giovedì 21 marzo 2019

SOGNI AUSTRALIANI (2) da "326 poesie amore dal mondo per una storia d'amore", di Bruni-Nicchiarelli.

(2)


         
... Quando Gordon termina di leggere ha la sensazione di essere osservato; la posizione del suo sedile, però, non gli permette grandi movimenti, e allora, quasi immediatamente, si reimmerge nella lettura dei testi.
        È la volta del poeta Bruce Dawe[1] con il suo componimento “Un boia vittoriano racconta il suo amore”, dove è palese il riaggancio alla tradizione europea. La poesia è, infatti, un arguto dramatic monologue alla maniera di Robert Browning [2]. Anche qui, le parole rivelano il carattere del parlante, suo malgrado;  e lo scarto tra l’atmosfera della poesia e l’atteggiamento di chi parla rende palesemente ironica la metafora dell’amante-boia[3], almeno nell’immaginario australiano, fatto anche di un passato di colonia penale. Il boia e il condannato appaiono legati l’uno all’altro come due sposi, in un contesto fatto di divise, celle, formalità, tranquillanti, patibolo, giornalisti, dottori e dove l’eros si consuma naturalmente nell’attesa dell’esecuzione della condanna:

Un boia vittoriano racconta il suo amore[4]

Caro, perdona il mio apparirti davanti così,
in tuta sportiva a due pezzi, occhiali da saldatore,
la berretta di stoffa verde, come un’ape grassa
                                             “un’idea dello Stato”.
 Sarei venuto
Vestito come uno sposo per queste nozze
Sapendo le volte che hai sognato
Questo momento nella tua cella.
Se devo ora legarti le braccia ai tuoi fianchi
Con una cinghia di cuoio e chiedere se hai qualcosa da dire,
sono formalità di cui vorrei fare a meno,
so che il tuo cuore è troppo calmo in questo momento
per parlare e spero che tu non abbia rifiutato il tranquillante
per orgoglio ostinato;
dovrebbe aver alleviato il tuo dolore per la parola, il respiro,
gli altri fatti connessi che ci distraggono dalla nostra fine.
Lasciaci ora fare un passo. Questo nodo scorsoio
Con cui siamo sposati è un cimelio di famiglia, e che gli ultimi tre
membri della nostra sacra famiglia erano legati, la trave di legno fresco,
come il patibolo intagliato dal peso degli amanti.
Vedi ora lo faccio scivolare sopra il tuo collo, il nodo
sotto la mascella sinistra, con un anello scorsoio
per tenere il nodo a posto …
Così, perfetto.
Lasciami che ti sistemi il cappuccio di tela
Che ti permetterà di anticipare l’oscurità prescritta ufficialmente entro alcuni secondi.
I giornalisti sono pronti con i bulbi oculari, simili a flash
puntati verso il semplice altare, il dottore sussulta come uno stetoscopio
-Ti hanno concesso un nulla osta di salute come una qualsiasi sposa moderna-
Con questa molla della botola, dando un colpo, tu entrerai
in una nuova vita che io, purtroppo, non sono adatto a condividere.
Stai certo, sprofonderai nel generoso abbraccio del sentimento pubblico
dolcemente come una foglia portata dall’acqua … - accetta il tuo ruolo, sentiti scelto.-
Sarai nei titoli del giornale questa sera. Vieni, o mio amato.

       -… l’arrivo in Australia, alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso, di un’ondata di nuovi immigranti provenienti non solo dal Regno Unito, ma soprattutto dalla Grecia, dall’Italia e  dall’Europa Centrale, aiutò a superare la recente tradizione locale portando nuove immagini e nuovo linguaggio. Negli anni successivi, poi, si svilupperanno sempre più i caratteri distintivi della letteratura aussie contemporanea: il multiculturalismo, la presa di coscienza femminile, l’attivismo aborigeno e i movimenti di liberazione omosessuale.
        Ecco, sullo schermo, della poetessa Antigone Kefala,[5] “Donna che lotta per la libertà”  dove  ”le calze pesanti nero pece” e i poveri spazi esotici ( il fornello a gas, la cucina trascurata, il frigorifero ingiallito) o il Municipio ,con le sue colonne doriche, fanno da sfondo ad un incontro che interrompe una solitudine dolorosa e storicamente collocata nel reale:

Donna che lotta per la libertà[6]

Aveva combattuto per la libertà, disse
Accendendo il fornello a gas.
Sulle montagne abbiamo combattuto …
Giorni gloriosi …
Testarda nelle parole
Affaticata nella cucina trascurata
Con il frigorifero ingiallito
e la fotografia sbiadita
del marito scomparso.
la casa piena di cupe
stanze soffocate di tappeti.
uscimmo nella bassa veranda
le calze pesanti nero pece
il vestito a trama grezza
il blu indaco di qualche fiore selvaggio
i vicini che ancora dormivano alla domenica.
Ritorna,disse
Guardando la strada ventosa
E il Municipio acquattato
Sulle sue gambe d’elefante,
torna ancora.

