I VICERÉ ( 1894)
Quel “piacere artistico tra le scapole”
di cui parla Nabokov a proposito di Casa
Desolata di Ch.Dickens, nelle sue Lezioni
di letteratura[1],
l’ho provato qualche tempo fa leggendo I
Viceré di De Roberto(1861-1926). Ho sentito quel fremito lì dietro, in alto sulla schiena.
Chiaro e ineludibile. Tanto che, quando ho finito il libro, ne ho provato una
sorta di dolore, di sofferenza da astinenza che non mi permetteva di leggere
altro. Avevo divorato tutte quelle pagine, come ai tempi delle letture
bulimiche adolescenziali. Proprio io che non amo i romanzoni. Eppure l’avevo
cominciato quasi per dovere, certa di trovarmi davanti a qualcosa di
vecchiotto, un soprammobile di famiglia tenuto in salotto, bello ma importante soprattutto
per parlarci sopra, e d’altro. E mentre lo leggevo mi chiedevo quali dovevano
essere state le letture del giovane De Roberto traduttore infaticabile dal
francese e più tardi bibliotecario a Catania, dopo la delusione per la tiepida accoglienza dei suoi
scritti e dopo il ritorno a casa accanto
alla vecchia madre che accudirà fino alla fine. In quei momenti di solitudine,
con tutti quei libri intorno a sé, quali erano le pagine che l’avevano colpito
di più e sulle quali tornava più spesso? Gli indimenticabili personaggi de I Vicerè - un nodo ripugnante di
personaggi in cui neanche i puri o gli idealisti si salvano- sembrano
echeggiare molti vecchi amici di letteratura. Penso al Babbeo, un condensato di
Bouvard&Pecuchet estremista; all’infelice contessa Matilde che ricorda le
atmosfere di Una vita di Maupassant;
a don Eugenio Uzeda dalla lingua più che infiorettata e parente povero alla
maniera del dickensiano Twemlow de Il
nostro comune amico, ma decisamente meno mite; a donna Ferdinanda balzacchiana e alle sue maligne storpiature posh dei
cognomi dei borghesucci o dei nobili meno nobili degli Uzeda con cui entra
sdegnosamente in contatto (ancora Dickens e le variazioni irriverenti del
cognome Boffin da parte della sorella minore di Bella nel romanzo appena
citato); a don Blasco e al fratello domenicano (Stendhal?); o al sapore
shakespeariano della presunta uccisione della prima moglie da parte del principe
suo marito, divenuta certezza nel figlio Consalvo – un Amleto falsamente “rottamatore”
e corrotto come tutti quelli che lo hanno preceduto. E il gioco potrebbe
continuare.
I Viceré, Federico De Roberto, 1990 Giulio Einaudi, Torino
Scritti introd. di Luigi Baldacci e Leonardo Sciascia
Ebook ISBN 9788858418192
(isabnic 2016)
[1]
V.Nabokov, Lezioni di letteratura, a
cura di Fredson Bowers, trad.di Ettore capriolo, Garzanti, Milano 1982.