SOGNI AUSTRALIANI (1)
Sotto un cielo livido di pioggia, nudi alberi giallastri e senza vita sono scossi da un vento continuo e implacabile mentre silenziose saette si rincorrono a squarciare l’orizzonte. Gordon abbarbicato ad un tronco rugoso vorrebbe allontanarsi, ma le sue gambe si rifiutano. Il corpo di Zoé, poco più in là, giace abbandonato vicino ad un fosso di una stretta strada di campagna … I capelli bagnati , divisi in ciocche, coprono il suo volto fino alla bocca rossa di rossetto e socchiusa. Il vestito sporco di fango e sollevato su un fianco lascia intravedere la carne dorata della coscia al di sopra del bordo di pizzo delle autoreggenti nere. Gordon ha paura, sa di aver fatto qualcosa di irreparabile. La gola è secca e sente di non riuscire più a respirare.
Comincia a mugolare nel sonno e a
fatica riesce a svegliarsi con il cuore che gli batte come un martello. -Pfiuiiiii …. È giorno! Meno male … Oddio, mi sento a
pezzi … Devo aver lasciato l’aria condizionata accesa.
Si sente malaticcio e,
dopo colazione, cerca di ritrovare delle antiche pasticche alla vitamina C che
potranno aiutarlo contro il mal di gola. Poi si prepara, un po’ controvoglia,
ad andare agli incontri sulla poesia dei paesi dell’ex- Commonwealth.
Quando arriva in sala, Gordon si
ritrova solo alla giornata di studi “Imagining
Australia”. È partito anche Bellini. L’ossuta studiosa seduta al suo fianco
gli fa decisamente rimpiangere quella dolce morbidezza, vicino a lui qualche
pomeriggio prima e ormai aldilà della Manica.
Non passa molto che qualcuno sul
palco comincia a presentare gli interventi che seguiranno durante la mattinata
e, allo stesso tempo, tratteggia brevemente lo sviluppo della poesia
australiana nel secolo scorso, a cominciare dal dibattito sul Modernismo ad
opera dei Jindiworobacks e degli Angry
Penguins[1]. Gli uni, così sta dicendo nel suo discorso
inaugurale il Direttore di un Centro di Ricerca sugli Studi di Letteratura
dell’Oceania, avevano visto la possibilità “ to make it new[2]”, di dar, cioè, nuova linfa alla produzione poetica
di quegli anni, nell’espressione della propria identità australiana, mentre gli
altri nell’uso di tecniche surrealiste[3]. L’influenza dei due movimenti fu così profonda,
comunque, da portare allora ad un generale rinnovamento della poesia aussie[4]e la loro
combinazione rimane ancora una delle caratteristiche più rilevanti della poesia
australiana di oggi, che spazia tra metriche tradizionali, verso libero e
racconto in versi, tra riconoscimento del valore delle origini, fino alla seduzione di ambienti cosmopoliti.
La generica introduzione alla poesia
moderna e contemporanea australiana offerta dal noto ricercatore non riesce per
nulla a ricaricare l’interesse di Gordon, ma le poesie che scorrono sullo
schermo lì, in fondo alla sala, dopo un po’ cominciano a soggiogarlo e a fargli
dimenticare lontananze, desideri insoddisfatti e malesseri. Ogni tanto qualche
parola dei relatori si fa strada nella sua testa confusa dagli umori del
raffreddore e da un sonno agitato.
-…. E fu grazie alla pubblicazione
dell’ottima antologia di poesia moderna di Porter[5] e alla sua recensione sul Times Literary Supplement, nello stesso anno, che la poesia aussie cominciò a diventare popolare in
Europa e nel mondo alla fine del secolo scorso,
e l’Australia rivelò di essere un paese fatto non soltanto di sole,
di bush
e di sport[6]….
