venerdì 29 novembre 2013
FORZA ILARIA!!!
Ilaria si è fatta fotografare durante un trattamento chemioterapico per protestare contro il potenziamento della centrale di Vado Ligure. (gogo2013)
mercoledì 27 novembre 2013
MICHELE ARCANGELI, primo piano -primo portone a sinistra (5)
5. Quando arrivai al cancello della Pharmacol, dove lavoravo, ancora pioveva, ma
il peggio sembrava passato. Vidi in
fondo allo slargo Daniela che aveva già parcheggiato. Sotto un ombrellino rosso,
cercava di evitare le pozzanghere dribblando pericolosamente sulle scarpe a
tacco alto, per poi scomparire tra i cristalli dell’ingresso. Pensai di
riuscire a controllare meglio tutte le ansie e le emozioni, che mi battevano
alle tempie, simulando una nottata difficile. Appena la raggiunsi, mi guardò
preoccupata e dritto in faccia con quegli occhi indifesi che mi avevano colpito
fin dal primo giorno in cui me l’avevano presentata durante una pausa al caffè
aziendale: - Ciao, amore! buongiorno. Ma che c’è? come stai? Non hai dormito
bene?
Aveva notato che la mia andatura era più
claudicante del solito, lo sguardo più pensieroso. Lo spray nasale mi aiutò a
distrarre la sua attenzione. -Ciao, Dani. Sì, ho dormito poco. Non respiro bene…
Dai, ci vediamo dopo in mensa.
La conoscevo ormai da qualche anno, non le
avevo promesso niente, ma mi si era legata con dedizione e affetto non aspettandosi
nulla in cambio. Aveva superato i
cinquanta e aveva ancora un bel corpo, oltre a tanta voglia di vivere. C’era
stato un marito, c’erano state altre storie nella sua vita. Era una donna
generosa, che aveva continuato a dare amore e a sperare. Non aveva mai fatto
molte domande, sembrava intuire che ci doveva essere una storia un po’complicata
alle mie spalle, ma rispettava i miei silenzi, il desiderio di momenti di solitudine, le mie assenze senza
racconti durante le ferie estive. Durante le serate con i colleghi al
ristorante ci sedevamo accanto, poi la riaccompagnavo a casa. Mi piaceva
ascoltare il suono della sua voce e la sua risata schietta che finiva con un
sospiro come se non volesse strafare. Qualche
volta la sera veniva a trovarmi nel mio appartamento, più spesso mi capitava di
cenare da lei e, quando succedeva, di solito mi fermavo per un paio d’ore a
chiacchierare, guardare un film e fare
l’amore, e per tutti e due sembrava ogni volta come se fosse l’ultima. Sapeva
che per me c’era una famiglia da qualche parte. Ricordo che fu lei a invitarmi
a salire la prima volta:- Vieni, è ancora presto. Il tuo pappagallo stasera
aspetterà. Sono sicura che non ti metterà il muso… Se non vuoi proprio bere,
vorrà dire che ti preparerò una tisana!- Aveva un buon profumo e nella penombra
dell’abitacolo della macchina avevo pensato per un attimo che fosse Marìa
Concepciòn a posare la mano leggera sul mio braccio. Come aveva fatto a capire
che quella sera mi sentivo più solo che mai?
Alla fine di quel mattino di
febbraio, in cui Manlio Giacinti sembrò scomparire dalla mia vita per sempre, quando
a pranzo me la trovai al fianco con il suo vassoio, avrei voluto stringermi a
lei, abbandonarmi tra le sue braccia e trovare soltanto un po’ di requie.
Quanto ancora dovevo pagare per le mie scelte sbagliate? Quanto per la mia vigliaccheria?
-Dani, vieni da me stasera? Ceniamo a casa mia?, avevo bisogno di qualcuno.
Avevo bisogno di lei. Come avrei fatto ad affrontare il ritorno a Via Gianturco
quella sera? Avevo ricevuto a metà mattinata una telefonata dal portiere che mi
aveva comunicato la notizia. Non era stato difficile simulare una qualche
sorpresa ed esprimere un tiepido rammarico, ma quel corpo riverso a terra mi si
confondeva in testa con altri corpi a terra di anni prima e le gocce nebulizzate
di Kapparinol non sarebbero bastate a farmi respirare meglio. Insieme decidemmo
che lei mi avrebbe seguito con la sua auto e avrebbe parcheggiato fuori del
garage, come sempre. Forse anche io avrei fatto meglio a lasciar fuori la mia
Punto. Chissà se la polizia aveva transennato, oltre alla zona del ritrovamento,
anche le aree lì accanto? Continuai ad arrovellarmi per tutto il pomeriggio, fingendo
di portare avanti il lavoro: ‘Avranno già
chiesto ai vicini informazioni su di me, abitudini, frequentazioni... Purchè
non risalgano ai tempi del liceo!. Ma allora ero Mauro. Mauro Lenzi, cittadino
italiano, nato a Parma e residente a Roma. Ora sono un cittadino venezuelano,
perito chimico, dipendente di un’associata della Pharmacol, qui, in questa
città, a completare gli ultimi anni di lavoro nella sede italiana. Yo soy el señor Arcangeli, primo piano, primo
portone a sinistra e …Cos’ altro aveva aggiunto Franco il portiere? Mi
tornò subito in mente e mi si strinse la gola: - … e poi, domani mattina hanno detto che dovremo presentarci tutti, io,
lei egli altri condomini, al Commissariato di zona. Hanno lasciato un avviso. Vogliono
stabilire come è successo, ecc. ecc. Pare, così qualcuno ha detto, che Giacinti
avesse ricevuto delle minacce… Mah! Qui sono tutti in agitazione e la signora X si è sentita male.- Ecco!
