sabato 30 marzo 2019

SOTTO IL SEGNO DELLO SCIMMIOTTO(2) da...

(2)
      " ... La lingua è molto colloquiale, ma mantiene la ricca musicalità[1] di tutte le sue opere . Ricordo che Gao[2], parlando con la mia amica, ha molto insistito sull'idea di scrivere poesia per se stesso-  dice Zoé. E a Gordon torna in mente di aver letto una conversazione tra Gao e Yang Lian, durante un loro incontro in Australia, in cui i due artisti discutevano di esilio, lingua cinese e letteratura[3].
      In quella conversazione, tutti e due erano d’accordo nel riconoscere che gli scrittori che vivono in esilio diventano molto più esigenti con la lingua, ma, in realtà, scrivono per sé stessi. La lingua nell'esilio è come più pulita di prima e lo scrittore ha un approccio più creativo; quando è in esilio, è anche lontano dai propri lettori, e non ha critici –almeno inizialmente-   vive in una situazione di separazione, senza scadenze, in cui può rivedere, riscrivere. Insomma, l’esilio viene percepito dallo scrittore come il solo modo per preservare “i propri valori, la propria integrità e indipendenza dello spirito”.
        Gao rappresenta il  “formidabile incontro fra il patrimonio classico cinese,[… ]e la cultura occidentale”[4] e, durante il suo periodo di eremitaggio coatto,  volle creare una letteratura della fuga,  “una letteratura  di sopravvivenza spirituale”. Attraverso la scrittura[5], e quindi attraverso la lingua che è il suo strumento essenziale,  intese  ricreare il Mondo e la Storia, cercando di captare i segnali, decrittare i simboli, scovare un segno di continuità nell’eterno silenzio di solitudine in cui è immersa l’umanità. L’Io è sempre in uno stato di caos, in un flusso costante, ma ciò che interessa è la materialità dell’esistenza, la capacità di vivere. Si deve continuare a parlare e scrivere perché attraverso le parole si può conoscere se stesso e ciò che non si sa. La sua sperimentazione continua ancora oggi, perché egli crede fermamente che la cultura cinese sia ancora viva e capace di rinnovamento.
         Rispetto alla società e alla politica, Gao confessa che l’unica Cina che a lui interessa è quella culturale e spirituale che porta dentro di sé e preferisce un impegno marginale al coinvolgimento diretto, continuare cioè ad osservare senza smettere di criticare. È soprattutto nella sperimentazione linguistica e nella potenza dell’immagine che lui vede il possibile successo per il passaggio dalla tradizione alla modernità. Anche politica.
        -Ti dovrebbe proprio piacere. Ricordo che disse qualcosa come: “Io cerco la trasparenza della lingua, [..]. Isolo gli elementi indispensabili della proposizione principale e li trasformo in piccole frasi corte[...] perché le relazioni fra le frasi restino nascoste […] Scoprire la lingua per me significa anche ascoltare con estrema attenzione la musica delle parole e delle frasi. Leggo ad alta voce e registro ciò che scrivo di getto[6][…]La natura stessa della lingua è fonetica: la scrittura non è che una sorta di registrazione dell’orale. La lingua che cerco di creare è quella che possa permettere al lettore di  errare in contemplazione tra le parole[7].
           Gao ha tentato di esprimere in Cinese i diversi livelli della vita moderna, presentandoli in un flusso di linguaggio che ricorda il flusso di coscienza modernista di James Joyce, Marcel Proust e Virginia Woolf, perché lui crede che la lingua cinese, con la sua flessibilità, ricordi il movimento della coscienza che non è lineare, ma discontinuo.  Non si può scrivere in Cinese di psicologia, ma si può trovare la psicologia tra le righe, in quello che i cinesi chiamano il sorriso seducente della lingua: nel non detto.
         Zoé gli lancia un veloce sguardo e tace. Poi torna a spizzicare la sua quiche, mentre Gordon, anche lui silenzioso e pensieroso, si affretta a riempire i due bicchieri.
[...]
        



[1] Cfr. Yang Lian: “La musicalità (che si perde in traduzione) della lingua cinese è nascosta dietro la percezione visiva dell’immagine”.
[2] Cfr. Maria Cristina Pisciotta, introduzione a Gao, op.cit. “La poesia della lingua non proviene solo dalla tensione che l’espressione dei sentimenti provoca; l’attenzione visiva  e quella uditiva creano insieme la tensione che fa nascere la poesia[…] si devono ascoltare le parole che escono dalla propria penna”.
[3] Cfr. La lingua dell’esilio, da una conversazione tra Gao e Yang Lian, poeta cinese contemporaneo, del 18/09/1993, a Sidney, da Ciò che abbiamo guadagnato dall’esilio.
[4] ’Gao X., uno scrittore in esilio interiore’ di Maria Cristina Pisciotta, introduzione a Gao, op.cit., pag.9. La poesia classica cinese della sua formazione si è amalgamata con la letteratura francese, studiata in Cina e poi in Francia; Gao predilige la poesia surrealista che lui stesso ha tradotto in modo eccezionale, grazie alla sua grande sensibilità.
[5] Cfr. Gao,  La Montagna dell’anima,Rizzoli editore, Milano, 2002.Trad di Mirella Fratanico.
[6] Quello che  anche Flaubert  faceva in Europa più d’un secolo fa e che chiamava ’l’épreuve du gueuloir’, sottomettendo cioè  alla prova della lettura ad alta voce ogni pagina dei suoi romanzi.
[7] Cfr. Maria Cristina Pisciotta,  introduzione a Gao, op. cit.        
[8]Yang Lian nasce nel 1955 a Berna, Svizzera, da genitori, funzionari cinesi statali dell’ambasciata svizzera.Torna a Pechino dove pratica una costante dissidenza tanto da essere sottoposto alla rieducazione col lavoro manuale.Fuggito dalla Cina nell’ ’83, in seguito al suo sostegno al movimento dell’’89, gli viene tolta la cittadinanza. Attualmente vive a Londra e insegna in Svizzera.
[9] Cfr. www.poemlife.net/ open chat room
[10] Vedi conversazione con Gao, già citata.
[11] Cfr. Sabrina Merolla, Toccare il limite e superarlo, intervista a Y.L. del 24/06/2004: essere al margine non vuol dire rimanere in equilibrio tra due mondi, ma ’esilio vuol dire toccare il limite e superarlo’.
[12] Cfr. Yang Lian, Masks and crocodiles (Maschere e coccodrilli), raccolta di poesie in cinese e loro traduzione in inglese,a cura di Mable Lee, Wild Peony Press, University of Sidney, Australia, 1990.
[13] Cfr.Claudia  Pozzana, La poesia pensante.Inchieste sulla poesia cinese contemporanea, Quodlibet studio,2010.
[14] Negli anni 1992-93.
[15] E’ vissuto in USA, Australia, Nuova Zelanda.
[16]  In posizione finale secondo la costruzione della frase cinese.
[17] In cinese ‘mare delle parole’ vuol dire ‘dizionario enciclopedico’.
[18] In tutto il poema, il pronome personale ‘io’ compare raramente e solo in funzione di complemento oggetto (cfr. Pozzana, op.cit.)
[19]  Yang Lian,  “Sogno  o  la terza riva di ogni fiume”, da Prima parte di TenebreDove si ferma il mare, a cura di Claudia Pozzana, Libri Scheiwiller  - Playon, 2004.



[20] Cfr. pag 302, “internazionale locale”, 11/10/2003, trad. Anna Secher, in Dove si ferma il mare, op.cit.

[21] “quando non capisci, ascolta”...

Nessun commento:

Posta un commento