I versi di Judith Wright[7], voce
profonda e originale degli anni quaranta, attivista sociale e sensibile a
tematiche femministe, scorrono, intanto, sullo schermo, dopo la sua foto. La poesia, dove la Wright riflette sul difficile rapporto della donna con il proprio
corpo, sul senso di estraneità avvertito durante le fasi di cambiamento e sulla
conferma dell’avvenuta trasformazione del corpo adolescenziale in quello di
giovane donna nello sguardo di apprezzamento del maschio, si intitola:
Questa non sono io. Un
volta ero senza corpo ---
avevo solo quello che
serviva per ridere e correre,
o guardare a lungo le
stelle o abbozzare una danza
sulla schiuma delle onde
e la sabbia e il sole.
Occhi amavano, mani mi
cercavano, ma ero in fuga
sulle mie correnti,
argento vivo, piumetta
Posso alla fine rimanere
intrappolata in quella morbida faccia?
Ho paura di guardarvi,
occhi umidi e scuri.
mi fissate con
quell'appello smodato? ---
"Cerca sotto queste
ciglia ricurve, ammetti
che ci sei sempre stata;
conoscimi --- sii me."
Lisce spalle che furono
di ermafrodito, troppo tenero
corre il vostro lungo
pendio, sopra le timide curve
inattese, impellicciate
di luce, che spuntano di
sotto.
No, sono stata tradita.
Se avessi saputo
che questa ragazza stava
in attesa tra l'uno e l'altro anno
per il mio ballo non
avrei scelto il suo ramo.
Tradita da quel poco di
oscurità qui, e qui
da questa morbidezza
piena, da quello sguardo impaurito
di occhi cui non darò
risposta; esclusa qui
dal mio stesso io, dalla
grazia del suo nuovo corpo--
perché è bella, colei
che mi ha tradita. Sì,
vedo come sei bella,
odiosa ragazza nuda.
Le tue labbra nello
specchio tremano se rifiuto
di conoscerti, di
reclamarti. Lasciami - lascia che me ne vada.
Sei per metà un'altra
che forse mai verrà.
Perché dovrei avere cura
di te?
Non sei mia;
tu cerchi l'altro - la
tua casa sarà
lui.
Eppure ho pena dei tuoi
occhi nello specchio, velati di lacrime;
mi inchino al nostro
bacio, ti devo servire;
ubbidirò.
Un giorno forse ci
ameremo. Forse mi mancherai, un giorno,
anche se sempre mi dorrò
dei tuoi anni fertili e muti.
Chi ti amerà lo imparerà
a sue spese, e pure amaramente,
Se per arroganza crederà
che io faccia parte di te.
[...]
[1] Movimenti poetici che si
svilupparono ad Adelaide negli anni Trenta. Il nome Jindiworoback deriva da un vocabolo indigeno che suggerisce
una visione del mondo basata sulla mistica unione di bianchi e aborigeni in
nome della sacralità della terra da entrambi condivisa. Ispiratore di tale
movimento fu Rex Ingamells (1913-1955).
[2] Cfr. il poeta statunitense Ezra
Pound.
[3] I due filoni connotano
l’atmosfera culturale di Melbourne e Sidney.
[4] Australiana.
[5] The
Oxford book of Modern Australian Verse, a cura di Peter Porter, Melbourne,
OUP 1997.
[6] Cfr. Introduzione ai poeti
australiani a cura di Dennis Haskell, da Il
mondo nuovissimo (poesie australiane e neozelandesi tradotte da poeti
italiani) su Semicerchio, rivista di
poesia comparata, vol. XXII (traduzione di A. Francini e A. Maiolino).
[7]Judith Wright nasce vicino ad Armidale, New South Wales nel 1
915 e muore a Canberra, New Wales,
Australia, nel 2000.
[8] Judith Wright, “Ragazza nuda e specchio”, in Corporea. Il corpo nella poesia femminile
contemporanea di lingua inglese, a cura di L. Magazzeni, F.Mormile, B.Porster e A.M. Robustelli, Le Voci della
Luna Poesia, Sasso Marconi, 2009; trad. di Brenda Porster. Per gentile concessione
delle curatrici.
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