Dunque, volevano vederci chiaro, ci avrebbero fatto domande, controllato
documenti… No, non ce l’avrei mai fatta da solo.
Fu dolce quella sera Daniela a
tentare di rallegrarmi con i suoi racconti, a cucinare al posto mio, a
prendermi per mano e portarmi a letto, mentre Guaco taceva discretamente. Non
ero stato granché come ospite- ero stato quasi sempre in silenzio- tanto meno
come amante, stravolto come ero dall’angoscia. Non avevo un alibi. Ero fuggito
via anche quella mattina. Ancora una fuga, un’altra. Mi convinsi che non avrei
mai potuto smettere di fuggire. Le mani di Daniela erano dolci e forti, il suo
corpo accogliente, la sua bocca pareva volesse darmi una nuova vita, ma no,
neanche lei, però, poteva aiutarmi quella sera. Alla fine, le chiesi di andare
via e di lasciarmi solo: -Perché non vuoi mai che rimanga qui da te a dormire?
E poi perché ti preoccupi così tanto per questa storia? - Cosa avrei potuto
risponderle?
Appena mi salutò e chiusi la
porta dietro di lei, ripetei meccanicamente i rituali che la mia vita di
fuggiasco e clandestino mi aveva insegnato a rispettare fedelmente, senza deroghe.
Era la condanna che mi ero inflitto per poter espiare i miei peccati e poter
tornare a vivere, godere senza sensi di colpa quello che non meritavo. Una vita
normale. Perfino felice.
Marìa Concepciòn… odore di
cannella e occhi stellati. Denti splendenti sulla pelle scura, sapeva di mare,
di foresta, di libertà. Quanto mi mancava! Quando l’avevo incontrata a
Maracaìbo, avevo capito subito che quello sarebbe stato il mio porto d’arrivo. Avevo
così rubato avidamente quegli anni e quei baci, avevo morso le hallaca che le sue svelte mani
confezionavano a casa e bevuto la chica criolla. Mi ero finalmente fermato
dopo tanto vagare; era finita la paura, non ricordavo neanche bene perché, come
ero capitato fin laggiù e chi mi aveva aiutato. Mauro Lenzi, allora, era morto
anche per me, scomparso come il suo passaporto. Riuscivo di nuovo dormire tra
le braccia di una donna e a sognare. Quando poi, però, nacque Juan il passato aveva
ricominciato a pulsarmi in testa. Non bastarono più le braccia di Marìa
Concepciòn ad allontare gli incubi e i ricordi che riemergevano togliendomi
ogni forza. Dall’ Italia venivano notizie di arresti, condanne, pentimenti.
L’oceano che ci divideva, improvvisamente, non mi sembrava più cosi vasto. Come
avrei potuto continuare a guardare mio figlio negli occhi? Sandro non c’era più dal giorno dell’ultima azione
del commando, gli altri due compagni erano stati catturati poco dopo e
condannati. Quando Giacinti crepò, stavano ancora finendo di scontare la pena.
Quel maledetto giorno, in quel
maledetto incrocio, non ci eravamo fermati all’alt. Ci avevano colpito alle
gomme, avevamo sbandato e era seguito uno scontro a fuoco. Colpi secchi, come
grandine su una lamiera. Uno…, due andarono a segno. Colpi secchi ripetuti. Senza
sapere bene dove puntare, forse nessuno di noi. Poi Sandro a terra, bocconi.
Anche uno di loro dall’altra parte. Due
fantocci scuri che con una piroetta si erano accasciati a terra ai lati opposti della strada, come in un film, due macchie scomposte a
terra, complementari. Non ero riuscito a coprire Sandro, il mio amico, il mio
eroe. Avrei dovuto trascinarlo via, ma l’unica cosa che volevo in quel momento era che ci fosse silenzio
e spazio intorno a me. Mi sentivo soffocare e di nuovo stretto contro quel muro
della scuola, ma stavolta le gambe avevano deciso per me. Io non ero un eroe, non
lo ero mai stato. Io non ero riuscito ad aiutarlo e dopo un po’ mi accorsi di non
sentire più finalmente il rumore degli spari, coperto come era dai suoni delle
sirene di altre auto in arrivo e dal mio respiro pieno d’affanno. Anche la
scena che percepivo attraverso gli occhi appannati era ormai lontana, il rumore dei miei passi e dei rametti delle
siepi spezzati al mio passaggio erano ora diventati l’unica colonna sonora. Stavo scappando. Mi allontanavo velocemente, fuggendo come una
lepre per quella macchia in leggera salita. E continuai ancora a correre,
correre, mentre il cielo diventava sempre più chiaro. Ora potevo sentire
qualche uccello che fischiava e frullava via. Il latrato di un cane disperato
in lontananza. Non ricordo neanche bene
né quando né dove mi fermai, prima di ritrovarmi in Venezuela.
Respiravo a fatica anche quella
lunga notte di tanti anni dopo, mentre
mi rigiravo in inquieto nel letto in attesa della convocazione al Commissariato.
