mercoledì 21 gennaio 2015
lunedì 19 gennaio 2015
WALTER LOWENFELS O LA POESIA COME LIBERTA’ di isabnic
WALTER LOWENFELS O LA POESIA COME LIBERTA’
(Scrivo di Lowenfels perché ho
trovato da qualche parte citata una sua frase Un lettore è un miracolo, due un movimento di massa e questo me
l’ha fatto sentire molto vicino. J
Poi ho cominciato a leggiucchiare qua e là per sapere chi fosse e cosa aveva
scritto. Ecco gli appunti e qualche verso tradotto.)
Un personaggio di quelli
straordinari, Walter Lowenfels. Uno che – si dice- credeva nell’amicizia e nei
giovani ed era sempre pronto a
incoraggiare i nuovi scrittori. In un suo editoriale sul Daily Worker, intitolato La
Mafia della Poesia Bianca, prese di
mira la potente e indiscussa pagina delle recensioni letterarie del NewYorkTimes. Li accusava di non recensire e
pubblicare i nuovi scrittori neri che allora si cominciavano a conoscere grazie
- e soprattutto- alla Dudley Randall’s Broadside Press di Detroit.
Lowenfels era nato nel 1897 e morì nel 1976. Poeta e
giornalista, era membro del partito comunista statunitense. Aveva cominciato a
scrivere poesia dopo il suo servizio militare durante la prima Guerra Mondiale
e grazie all'aiuto finanziario di Lillian Apotheker –la donna che nel 1926
diventò sua moglie e con la quale visse tutta la vita, collaboratrice e compagna
di lotte - curò molte antologie di
poesia e poté pubblicare Episodes&Epistles,
la sua prima raccolta poetica. Era il
rampollo di una ricca famiglia di manifatturieri del burro e aveva cominciato a
lavorare nell’azienda paterna, in considerazione dei risultati piuttosto
deludenti a scuola. Tuttavia, ben presto, decise di abbandonare quella vita protetta
e privilegiata per fuggire con gli altri espatriati in Europa. A Parigi frequenta T.S. Eliot,
Ford Maddox Ford e Henry Miller e nel 1930, insieme all’amico Michael Fraenkel,
fonda la casa editrice Carrefour Press, che divenne subito conosciuta grazie
alla pubblicazione del pamphlet Anonymous:
The Need for Anonymity (Anonimo: la necessità dell’Anonimato). Era un
manifesto, una dichiarazione in cui si esplicitava la necessità di pubblicare
anonimamente le opere al fine di
“evitare la competizione artistica e l’alienazione” ("avoid artistic
competition and alienation"). Insomma, attraverso i loro scritti gli
autori della Carrefour Press cercavano di vivificare la cultura del mondo occidentale
ormai in declino e il movimento per l’Anonimato delle Opere d’Arte durò almeno
un decennio.
Si racconta che Lowenfels e
Fraenkel avessero dato avvio al loro progetto della Carrefour Press, pur nella
totale mancanza di fondi, tanto da dover rinunciare a pubblicare autori da loro tanto apprezzati, quali Scott Fitzgerald e Samuel Beckett. La
reazione di quest’ultimo, che durante l’incontro con i due amici continuava a
stare in perfetto silenzio dopo aver ascoltato la presentazione entusiastica
dei loro progetti e delle loro idee
artistiche, pare che provocò nel povero
Lowenfels deluso da tanto distacco una reazione violenta. Urlò, infatti,
addosso a Beckett: - Stai seduto lì senza dire niente mentre il mondo va a
rotoli. Cosa vuoi? Che vuoi fare? ("You sit there saying nothing while the
world is going to pieces. What do you want? What do you want to do?"). Beckett – si dice- accavallò le gambe e
rispose: -Walter, tutto ciò che voglio davvero fare è star seduto sul culo e
scoreggiare e ricordare Dante. ("Walter,
all I want to do is sit on my ass and fart and think of Dante"). (sic!)