           -… oppure, il sentire al femminile che si mostra nello scontro di due logiche in “Dialogo erotico” di  Jennifer Strauss[7]:

Dialogo erotico[8]

Non ti amo
Ma
Non voglio farti stare in pensiero.

Perché ti amo cercherò di fare come chiedi
Ma perché ti amo
E tu non mi ami
Non posso
Non stare in pensiero.
E inoltre
Quanto chiedi
È impossibile
A meno che non
Ti dica che non sono in pensiero
In un modo abbastanza assurdo
Da farti arrabbiare
Così puoi dire
“Ti meriti di  stare in pensiero:
non ti amo”
e poi
posso essere come tu dici
(perché ti amo)

Ma voglio che tu prenda questo sul serio.

             - ... oppure, sempre della stessa poetessa, questo scontro  dei due sessi  nel loro diverso rapporto con la natura e il linguaggio, dove dietro alla leggerezza del racconto si svelano temi come  la relatività dei valori, l’indeterminatezza del linguaggio e il corpo come luogo di piacere e realtà:

Discorsi nel Paradiso Terrestre[9]

Nell’Eden 
 ‘ Penso che la chiamerò giraffa--  
Lui parla: lei sorride; sorride                                          
Sempre, ma non                                                              
Farà scelte--semplicemente                                   
Osserva il grande giardino                                               
Con infinito piacere.
‘Giraffa!’ dice lui, enfatico,                                          
indicandogliela; poi sospira                                           
‘ Non è facile, dover trovare
Così tanti nomi diversi.                                                 
Piena di entusiasmo allora, lei offre il suo aiuto:                                 
Lui è perplesso.     
Beh, in realtà Dio lo ha detto a me
di dare un nome alle creature … ma forse                                        
Potresti provare con qualcosa di piccolo …                                       
‘ Ma le mie idee sono grandi.’
Lui le prende la mano,
 ‘Vedremo … Tesoro mio … domani … ‘

L’indomani mentre lei si crogiola al sole,                                              
Con l’erba che le solletica i piedi,                                                           
Lui chiede :‘ Dove è la giraffa?’                                                                 
‘Boh! Qui,’ lei dice  ‘Da qualche parte.’                                                `
‘Stronzate! Guarda lì--                                                                             
(indicando con il dito) lì, lì,                                                                      
Niente giraffa.’ ‘Ma,                                                                                
Sicuramente ce ne saranno altre.’
‘Non è questo il problema — non c’è più
Se non la vedo, si è persa,                                                                        
O qualcos’altro.’                                                                                        
E così Adamo se ne va a cercarla.                                                         
E sebbene il cielo sia ancora blu,
 Le foglie verde scuro,                                                                            
C’è un vuoto                                                                                             
Uno spazio vuoto nella creazione--                                                    
Quello che conteneva perfettamente la giraffa, ora è                   
L’altro, l’assenza, la mancanza.                                                               
Eva si sente, per la prima volta,                                            
A corto di … parole                                                                  
( sopra la sua testa sul ramo                                                 
Ma maturo e a portata di mano)
il frutto risplende, 
Rotondo, carnoso.    
  
             Appena stacca lo sguardo dallo schermo, Gordon ha ancora una volta la stessa sensazione di prima, ma ora riesce a cogliere con la coda dell’occhio la giovane bionda (australiana?), piuttosto attraente, che gli sta sorridendo dal palco, come se si conoscessero. Non riesce minimamente a ricordare dove può averla incontrata o chi sia, e, dopo un breve cenno di saluto, torna a trincerarsi dietro gli occhiali mentre, sullo schermo,  ora appare:

In piedi accanto a questa stufa nera[10]  

In piedi accanto a questa stufa nera
Scelgo con cura il legno

Ha la sua importanza come hai detto                               
Di più ora che la città è vicina e a portata di mano

Scelgo ogni pezzo pensando al calore e alla sua durata
Lo vario a seconda del cibo che cucino

Entrando tra queste pareti
Stasera ridendo con lui

la sua bocca contro la mia
Insuperabile la mia abilità nel forzare

Mi hanno insegnato queste cose
I tuoi anni di duro addestramento
A selezionare a tenere una casa
A escludere
A forzare.