Sentivo la pesantezza e l’oscurità di
quegli anni miopi, costellati di chiavi inglesi e P38, come se non il futuro,
ma piuttosto il passato fosse ormai diventato incerto, nebbioso e pieno di
dubbi. Sapevo che i miei genitori non ci erano più, ma mio fratello, chissà, se
mi aveva perdonato? La mia indifferente impazienza li aveva cancellati tutti dalla mia vita già prima che
fossi costretto a lasciare l’Italia. Volevo cambiare le cose in meglio e subito, ma
avevo fatto il vuoto intorno a me.
Alle 2.45, un rumore di sedia caduta a terra e
di vetri rotti nell’appartamento di sopra bloccò per un momento tutto il
rimuginare. ‘Cos’è? Minotti si sarà
addormentato davanti alla televisione come al solito, con il bicchiere pieno. Stanotte
siamo parecchi a non dormire. Mi aveva
detto qualcosa a proposito di Giacinti, tempo fa. Magari ... chissà quanti altri
avranno avuto un buon motivo per farlo fuori. E ora la ragazza della Smart nera, eccola!. è appena tornata
dal club dove balla. Che stronzo, la guardo come se… potrebbe essere mia figlia.
Juàn ha più o meno la stessa età di quella ragazzina. Chissà se Juàn ha una
donna? Quando potrò stargli accanto?
La sveglia del cellulare-
impietosa!- interruppe un sonno faticosamente conquistato e affollato di
pensieri, cose e persone. Fuori il cielo era livido e senza speranza e lo
specchio di fronte al quale mi stavo radendo mi rimandò l’immagine di un vecchio
con lo sguardo smarrito e la bocca serrata.’ Coraggio! È tempo di andare.’
[...]
[...]
(isabnic2013)
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RACCONTI
Ubicazione:Roma, Italy
Roma, Italia
lunedì 25 novembre 2013
25 NOVEMBRE DA LEONESSE: una risata vi sommergerà!
25 NOVEMBRE:
Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne SE NON ORA QUANDO FACTORY ha organizzato una festa. Sì, proprio una festa.Saranno con noi:LUNETTA SAVINO, VIRGINIA RAFFAELE, SABINA GUZZANTI, FRANCA VALERI, EMANUELA GRIMALDA, FRANCESCA REGGIANI, PILAR, LOOP LOONA, DIANA TEJERA, THE SESSION VOICES, LIDIA RAVERA, ASHAI LOMBARDO AROP, NADIA FUSINI, LOREDANA LIPPERINI...e tante altre artiste!Per combattere la violenza servono tante cose, ma una è decisiva: che le donne, a tutte le età, non si sentano insignificanti, deboli, vittime. Che nutrano abbastanza fiducia in se stesse per avere il coraggio di sottrarsi a relazioni che potrebbero metterle in pericolo, e la forza di scegliere la vita che desiderano. Che la loro vita, la loro cultura e il loro immaginario siano pieni di storie di donne da cui prendere slancio, di Leonesse, di figure femminili su cui arrampicarsi allegramente per crescere nella stima di sé.Il 25 novembre vogliamo celebrare il coraggio delle donne, lo vogliamo testimoniare, il coraggio grande, quello che ha salvato il mondo tante volte, quello che anche dopo i grandi dolori, le grandi catastrofi della storia ha sempre ricominciato. Chi ricomincia la vita sono le donne. Noi vogliamo celebrare la loro forza con una festa, per ridere insieme, ballare e cantare. Abbiamo un grande bisogno di ridere.Al pianto delle donne il mondo è abituato, è assuefatto.Il pianto delle donne non cambia il mondo, ma il loro ridere può farlo.Il ridere delle donne sarà una sorpresa, sarà un terremoto, sarà il cambiamento.Il 25 novembre dalle ore 21.30, Spazio Factory della Pelanda (Macro Testaccio)Con il sostegno della Regione Lazio e del Comune di Roma.
domenica 24 novembre 2013
25 NOVEMBRE CONTRO LA VIOLENZA a Roma
Scegliamo il ROSSO per protestare e impadroniamoci del 25 Novembre!
Ecco l'appuntamento per domani:
ROMA (PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO)
25 novembre 2013
Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne
PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO
dalle ore 17.00 alle ore 19.00
e
CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE
dalle ore 20.00
DONNE IN PIAZZA
La violenza ci costa...la vita
partecipano
Anarkikka, Assolei, Be Free, Casa Internazionale delle Donne di Roma, CGIL Roma e Lazio, Fondazione Pangea, Freedom for Birth Rome Action Group, Sciopero delle donne, Punto D, UDI La Goccia, UDI Monteverde, UDI Nazionale
e le studentesse e gli studenti dell'Istituto Tecnico Statale “V. D’ALESSANDRO” di Lagonegro (PZ)
Presenta e conduce Betta Cianchini,
con la collaborazione di Adriana Terzo e Barbara Romagnoli
In ogni angolo della piazza le associazioni saranno libere di esprimersi, fare allestimenti, organizzare le proprie manifestazioni, esporre striscioni, distribuire volantini e materiale informativo su servizi e sportelli.
I Guanti Rossi: a tutte le donne che vorranno partecipare chiediamo di indossare guanti rossi, e comunque una maglia o un foulard o un nastro rosso...
Le scarpe rosse della Cgil: saranno lasciate a terra scarpe rosse in memoria delle donne che quelle scarpe, purtroppo, non le indossano più.
Leghiamo le città di Punto D: le Trampoliere inizieranno a “legare la piazza” del Campidoglio con dei fili rossi, nell’ambito dell’iniziativa “Leghiamo le città”: un filo rosso continuo, simbolico, per intessere una rete sinergica tra la società civile, le operatrici e gli operatori, le istituzioni.
