuno) e sul fatto che ancora nel 1950 gli aborigeni non erano cittadini australiani. In quegli anni (1953-1957), il Regno Unito effettuò nel Sud del paese alcuni test atomici segreti che causarono la contaminazione radioattiva del suolo, la cosiddetta Black Mist (Nebbia Nera). Soltanto nel 1980 la notizia divenne di pubblico dominio. Con il referendum del 1967, gli aborigeni ottennero il diritto al voto e la parità di salario. Con le lotte degli anni Sessanta, si cominciò a prendere coscienza del genocidio perpetrato sulle popolazioni aborigene e scoppiò lo scandalo delle stolen generations (le generazioni rapite), cioè la sottrazione dei figli ai genitori indigeni e il loro affidamento a famiglie bianche.
[17] Kath Walker, “Doni,” a cura di Susan Hampton e Kate Llewellyn, in The Penguin Book of Australian Women Poets, Ringwood, Penguin, 1986; trad. Isabella Nicchiarelli.
[18]We are going” , raccolta di poesie di Kath Walker, del 1964.

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