          È una poesia  di Jennifer Rankin[11], autrice negletta, durante la sua breve vita e carriera, da critici e antologie, ma riscoperta nel nuovo secolo, grazie alla sua scrittura densa di effetti visivi e tattili, tesa ad evocare esperienze multisensoriali, sensazioni simultanee che ricreano l’oggetto, attraverso la ripetizione di pochi elementi fonici a rappresentare quella realtà  uditiva. Una vera abilità nel rendere viva la qualità del suono. Una ricerca di tutte le potenzialità linguistiche come estensione del reale.[12] Qualità anche pittorica della sua poesia, unita a una pratica quasi meditativa[13]. Più che una visualizzazione è piuttosto una oggettivazione del mondo organico, attraverso l’offerta di frammenti di vita simultanei.

[...]


[1] Bruce Dawe nasce a a Fitzroy, sobborgo di Melbourne, Australia, nel 1930.
[2] Cfr. Robert Browning (1812-1889), poeta inglese vittoriano. Famoso uno dei suoi monologhi drammatici, in pentametri giambici a rima baciata, intitolato La mia ultima duchessa (1845), in cui l’ultimo Duca di Ferrara, Alfonso II d’Este,  confessa il suo amore ossessivo e l’assassinio da lui compiuto ai danni della giovane moglie.
[3] Cfr. Oscar Wilde in La Ballata di Reading Gaol, dove racconta del processo e della condanna a morte di un uomo colpevole di aver ucciso la donna da lui amata, e dove afferma: “Yet each man kills the thing he loves.” (Eppure ogni uomo uccide la cosa che ama).
[4] Bruce Dawe,”Un boia vittoriano racconta il suo amor”, in Graziella Englaro, I sogni cantano l’alba, Lanfranchi editore, 1988.
[5] Antigone Kefala nasce a Brǎila, in Romania da genitori greci nel 1935. Alla fine della seconda guerra mondiale emigra in Nuova Zelanda.In seguito si trasferisce in Australia dove insegna alla Victoria University di Melbourne,Victoria,Australia. Inglese è la sua seconda lingua che le fece sperimentare personalmente la difficoltà di apprendere una nuova lingua al suo arrivo in Nuova Zelanda prima, e in Australia poi,e che seppe peraltro  usare, in seguito, creativamente nel suo lavoro di scrittura.
[6] Antigone Kefala, “Donna che lotta per la libertà”, in  I sogni cantano l’alba ,Op. Cit.
[7]Jennifer Strauss,nata Wallace, nasce nel 1933  a Heywood, Victoria, Australia. Vive attualmente a  Melbourne.
[8] Jennifer Strauss,” Dialogo erotico”, in I sogni cantano l’alba, op. cit.
[9] Jennifer Strauss, “Discorsi nel Paradiso Terrestre” in Antipodes, a Global Journal of Australian/ New Zealand Literature, 1989, Vol.3, N° 1 ; http://www.australianliterature.org. Trad. di Isabella Nicchiarelli.
[10]Jennifer Rankin, “In piedi accanto a questa stufa nera”, in  I sogni cantano l’alba , op.cit.
[11]Jennifer Rankin, nasce a Sidney nel 1941 e muore nel 1979.
[12]Per esempio, in questi versi: “… //Then it is the faulting/ the falling in folds/ the going back into the sea// And this day and again this day/ and again days//…”,da “Cliffs”, in Collected Poems, 1949 (“…//Poi è il frangersi/ il ripiegarsi/ il riandare dentro il mare// e questo giorno e ancora questo giorno e ancora giorni//.». (trad. Isabella  Nicchiarelli), dove la f fricativa rappresenta visivamente e concretamente la fluidità in movimento e il suono del morbido frangersi delle onde sulla superficie degli scogli. La regolarità ripetuta dissolve la presenza umana, cosicchè non c’è tramite della voce narrante, ma solo sequenze guidate dal ritmo, dalla ripetizione e dalla simultaneità. Ci si muove dentro e con il paesaggio.
[13] Non a caso, studiò le incisioni del popolo di lingua daruk delle Blue Mountains e dell’Hawkesbury River, che nascono dall’usanza di tracciare linee sulle sacre rocce ogni volta che si narra una storia.

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