Un filo rosso di pensieri: chi vorrà, potrà attaccare sui fili rossi che legheranno la piazza, un biglietto con una propria riflessione, un messaggio, un nome, per dire la propria rabbia, per ricordare, per riflettere… quando con la voce non si riesce a farlo.
Poco prima delle 17.00, le Trampoliere inizieranno a legare la piazza del Campidoglio con fili rossi e il coro del circolo Bosio diretto da Sara Modigliani canterà “Se otto ore vi sembran poche…”, con distribuzione del testo in piazza per poter cantare tutte insieme. Dopo il coro, le studentesse e gli studenti della scuola di Lagonegro indosseranno una maschera bianca e un cartello al collo, sul quale è scritto il nome di ogni donna uccisa... Non sveliamo tutti i dettagli del pomeriggio del 25 novembre perché saranno oggetto di una conferenza stampa che si terrà a Roma la prossima settimana. Vi anticipiamo ancora che fino alle 19 ci saranno performance, lettura di testi, testimonianze, brevi flashmob teatrali, i disegni di Anarkikka a far da cornice. La serata proseguirà alla Casa internazionale delle donne.
Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne
PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO
dalle ore 17.00 alle ore 19.00
e
CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE
dalle ore 20.00
DONNE IN PIAZZA
La violenza ci costa...la vita
partecipano
Anarkikka, Assolei, Be Free, Casa Internazionale delle Donne di Roma, CGIL Roma e Lazio, Fondazione Pangea, Freedom for Birth Rome Action Group, Sciopero delle donne, Punto D, UDI La Goccia, UDI Monteverde, UDI Nazionale
e le studentesse e gli studenti dell'Istituto Tecnico Statale “V. D’ALESSANDRO” di Lagonegro (PZ)
Presenta e conduce Betta Cianchini,
con la collaborazione di Adriana Terzo e Barbara Romagnoli
In ogni angolo della piazza le associazioni saranno libere di esprimersi, fare allestimenti, organizzare le proprie manifestazioni, esporre striscioni, distribuire volantini e materiale informativo su servizi e sportelli.
I Guanti Rossi: a tutte le donne che vorranno partecipare chiediamo di indossare guanti rossi, e comunque una maglia o un foulard o un nastro rosso...
Le scarpe rosse della Cgil: saranno lasciate a terra scarpe rosse in memoria delle donne che quelle scarpe, purtroppo, non le indossano più.
Leghiamo le città di Punto D: le Trampoliere inizieranno a “legare la piazza” del Campidoglio con dei fili rossi, nell’ambito dell’iniziativa “Leghiamo le città”: un filo rosso continuo, simbolico, per intessere una rete sinergica tra la società civile, le operatrici e gli operatori, le istituzioni.
Un filo rosso di pensieri: chi vorrà, potrà attaccare sui fili rossi che legheranno la piazza, un biglietto con una propria riflessione, un messaggio, un nome, per dire la propria rabbia, per ricordare, per riflettere… quando con la voce non si riesce a farlo.
Poco prima delle 17.00, le Trampoliere inizieranno a legare la piazza del Campidoglio con fili rossi e il coro del circolo Bosio diretto da Sara Modigliani canterà “Se otto ore vi sembran poche…”, con distribuzione del testo in piazza per poter cantare tutte insieme. Dopo il coro, le studentesse e gli studenti della scuola di Lagonegro indosseranno una maschera bianca e un cartello al collo, sul quale è scritto il nome di ogni donna uccisa... Non sveliamo tutti i dettagli del pomeriggio del 25 novembre perché saranno oggetto di una conferenza stampa che si terrà a Roma la prossima settimana. Vi anticipiamo ancora che fino alle 19 ci saranno performance, lettura di testi, testimonianze, brevi flashmob teatrali, i disegni di Anarkikka a far da cornice. La serata proseguirà alla Casa internazionale delle donne.
martedì 19 novembre 2013
25 NOVEMBRE ROSSO CONTRO LA VIOLENZA
25 NOVEMBRE ROSSO CONTRO LA VIOLENZA
La catena delle Donne di Carta
L’associazione Donne di carta, presente sul territorio nazionale in 15 città, aderisce allo Sciopero: nei 15 minuti le persone libro, ovunque essere saranno, diranno a catena, collegandoci da una città all’altra tramite skype, un testo a memoria che stiamo scegliendo insieme. A Nome di tutte le socie, la presidente, Sandra Giuliani.
Aderisco perché sia una battaglia di tutte e di tutti
Aderisco allo sciopero delle donne del prossimo 25 novembre perché questo gesto, individuale e collettivo al tempo stesso, rappresenta e restituisce al Paese il coraggio, la sofferenza, la dignità e la forza con cui le donne hanno contribuito, in maniera determinante, a tenere in piedi l’Italia.
Aderisco perché in questo gesto e in questa iniziativa c’è tutto il nostro rifiuto per la sottocultura che vorrebbe le donne subalterne in ogni ruolo della società.
Soprattutto, aderisco perché la lotta al femminicidio, divenuto ormai una vera e propria piaga sociale, diventi la lotta di tutte e di tutti, delle persone e delle istituzioni e dunque la lotta al femminicidio, e le leggi necessarie a punirlo, che ancora attendiamo, siano il denominatore comune da cui ripensare i rapporti fra esseri umani, i rapporti fra generi, i rapporti fra gli individui e la collettività, ponendo alla base di questa riflessione la valorizzazione delle differenze, di genere e nei generi, di religione, etnia e culturali, patrimoni di ricchezza ed occasione di evoluzione positiva del nostro Paese.
