All'Opificio di Via dei Magazzini Generali la mostra " Il Tempo danzato" con le foto di Piero Tauro.
Bellissime immagini delle esperienze più significative dei grandi danzatori contemporanei o di performers lungo le pareti all'ingresso, al piano inferiore e in una lunga sala dell'Opificio.Luci taglienti, o avvolgenti su corpi che sembrano narrare storie, ritrarsi nel silenzio, congelare attimi, comprimere forze misteriose, scambiarsi distanze o intersecarsi. Danza italiana di ricerca, i grandi americani, Akram Khan e gli altri meticci. In una saletta nascosta, poi, una cappella votiva dedicata alla Madonna Marina Abramovic, nuda e divina nella grande foto in b/n, con due Santi ai lati, Jan Fabre e William Forsythe.
Sabato 14 gennaio 2012
Galleria Wunderkammern via Serbelloni
Roma
Chiusura della mostra BACK TO THE FUTURE, con le opere di Tomaso Binga e Guglielmo Achille Cavellini, e tavola rotonda con critici letterari e artistici.
Ho fatto anche un filmato con il cellulare e ho registrato Tomaso Binga mentre recitava-declamava- diceva un paio di sue poesie.
Peccato! non riesco a scaricarlo. E'-pare-un file GP.
Boh? Come si fa?
Alle sei del pomeriggio d'inverno diventano quasi un' urgenza quelle uscite senza meta che mi vengono
proposte senza impegno - e che di solito accetto subito, pur concordando qualche
minuto di perdita di tempo. Durante l'ultima, sono capitata al vernissage
del più conosciuto artista del mondo nella galleria più internazionale
della mia città.WOW!! It
sounds great!!!
Capitata per caso... In realtà,
volevo proprio vedere quella mostra, ma -honestly- pensavo che fosse stata
inaugurata già da un po' di tempo! Tanta gente e gran brusio all'esterno.
-Oddio! E' il vernissage! ci faranno entrare?-
Peccato, ero uscita con il mio solito
triste piumino nero e i capelli, lavati maldestramente la sera prima, per
l'umidità si erano gonfiati modello-pagliaio.E l'età non aiuta più. Ma
tant'è.
Molta gente all'ingresso davanti alle
graziose e gentili hostess che distribuivano comunicati stampa e presentazioni
in italiano e in inglese.In fondo alle scale dell'elegante galleria colonnata,
alcuni volgari, ma gentili anche loro, omoni in nero, aitanti buttafuori con sorrisi a tutto-dente che bloccavano decisi ogni tentativo di ripresa-video o fotografica. Sembravano i
guardaspalla di qualche politico molto telegenico, e non ci giurerei che non
avessero un paio di occhiali neri a specchio e avvolgenti per riparare gli occhi dalla forte
illuminazione.
Finalmente saliamo. Il grande spazio al
piano superiore era strapieno di gente.Non particolarmente eleganti, ma tanti,
giovani, vecchi e perfino bambini. I più fortunati erano in coppia; potevano
così sciogliere l'imbarazzo di non sapere cosa guardare e cosa dire
scambiandosi sorrisi, o tenendosi per mano. Qualche signora solitaria si
soffermava davanti ad ogni opera e, scorrendo diligentemente il foglietto della
presentazione, cercava il titolo, la data e il nome dei cortesi collezionisti, o
di qualche galleria, proprietari del quadro.
Il fatto è che quei quadri di diverse
dimensioni erano variazioni cromatiche di serie di ordinati pois (più o meno
grandi ma uguali all'interno della stessa opera) e dopo un po' ( poco, però)
non si sapeva proprio che fare. Noi, grazie a una brillante intuizione del mio
accompagnatore- più abituato di me al modo dell'Arte- abbiamo tentato anche di
contarli per trovarne il ritmo segreto, ma al terzo tentativo abbiamo capito che
non c'era regola dietro a quel profluvio di palle e palline colorate. Blù,
rosse, verdi, viola le mille palle blù, rosse, viola...
