Il 5 maggio Andrea Cristina Zamfir, 26 anni, è stata uccisa in modo barbaro dopo una serie di sevizie sessuali sotto un cavalcavia alle porte di Firenze, in via del Cimitero a Ugnano.
In quello stesso luogo in cui Andrea Cristina Zamfir è stata uccisa, campeggia la scritta: “qui si caricano le troie”. Una frase, carica di disprezzo per l'umanità, che dice di un senso divenuto oramai opinione, di un costume che ha il volto della normalità.
Una donna seviziata e uccisa non è solo una donna morta.
Vorremmo che dove è stata uccisa Andrea Cristina sorgesse un giardino, uno spazio ove riaffermare tutti i giorni che accoglienza, riparo, cura, responsabilizzazione, sono l'unica via per un reale benessere.
Le nostre strade, le piazze sono disseminate di targhe in ricordo della resistenza, dei caduti per mafia, delle alluvioni. E una volte appese diventano targhe alla memoria di uno spirito collettivo che non cambia niente della propria sostanza.
Non così vogliamo questo giardino, non chiediamo l'ennesima targa per pellegrinaggi disincantati, ma efficaci e realistiche opere educative alle quali tutti siamo chiamati a partecipare.
Vorremmo costruire intorno alla vita e alla morte di Andrea Cristina Zamfir una testimonianza concreta fatta di fiori e speranza, un piccolo e semplice spazio dove ognuno possa fermarsi, nel silenzio di un istante in cui si accende un futuro diverso e davvero umano.
Non si vivrà meglio e più sicuri quando ci sarà soltanto un colpevole da punire. La mano che ha offeso così brutalmente deve essere fermata ma non si creda che la causa profonda stia nel solo gesto materiale di un singolo.
Occorre avere il coraggio di ribaltare definitivamente la questione e assumersene la dura responsabilità. Per questo chiediamo un luogo simbolico dove poterlo fare.
Grazie,
Rossana Sebastiani e Pierpaolo Calonaci
In quello stesso luogo in cui Andrea Cristina Zamfir è stata uccisa, campeggia la scritta: “qui si caricano le troie”. Una frase, carica di disprezzo per l'umanità, che dice di un senso divenuto oramai opinione, di un costume che ha il volto della normalità.
Una donna seviziata e uccisa non è solo una donna morta.
Vorremmo che dove è stata uccisa Andrea Cristina sorgesse un giardino, uno spazio ove riaffermare tutti i giorni che accoglienza, riparo, cura, responsabilizzazione, sono l'unica via per un reale benessere.
Le nostre strade, le piazze sono disseminate di targhe in ricordo della resistenza, dei caduti per mafia, delle alluvioni. E una volte appese diventano targhe alla memoria di uno spirito collettivo che non cambia niente della propria sostanza.
Non così vogliamo questo giardino, non chiediamo l'ennesima targa per pellegrinaggi disincantati, ma efficaci e realistiche opere educative alle quali tutti siamo chiamati a partecipare.
Vorremmo costruire intorno alla vita e alla morte di Andrea Cristina Zamfir una testimonianza concreta fatta di fiori e speranza, un piccolo e semplice spazio dove ognuno possa fermarsi, nel silenzio di un istante in cui si accende un futuro diverso e davvero umano.
Non si vivrà meglio e più sicuri quando ci sarà soltanto un colpevole da punire. La mano che ha offeso così brutalmente deve essere fermata ma non si creda che la causa profonda stia nel solo gesto materiale di un singolo.
Occorre avere il coraggio di ribaltare definitivamente la questione e assumersene la dura responsabilità. Per questo chiediamo un luogo simbolico dove poterlo fare.
Grazie,
Rossana Sebastiani e Pierpaolo Calonaci
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