Aderisco perché in questo gesto e in questa iniziativa c’è tutto il nostro rifiuto per la sottocultura che vorrebbe le donne subalterne in ogni ruolo della società.
Soprattutto, aderisco perché la lotta al femminicidio, divenuto ormai una vera e propria piaga sociale, diventi la lotta di tutte e di tutti, delle persone e delle istituzioni e dunque la lotta al femminicidio, e le leggi necessarie a punirlo, che ancora attendiamo, siano il denominatore comune da cui ripensare i rapporti fra esseri umani, i rapporti fra generi, i rapporti fra gli individui e la collettività, ponendo alla base di questa riflessione la valorizzazione delle differenze, di genere e nei generi, di religione, etnia e culturali, patrimoni di ricchezza ed occasione di evoluzione positiva del nostro Paese.
Maria Gemma Azuni – Vice presidente della Commissione delle Elette del Comune di Roma
**** il nuovo sito dove trovare il programma della giornata per Roma è:
**** IMPORTANTE! il nuovo indirizzo web è
DIRITTI UMANI IN IRAN // Assemblea Generale ONU 18-19 Nov 2013
UN General Assembly #IranVote is Today!
Show your support on Twitter and Facebook by reposting and retweeting United for Iran's messages on Monday, November 18th and Tuesday the 19th. Use the hashtag #IranVote.
As the United Nations General Assembly Third Committee prepares to vote on the resolution on the promotion and protection of human rights in Iran on November 19, 25 human rights organizations have joined together to urge member states to vote in favor of the resolution.
In a letter sent to UN member states, the organizations note that by passing the resolution, “the UN General Assembly will send a strong signal to the government and all Iranians that the world is invested in lasting human rights changes in their country.”
Some specific issues the letter highlights include the continued house arrest—now over 1,000 days—of three opposition leaders without charge or trial; the ongoing persecution of religious minorities; the exceptionally high rate of executions per capita, the highest in the world; and the deprivation of Iranians’ access to information and freedom of expression in the country.
Show your support on Twitter and Facebook by reposting and retweeting United for Iran's messages on Monday, November 18th and Tuesday the 19th. Use the hashtag #IranVote.
In part, the letter reads as follows:
We, the undersigned human rights and civil society organizations, write to urge your government to vote in favor of resolution A/C.3/68/L.57 on the promotion and protection of human rights in the Islamic Republic of Iran during the 68th session of the United Nations General Assembly, scheduled to take place this Tuesday, 19 November 2013.
This year provides a crucial opportunity to highlight ongoing human rights concerns identified by the international community and Iranian civil society. The new administration of President Hassan Rouhani has pledged to tackle a range of human rights issues in Iran, by eliminating discrimination against women and ethnic and religious minorities, and ensuring respect for the right to freedom of expression, among other measures. Despite these welcome signals, human rights abuses are deeply rooted in Iran’s laws and policies, many of which pose a serious barrier to the executive branch’s ability to push through much needed rights reforms. As a result, the human rights situation in Iran continues to be marked by routine violations of civil and political rights as well as economic, social, and cultural rights.
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sabato 16 novembre 2013
MISTERO BUFFO E ALTRE STORIE a Roma
Ci sono stata ieri sera e qualche
pezzo l’avevo già sentito l’anno scorso durante la tournée a Roma dei giovani
attori e delle giovani attrici del Teatro Scuola Paolo Grassi di Milano e della
Civica Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine, reduci dal successo
ottenuto al Festival d’Avignon Off 2012. Successo replicato quest’anno con la loro
rappresentazione per le strade della città provenzale. Bravi, davvero bravi a
reinventare giocosamente alcune giullarate dell’irriverente e gioioso Mistero
Buffo e altre storie di Dario Fò e Franca Rame. Lo spettacolo, nato originariamente
con l'intento di dimostrare l'esistenza storica di un grande teatro popolare da opporre al teatro erudito e borghese, offriva monologhi della tradizione popolare, tratti da giullarate e fabliaux del
medioevo di tutta Europa. Ebbene, ancora
oggi in un contesto storico-sociale completamente differente, noi spettatori siamo stati immediatamente afferrati attraverso “altre storie” diverse e attuali,
proprio come accadde a chi vide Mistero Buffo in scena nei primi anni ’70. L’obiettivo della reinterpretazione, infatti, non è di copiarne la forma, ma piuttosto, secondo Dario Fò, di comprenderne i
meccanismi per restituirne il senso. Rischiare, essere consapevoli, coinvolgere
gioiosamente e saper improvvisare in mezzo al pubblico: questo l’obiettivo dei
giovani attori. Perfettamente raggiunto. (gogo2013)
Mistero Buffo e altre
storie, in scena dal 5
al 24 novembre al Teatro Due di Vicolo dei Due Macelli, Roma.