Allora ci siamo guardati intorno e abbiamo
capito. Abbiamo capito quanto Lui si deve essere divertito, quanto il grande
Artista deve aver sghignazzato a vederci o a immaginarci lì.
Quando gli fu chiesto di scrivere una storia in due cartelle
utilizzando due parole trovate per caso sul vocabolario, non aveva certo pensato
che avrebbe potuto essere così sfortunato: “Stone Age” e “Firebrigade”. Il Cambridge Advanced Learner Dictionary si era aperto in quelle pagine e i suoi occhi si erano posati su quei due composti. Né gli andava di imbrogliare e di ritentare subdolamente ancora. "Stone Age" e "Firebrigade" .... Che
avevano in comune? C’era già il fuoco? Cazzo! Non gliene era mai importato
granchè della storia delle origini e di solito, a scuola, si studiava all’inizio dell’anno quando ancora
c’era il sole caldo e la luce del mare sembrava molto più attraente di una
qualsiasi lezione.
E poi il tempo dato per questa cazzata di esercizio era solo
mezzora.
La prima cosa che gli venne in mente fu la storia di un gruppo di
coraggiosi vigili del fuoco/ firemen alle prese con le rovine fumanti delle
Torri Gemelle e risucchiati da un misterioso loop temporale che li riporta
indietro nel tempo fino all’Età della pietra, qualche avventura più o meno
negativa e il ritorno al proprio mondo con animo più tollerante e pieno di
aspettative per il futuro. La prof di Inglese avrebbe apprezzato questo uso del
sci-fi collegato alla realtà. Poteva chiaramente vedere la sequenza delle prime
immagini, ma poi scartò l’idea perché - si disse- forse aveva bisogno di uno
spazio maggiore di due cartelle.
Allora pensò ad una storia fantastica di due sostantivi composti
(compound nouns) in un mondo di sostantivi semplici, una Flatlandia con le
parole, modello-Orsenna. La prof di Inglese ne sarebbe stata entusiasta e...
Nah, ancora non ci siamo.
Cominciava a sudare, e guardando di sottecchi Elena Brilli seduta
alla sua sinistra e completamente presa dal compito, cominciò a raccontarsi una storia d’amore tra Stone Age, uomo
precocemente invecchiato e incapace ormai di amare e desiderare, e Firebrigade,
donna ingenua anche se matura anagraficamente, che sperimenta tardivi tormenti
d’amore e scopre di aver perso amici, amanti e giovinezza nel tentativo di
mantenere gli impegni fissati nella sua agenda. Trattenne a stento uno
sbadiglio e cominciò a buttare giù il profilo di un paio di personaggi: una coppia
di squinternati ubriachi e strafatti oppure due lottatori di wrestling in
costumi astrobolici che riflettono sulla vita, o ancora due medio-squallidi insegnanti
di liceo chiamati così dai loro studenti…
Chissà cosa quei bambini, a
cui originariamente era stato dato questo esercizio di scrittura -come aveva
detto la prof- avevano inventato? Cominciò ad agitarsi sulla
poltroncina di gommapiuma ricoperta di una ridicola fodera rosa shocking e si
impose di fare come loro, i bambini: lasciarsi andare, cercare di vedere
qualcosa e poi inseguirlo. Allora iniziò a scrivere una lettera.
Elena, è da settembre che
vengo qui due volte a settimana dalle 16.30 alle 19.30. Mi impongo di seguire
la presentazione introduttiva di brani di autori delle diverse letterature, di trovare divertenti gli esercizi di
riscaldamento e mi sforzo di trovare qualche idea per inventarmi una storiella
e azzittire così la nostra logorroica prof.
Elena, la verità è che non riesco a togliermi dagli occhi il tuo
viso, il tuo corpo, i tuoi capelli...