Nel 1931, Lowenfels ottiene il
premio di Poesia Richard Aldington insieme a
e.e. cummings. Continua a scrivere e pubblicare poesie, oltre che a
curare le raccolte poetiche di altri
artisti, ma la nascita e lo
sviluppo del Nazismo e del Fascismo, poi, cominciano a diventare una realtà
sempre più inquietante, tanto che nel 1934 decide di tornare negli USA. Riprende
a lavorare per il padre, e racconterà a
proposito della sua vita di poeta-manifatturiero in una lettera a Henri Miller:
“Faccio il burro (butter) dalle nove
alle cinque e poi mi trasformo in una farfalla (butterfly) e continuo a lavorare scrivendo poesie” ( "I butter from nine to five and
then I change into a butterfly and go ahead with poems”).
Nel 1938 pubblica Steel 1937 in memoria dei 18 operai
metallurgici uccisi durante uno sciopero in quell’anno. Smette di scrivere versi
per almeno diciassette anni e si trasferisce a Philadelphia, in Pennsylvania, dove
si occupa soprattutto di Diritti Civili e lotte operaie. Lì comincia a scrivere
per l’edizione locale del Daily Worker,
interessandosi soprattutto della questione Afro-Americana, ma anche sostenendo
gli scioperi dei minatori e lavorando a favore del quarto mandato presidenziale
di Franklin D. Roosevelt. Alterna la professione di giornalista con quella di
piazzista, ma la famiglia Lowenfels (genitori più quattro figlie) sopravviverà soprattutto grazie allo stipendio da
insegnante della moglie Lillian.
Comincia nel frattempo a essere indagato
dalla FBI e accusato di attività sovversive e propaganda contro il governo (“conspiring
to teach and advocate the overthrow of the government by force and violence”).
In The Poetry of My Politics, Volume 2 di My Many Lives, la sua autobiografia del
1968, si chiede come sia possibile per un poeta “usare la lingua contemporanea
per esprimere le emozioni dell’oggi” e sollecita la ricerca di una “parola
pulita, nuova, scientifica, inserita nel tessuto del testo poetico in modo così
semplice che il lettore non avverta null’ altro che il ritmo, il pulsare del
contemporaneo”:
Provo a irrompere dentro a questa lingua per
giungere
alle polveriere,
ai compressori Cooper-Bessemer,
alle pellicole magnetiche,
senza la fascia di rame che trattiene la mia speranza
dall’ esplodere fuori dalla macchina da scrivere,
dalla scrivania, dalla finestra, attraverso i pini, giù
lungo
il fiume Little Egg Harbor, attraverso
la faglia Continentale…
(Da Ogni poesia è una
poesia d’amore (“Every Poem Is A Love Poem”) in The Portable Walter a cura di Robert Gover, International
Publishers, 1968)
Aveva anche curato un’ antologia
di versi di Walt Whitman, ma, forse, le sue raccolte più famose furono Where is Vietnam, una sorta di “reazione
poetica” alla guerra del Vietnam, e Sonnets of Love and Liberty, pubblicata
nel 1955, i cui ultimi sonetti furono composti durante il processo a suo carico
per attività sovversive. L’intera raccolta dei sonetti fu da lui dedicata “alla
Pace, la più bella prigioniera dei nostri giorni”.
Nel 1951 in seguito a un attacco
cardiaco aveva lasciato la città per vivere con la moglie in una casetta in
campagna nel New Jersey. Fu proprio lì che venne arrestato dalla FBI alle due
di notte del 29 luglio del 1953. "Eight men pointing revolvers converged
on my typewriter as if it were a machine-gun emplacement" (Otto uomini con
le pistole spianate corsero verso la mia macchina da scrivere come se
fosse una postazione di mitraglia) –
scrisse più tardi ricordando quell’irruzione. La casa fu perquisita e lui accusato di cospirare al rovesciamento
del governo americano e di violazione dello Smith Act. Decise insieme agli altri
accusati del processo di difendersi continuando a scrivere poesia. Cominciò a
tradurre poesia francese e italiana. Fu anche un modo per sopravvivere alle
false testimonianze contro di lui, alla segregazione nel reparto di massima
sicurezza del carcere di Philadelfia
dove era detenuto. Condannato in prima istanza, fu poi l’anno dopo
scarcerato per mancanza di prove. Curò e scrisse su Dialog, una pubblicazione pacifista di quegli anni, e insieme a altri scrittori rifiutò di pagare le tasse come atto di protesta
contro la guerra.
Lowenfels morì nel 1976 a Tarrytown, New York; la moglie Lillian era
morta appena un anno prima.
“For Lillian”, da Some Deaths:
Prendiamo un bulldozer,
spianiamo ogni strada dove abbiamo vissuto.