con la regia di Michele Bottini e Claudio De Maglio,
direttore dell’accademia udinese; con il
coordinamento artistico di Massimo Navone, direttore dell’accademia
milanese Paolo Grassi
venerdì 15 novembre 2013
MICHELE ARCANGELI, primo piano, primo portone a sinistra. (4)
. L'ultimo incontro con l'Amministratore
Gli incontri con Giacinti, però, anche
se a distanza, da quella sera in cui l’avevo riconosciuto, parvero
intensificarsi e cominciarono a sembrarmi per nulla casuali. Ricominciai a
sentire nei suoi confronti lo stesso odio di un tempo, quasi un sapore acido di
vendetta, un grumo scuro che mi premeva alle tempie. Quell’uomo che mi aveva separato da un amico, indebolito la povera gamba
sinistra per sempre, segnato dolorosamente un periodo del passato, ora avrebbe
potuto cancellarmi anche il futuro. Lui conosceva il mio vero nome, sapeva
della mia amicizia con Sandro, forse avrebbe potuto intuire dell’altro e
denunciarmi. Mancavano solo pochi mesi e sarei potuto tornare da Marìa Concepciòn
e da mio figlio. Fino ad allora avevo immaginato che nessuno
avrebbe potuto sospettare nulla, che avrei potuto mettere a tacere per sempre tutti
i fantasmi che continuavano ancora a tormentarmi. Avevo pensato a tutto, così
che noi avremmo avuto di che vivere e allo stesso tempo avrei potuto aiutare,
in forma anonima, anche il figlio di Sandro. Se solo… Desiderai profondamente
la morte di Giacinti, la sua scomparsa definitiva dalla mia vita, così che, alla fine, decisi
di recuperare e tener pronta la mia vecchia pistola. Quella Walther P38 che da
tempo non avevo più impugnato e che, da quando mi ero trasferito lì, tenevo
nascosta in balcone. Mi ero illuso da tempo che avrei potuto non toccarla più
per tutto il resto della vita. Ma pareva che non potesse andare così.
Era sicuramente un fine settimana di gennaio, dunque appena un paio di
settimane prima che il cadavere di Giacinti sarebbe stato ritrovato vicino
all’archivio. Ricordo che le piante in balcone erano ancora coperte dai teli di
protezione, quando decisi di recuperare quel pacchetto di plastica, ingrigito e
rinforzato dal nastro adesivo. La mia memoria dolorosa, il mio senso di colpa
straziante. Potevo stringerlo ancora tra le mani. No, non si era disciolto e
non era nemmeno defluito via con l’acqua di innaffiatura. Era ancora lì dove
l’avevo nascosto, sotto strati di carta, stoffa e plastica sporca del terriccio,
sotto il quale avevo sepolto anche i tuberi di tulipano, in attesa della loro
fioritura primaverile. Risistemai velocemente il vaso e posai sul tavolo del
soggiorno quel lugubre pacchetto per aprirlo. Lo stesso odore di terra, come
allora. Sotto gli strati di copertura che da anni lo avvolgevano, riapparve
quel fusto in acciaio brunito. Estate del ’77. Non portavo ancora questi
occhiali falsi, mi chiamavo ancora Mauro Lenzi, nome di battaglia “Angelo”. Prime ore
dell’alba, luce incerta. Insieme ad altri tre, a volto scoperto e a bordo di un
auto rubata, in quella strada ancora poco frequentata tra l’autostrada e il
litorale, come avrei potuto mai dimenticare?
La Walther P38 era arrivata alla fine
dell’addestramento, quando io e Sandro, ormai “compagno Michele”, ci ritrovammo, dopo anni in cui ci eravamo
persi di vista, militanti in clandestinità nella stessa organizzazione e poi,
infine, in un paio di azioni di autofinanziamento. Qualcosa andò male, però, l’ultima
volta. Non ci doveva essere quella pattuglia di carabinieri in attesa, a
quell’ora, a quell’incrocio. Io sarei diventato, sui giornali del giorno dopo,
il famoso quarto uomo del commando, famoso perché non identificato, sfuggito
alle forze dell’ordine; una sagoma bianca, senza nome e, dopo più di
trent’anni, ancora latitante nel condominio di via Gianturco. Se Manlio Giacinti mi aveva davvero riconosciuto, come
sospettavo ogni giorno di più, sarebbe stato facile per lui ricostruire tutto
il resto, tenermi in pugno, denunciarmi, ma –devo confessare- non avrei mai
immaginato di vedere così presto il suo corpo riverso a terra senza vita.
Erano le sette e un quarto di quel mercoledì di metà febbraio quando
capii che non avrebbe potuto più farmi male. Tra breve Franco, il portiere, ne avrebbe
scoperto il cadavere. Maledetto! Proprio
qui dovevo rincontrarti! Presto -
mi dissi- prima che arrivi qualcuno e
forse in archivio non c’è nessuno. Devo salire in macchina e andarmene subito
al lavoro, come sempre, come se nulla fosse successo.
Mi chiedo ancora come riuscii a guidare fino a
lì. La pioggia leggera che avevo incontrato uscendo dal garage era diventata
man mano che lasciavo la città uno scroscio insistente e senza speranza, che
cancellava il mondo al di là del nastro d’asfalto che percorrevo e la linea
bianca, al centro della carreggiata, a tratti scompariva in apnea, prima che il
braccetto del tergicristalli riuscisse a compiere il proprio lavoro di
pulitura. Anche i pensieri si accumulavano a ondate alternandosi a momenti di
vuoto. Mi venne in mente che l’avevo incontrato la sera prima mentre stava
parlando con l’avvocato del quarto piano. Sembrava che avessi interrotto una
conversazione di una certa importanza e ancora una volta mi ero sentito addosso
il suo sguardo, anche più determinato del solito, quasi che dicesse: - Adesso
non ho tempo. La prossima volta penserò anche a te.-
Non poteva che finire così.[...]
(isabnic 2013)
mercoledì 6 novembre 2013
MICHELE ARCANGELI, primo piano, primo portone a sinistra (3) di isabnic
Riprende il racconto di Michele Arcangeli, condomino del primo piano del palazzo in Via Gianturco.
