" ... La lingua è molto colloquiale, ma
mantiene la ricca musicalità[1] di
tutte le sue opere . Ricordo che Gao[2], parlando con la
mia amica, ha molto insistito sull'idea di scrivere poesia per se stesso- dice Zoé. E a Gordon torna in mente di aver letto
una conversazione tra Gao e Yang Lian, durante un loro incontro in Australia,
in cui i due artisti discutevano di esilio, lingua cinese e letteratura[3].
In quella conversazione, tutti e due erano d’accordo nel riconoscere che
gli scrittori che vivono in esilio diventano molto più esigenti con la lingua,
ma, in realtà, scrivono per sé stessi. La lingua nell'esilio è come più pulita di
prima e lo scrittore ha un approccio più creativo; quando è in esilio, è anche
lontano dai propri lettori, e non ha critici –almeno inizialmente- vive in una situazione di separazione, senza
scadenze, in cui può rivedere, riscrivere. Insomma, l’esilio viene percepito
dallo scrittore come il solo modo per preservare “i propri valori, la propria
integrità e indipendenza dello spirito”.
Gao rappresenta il “formidabile incontro fra il patrimonio
classico cinese,[… ]e la cultura occidentale”[4] e, durante il suo periodo di eremitaggio
coatto, volle creare una letteratura
della fuga, “una letteratura di sopravvivenza spirituale”. Attraverso la
scrittura[5], e quindi attraverso la lingua che è il suo
strumento essenziale, intese ricreare il Mondo e la Storia, cercando di
captare i segnali, decrittare i simboli, scovare un segno di continuità
nell’eterno silenzio di solitudine in cui è immersa l’umanità. L’Io è sempre in
uno stato di caos, in un flusso costante, ma ciò che interessa è la materialità
dell’esistenza, la capacità di vivere. Si deve continuare a parlare e scrivere
perché attraverso le parole si può conoscere se stesso e ciò che non si sa. La
sua sperimentazione continua ancora oggi, perché egli crede fermamente che la
cultura cinese sia ancora viva e capace di rinnovamento.
Rispetto alla società e alla politica,
Gao confessa che l’unica Cina che a lui interessa è quella culturale e
spirituale che porta dentro di sé e preferisce un impegno marginale al coinvolgimento diretto, continuare cioè ad osservare
senza smettere di criticare. È soprattutto nella sperimentazione linguistica e
nella potenza dell’immagine che lui vede il possibile successo per il passaggio
dalla tradizione alla modernità. Anche politica.
-Ti dovrebbe proprio piacere. Ricordo
che disse qualcosa come: “Io cerco la trasparenza della lingua, [..]. Isolo gli
elementi indispensabili della proposizione principale e li trasformo in piccole
frasi corte[...] perché le relazioni fra le frasi restino nascoste […] Scoprire
la lingua per me significa anche ascoltare con estrema attenzione la musica
delle parole e delle frasi. Leggo ad alta voce e registro ciò che scrivo di
getto[6][…]La natura stessa della lingua è fonetica: la
scrittura non è che una sorta di registrazione dell’orale. La lingua che cerco
di creare è quella che possa permettere al lettore di errare
in contemplazione tra le parole” [7].
Gao ha tentato di esprimere in Cinese i
diversi livelli della vita moderna, presentandoli in un flusso di linguaggio
che ricorda il flusso di coscienza modernista di James Joyce, Marcel Proust e
Virginia Woolf, perché lui crede che la lingua cinese, con la sua flessibilità,
ricordi il movimento della coscienza che
non è lineare, ma discontinuo. Non si
può scrivere in Cinese di psicologia, ma si può trovare la psicologia tra le
righe, in quello che i cinesi chiamano il
sorriso seducente della lingua: nel non detto.
Zoé gli lancia un veloce sguardo e
tace. Poi torna a spizzicare la sua quiche,
mentre Gordon, anche lui silenzioso e pensieroso, si affretta a riempire i due
bicchieri.
[...]
[1] Cfr. Yang Lian: “La musicalità
(che si perde in traduzione) della lingua cinese è nascosta dietro la
percezione visiva dell’immagine”.
[2] Cfr. Maria Cristina Pisciotta,
introduzione a Gao, op.cit. “La poesia della lingua non proviene solo dalla
tensione che l’espressione dei sentimenti provoca; l’attenzione visiva e quella uditiva creano insieme la tensione
che fa nascere la poesia[…] si devono ascoltare le parole che escono dalla
propria penna”.
[3] Cfr. La lingua dell’esilio, da una conversazione tra Gao e Yang Lian, poeta
cinese contemporaneo, del 18/09/1993, a Sidney, da Ciò che abbiamo guadagnato dall’esilio.
[4] ’Gao X., uno scrittore in esilio
interiore’ di Maria Cristina Pisciotta, introduzione a Gao, op.cit., pag.9. La
poesia classica cinese della sua formazione si è amalgamata con la letteratura
francese, studiata in Cina e poi in Francia; Gao predilige la poesia
surrealista che lui stesso ha tradotto in modo eccezionale, grazie alla sua
grande sensibilità.
[5] Cfr. Gao, La
Montagna dell’anima,Rizzoli editore, Milano, 2002.Trad di Mirella
Fratanico.
[6] Quello che anche Flaubert faceva in Europa più d’un secolo fa e che
chiamava ’l’épreuve du gueuloir’, sottomettendo cioè alla prova della lettura ad alta voce ogni
pagina dei suoi romanzi.
[7] Cfr. Maria Cristina
Pisciotta, introduzione a Gao, op.
cit.
[8]Yang Lian nasce nel 1955 a Berna, Svizzera,
da genitori, funzionari cinesi statali dell’ambasciata svizzera.Torna a Pechino
dove pratica una costante dissidenza tanto da essere sottoposto alla
rieducazione col lavoro manuale.Fuggito dalla Cina nell’ ’83, in seguito al suo
sostegno al movimento dell’’89, gli viene tolta la cittadinanza. Attualmente
vive a Londra e insegna in Svizzera.
[10] Vedi conversazione con Gao, già
citata.
[11] Cfr. Sabrina Merolla, Toccare il limite e superarlo,
intervista a Y.L. del 24/06/2004: essere al margine non vuol dire rimanere in
equilibrio tra due mondi, ma ’esilio vuol
dire toccare il limite e superarlo’.
[12] Cfr. Yang Lian, Masks and
crocodiles (Maschere e coccodrilli), raccolta di poesie in cinese e loro
traduzione in inglese,a cura di Mable Lee, Wild Peony Press, University of
Sidney, Australia, 1990.
[13] Cfr.Claudia Pozzana, La
poesia pensante.Inchieste sulla poesia cinese contemporanea, Quodlibet
studio,2010.
[14] Negli anni 1992-93.
[15] E’ vissuto in USA, Australia,
Nuova Zelanda.
[16]
In posizione finale secondo la costruzione della frase cinese.
[17] In cinese ‘mare delle parole’
vuol dire ‘dizionario enciclopedico’.
[18] In tutto il poema, il pronome
personale ‘io’ compare raramente e solo in funzione di complemento oggetto (cfr.
Pozzana, op.cit.)
[19] Yang Lian,
“Sogno o la
terza riva di ogni fiume”, da Prima parte di Tenebre, Dove si ferma il mare, a cura di Claudia
Pozzana, Libri Scheiwiller - Playon,
2004.
[20] Cfr. pag 302, “internazionale
locale”, 11/10/2003, trad. Anna Secher, in Dove
si ferma il mare, op.cit.
[21] “quando non capisci, ascolta”...
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