3 . Michele ricorda e ha paura
(isabnic2013)
3 . Michele ricorda e ha paura
- Ciao! Buonasera! Come va? Mi scusi tanto… Ehm, Manlio, devo parlarti. Ti chiamo più tardi…
Il tono era forse meno cordiale dei modi e più pressante, ma non ci feci tanto caso allora. Il fatto è che quel nome, quel nome pronunciato da Pratesi, mi aveva colpito come una staffilata e aveva cancellato tutto il resto. Alla fine lo avevo recuperato nella mia memoria.
‘Manlio! Manlio Giacinti. Ora ci sono. Ecco, dunque. - Un lampo infinitesimale lacerò il velo che mi impediva di vedere, ma cercai in tutti i modi di tenerlo nascosto, mentre frammenti di pensieri, ansie e ricordi mi affollarono la mente.
‘ Mi ha riconosciuto, ne sono sicuro. Ancora non ricorda il mio nome, ma tra un po’ ricorderà anche il tempo e il luogo dove ci siamo incontrati. Manlio Giacinti! Fetente! io sì, invece, che so chi sei. Anche sotto tutto questo profumo e vestiti di buon taglio sei sempre la solita merda. Fascio e non solo. Spia, che godevi a far male. Chissà anche adesso in che giri ti trovi. Ti toglierei con piacere quel sorrisetto da stronzo. Sempre lo stesso. Come ho fatto a non incontrarlo finora?
Approfittai del momento per allontanarmi, seguito subito dopo da Pratesi, che continuò, meno vigoroso del solito, su per le scale verso casa sua, dopo un laconico buona sera e finalmente rientrai a casa.
Come al solito mi bastò un solo sguardo per controllare che tutto fosse a posto come l’avevo lasciato al mattino. Sì, la casa era quella di sempre, almeno quella degli ultimi due anni. Tutto era come al solito. Anche quella sera. Nel grande soggiorno studio, su cui si affacciava la porta per la camera da letto e il bagno, c’era il tavolo piuttosto grande, e sempre un po’ disordinato, davanti ai finestroni che davano sul lungo balcone, pieno di piante, che curavo personalmente, quasi un balsamo per i miei affanni. L’ angolo cottura, forse spartano, ma adatto alle mie esigenze, e con qualche piatto da lavare nell’acquaio, rimaneva in penombra al lato della finestra, mentre dall’altra parte del tavolo troneggiava il trespolo-gabbia di Guaco.
- Hola, Guaco, mi compañero!- lo salutai e mi lasciai cadere su una delle due poltrone chiare, lì dietro, semplici nella loro intelaiatura in legno e poco abituate a ricevere ospiti. Erano sistemate davanti alla piccola libreria bianca, dove i pochi libri che continuavo a portarmi dietro nelle mie peregrinazioni erano ora in casuale compagnia di soprammobili anonimi in dotazione della casa. Eppure quella sera mi sembrò che ci fosse qualcosa di malato alle solite pareti, dietro ai pochi soliti mobili, come ombre piene di rimproveri, mentre l’aria secca, a causa dei caloriferi in funzione, mi asciugava la bocca. Un sapore amaro che da lì sembrava impregnarmi tutto. La mia povera gamba sinistra mi doleva per la stanchezza e la tensione. Mi affrettai a chiudere le serrande e le tende e non cenai nemmeno, perché la testa continuava a pulsarmi. Avrei forse fatto meglio a infilarmi sotto le coperte, ma l’ aver riconosciuto Giacinti e la paura che lui potesse avermi riconosciuto a sua volta mi avevano messo in uno stato di assoluta agitazione. Ansie e preoccupazioni mi si stringevano addosso mentre pensavo e ripensavo che avrei dovuto cambiare i miei piani, forse traslocare, forse cambiare casa prima possibile. O anticipare la partenza, rinunciare alla pensione che avrei maturato alla fine della primavera e poi scomparire. Lasciare l’Italia, stavolta per sempre. Intanto, da subito, avrei cercato di evitare in tutti i modi di incontrarlo e contemporaneamente avrei accelerato i preparativi per una nuova vita. Seduto al tavolo, sotto la lampada accesa che pendeva dal soffitto e davanti allo schermo del portatile, con la pagina lattiginosa di un nuovo file che sarebbe rimasto vuoto, mi scorreva il film di quegli anni lontani a cui da tempo non avevo più pensato. Quando avevo digitato il nome di Manlio Giacinti + amministratore condominio e lanciato la ricerca in rete erano subito comparsi un paio di articoli improbabili di giornali, almeno allora così mi sembrò, su un’operazione congiunta, appena conclusa, di Squadra Mobile, DIA e Commissariato di San…. Tredici arresti per organizzazione di un “megacondominio illegale”, tra quelli un certo M.Giacinti. Sicuramente un omonimo. L’ altro articolo raccontava della denuncia sporta da una giovane donna a proposito di fatture false, bollette truccate e sottrazione indebita di immobile ai danni di una pensionata (forse una lontana parente), un procedimento ancora in corso in cui compariva come socio d’affari di M. Giacinti anche un notaio. ‘ Questo potrebbe anche essere lui -mi dissi- Un prepotente che si fa forte grazie a un gruppo di amici fidati, come allora.’ Su un sito che si occupava di “Consulenze del Lavoro”, compariva il suo nome, completo di indirizzi, recapiti telefonici, e preceduto dal doppio titolo Dott. Avv. Seguiva un invito: “ESPRIMI LA TUA OPINIONE, IL TUO COMMENTO”. Questo davvero no, meglio di no. Non avrei potuto farlo. Magari non era lui quell’amministratore disonesto dell’articolo, ma i ricordi riportavano in vita una persona decisamente poco limpida, un assoluto mascalzone.
La mia conoscenza con Manlio Giacinti risaliva ai tempi delle scuole superiori. Frequentavamo lo stesso liceo di Monteverde. Giacinti era più piccolo di me, almeno un anno, se non sbaglio, ma oltre alla corsa campestre, in cui eravamo bravi tutti e due e dunque storici avversari nelle gare provinciali in cui rappresentavamo la scuola, non avevamo altre cose in comune, perché per il resto - famiglia, frequentazioni, gusti e scelte politiche- eravamo agli opposti.
Non potei fare a meno di ripensare a quel giorno in cui era toccato a me il volantinaggio all’ingresso dei ginnasiali. Quasi quarant’anni prima. Un mattino rigido d’inverno davanti a scuola, mentre distribuivo volantini per una qualche assemblea non autorizzata. Ero appoggiato al cancello di metallo dell’istituto e i ragazzini del ginnasio mi passavano sotto il naso afferrando distrattamente i fogli ciclostilati, mentre si affrettavano a entrare tra richiami, saluti, ultimi tiri di sigaretta condivisa. Qualche ragazza, che forse mi aveva visto all’ultima Assemblea di Istituto sul palco dei rappresentanti di sezione o a presentare il nuovo gruppo di studio, mi sorrideva timidamente. Da qualche tempo l’atmosfera nelle scuole era mutata e tutto sembrava anticipare altri e più grandi cambiamenti. Non mi accorsi nemmeno di quel gruppo di quattro che, con Giacinti in mezzo, si avvicinavano minacciosi con le mazze di legno in mano. Riconobbi soltanto dopo quel suo sorrisetto che risaltava sul solito montgomery scuro. Mi si misero intorno, mi strapparono i volantini dalle mani e cominciarono a spintonarmi via, gridandomi addosso. Mi ritrovai improvvisamente solo, il muro alle spalle e fu allora che presero a colpirmi sulle gambe. Ripetutamente. Con quelle mazze che sembravano cento. Quasi non riuscivo a urlare. Ero caduto come un sacco. Mi sembrò che mi avessero spezzato tutte e due le gambe e il dolore lancinante mi saliva a ondate mischiandosi alla paura e a un assoluto senso d’impotenza. Pensai che forse stavo per morire, che fosse finita per sempre. Se non fossero arrivati Sandro Micheli e gli altri compagni dell’ultimo anno, sarei davvero rimasto a terra. Loro riuscirono a ricacciarli e Giacinti perse anche qualche dente, prima che i bidelli avvertiti dai ginnasiali dessero l’allarme. La mia gamba sinistra da quel giorno non fu più la stessa, non rappresentai più il mio liceo nelle gare e da allora a vincere fu soltanto Giacinti. Lui si assentò per qualche giorno, dopo i fatti, poi venimmo a sapere che la famiglia aveva denunciato Sandro, il quale fu espulso da scuola, e tutte le nostre manifestazioni di solidarietà furono vane. Persi un compagno, un amico- sia pure più grande di me- e il mio eroe personale nello stesso momento, perché Sandro mi aveva svelato un mondo e con lui avevo condiviso in quegli anni letture, musica, pomeriggi al cinema e ideali, e in più, in quell’occasione, mi aveva anche salvato la vita. Sandro era già stato minacciato di espulsione perché si era sempre esposto in prima persona in tutte le lotte e le rivendicazioni, ma dopo questo episodio fu costretto a cambiare scuola o forse città e ci perdemmo di vista per un po’. Giacinti e io, invece, rimanemmo, continuammo a incontrarci e a odiarci per tutta la durata della scuola prima dell’ esame di maturità. Poi non ne seppi più nulla, né volli saperne. Ora, dopo tanti anni, temevo che di nuovo potesse farmi male. Se si fosse ricordato il mio nome, quello vero, intendo, avrebbe potuto denunciarmi o ricattarmi per sempre in cambio del suo silenzio.
‘Devo evitare di incontrarlo. Mancano solo tre mesi alla pensione, mancano solo tre mesi. Tre mesi e potrei sentirmi finalmente libero, libero da tutto’, continuavo a ripetermi. Poi tolsi il collegamento Internet, spensi il pc, controllai doverosamente le finestre e, prima di coprirlo per la notte, cercai di trovare un po’ di conforto con Guaco che nervosamente si muoveva su e giù per il trespolo sul quale era poggiato, e da cui aveva continuato a osservarmi per tutta la sera.
- Vero, Guaco?- mi volsi verso di lui- Y tu también vuoi tornare a casa? Con migo y mi mujer. Y Juan…
- JUAAN…Acooo! Yo soy yooooo
- Ssst! Silencio! Sì, anche tu Guaco. Buenas noches, amigo! Hasta mañana!
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(isabnic2013)
lunedì 4 novembre 2013
3 ottobre Giornata della Memoria e dell'Accoglienza
Ho appena firmato la petizione "Riconoscere la data del 3 ottobre quale “Giornata della Memoria e dell'Accoglienza”" su Change.org. È importante. Puoi firmarla anche tu? Qui c'è il link: http://www.change.org/it/ Grazie! | |||||
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