Ricominciamo come se nulla fosse stato
come se fosse il primo giorno
del nostro
incontro e tu eri zoppa
ma non ci feci mai caso
perché eri così tanto tu….
·
Per ascoltare alcune poesie o interventi dalla
viva voce di Lowenfels: http://writing.upenn.edu/pennsound/x/Lowenfels.php
·
I suoi scritti sono conservati presso la Olin
Library, nel Washington University Library System, e presso la Beinecke Rare
Book and Manuscript Library dell’università di Yale.
ISTITUZIONE DELLA GIORNATA DELLA MEMORIA E DELL'ACCOGLIENZA (aggiornamento sulla Petizione del Comitato 3 0ttobre)
AGGIORNAMENTO SULLA PETIZIONE
Importanti novità
Comitato 3 ottobre
Italia
19 gen 2015 — Con riferimento alla proposta di legge per l'istituzione della Giornata della Memoria e dell'Accoglienza, presentata alla Camera dei Deputati a febbraio 2014, primi firmatari gli Onorevoli Beni, Chaouki e Realacci, si è concluso l’iter di discussione in Commissione Affari Costituzionali, che ha licenziato il testo il 17 dicembre scorso, dopo averlo emendato all’art. 2. In particolare, la modifica introdotta in Commissione prevede che tutte le istituzioni, locali e nazionali, sono tenute ad organizzare iniziative per sensibilizzare i giovani sui temi dell’accoglienza e dell’immigrazione.
La proposta di legge ha ricevuto tra novembre e dicembre il parere favorevole della Commissione Affari Sociali, della Commissione Cultura, scienza e istruzione e della Commissione Bilancio, tesoro e programmazione. La proposta di legge verrà discussa in aula nei prossimi mesi.
Grazie per essere ancora con noi
Condividi Twitter E-mail
martedì 13 gennaio 2015
lunedì 12 gennaio 2015
CI GUARDANO E CI ASCOLTANO di isabnic
CI GUARDANO E CI ASCOLTANO
Eh, sì. Sembra un papero quando arranca sulla
sabbia. Bianchiccio, impacciato, un po’ depresso. Guarda a terra, forse è colpa
delle sue scarpe strane… larghe? strette? Comunque, inadatte. Come se stesse
prendendo un autobus e si accorgesse di essersi dimenticato i pantaloni. Spesso
rimango indietro a ciondolare. Lui si volta, mi fa un gesto. Lo raggiungo lentamente.
- - Ma che fai? Ti
rifermi?
La spiaggia appare ormai quasi vuota. Qualcuno è tornato a casa, qualcun altro è
risalito verso i punti ristoro in legno lungo la strada che costeggia la
spiaggia. Laggiù, un puntino nero lontano, poi il ricciolo della risacca. A
sinistra un tubo di metallo. Mi piace correre contro vento. Un tempo anche lui
l’amava.
Ora ci fermiamo; c’è solo il mare davanti a
noi. Una sottile linea azzurra con uno spumoso cuore bianco, che divide il
cielo dalla spiaggia. Quel puntino lontano ora sta entrando o uscendo
dall’acqua. Più vicino, il tubo di metallo ricurvo, il bracciolo della sdraio
scolorita. La mano che stringe il giornale piegato, poggiato sul ginocchio. Il
Papero si è addormentato e fermo sul suo povero trono vola chissà dove e chissà
quanto lontano. Anche io mi allungo all’ombra dell’ombrellone che lui ha
piazzato e cerco un po’ di fresco.
Mi guardo intorno e, da qui, intravedo colori
di asciugamani e parei a terra. Qualcuno si è messo accanto a noi. E poi, un altro
puntino nero nell’acqua, un ”vulcano” di
sabbia sulla riva. Non fuma, però; dorme anche il vulcano.
Ora il Papero si è svegliato, ma –io lo so- continua
a sognare leggendo un libro fitto di parole. Gli occhiali, con la montatura
rossa trasparente, risaltano sui capelli tagliati da poco e irrimediabilmente
ingrigiti. Le strisce della tela della sdraio si scontrano con quelle
altrettanto scolorite del suo asciugamano sulla sabbia, e quest’ultima si
confonde con la peluria delle sue braccia. Forse il Papero sta sorridendo perduto chissà dove e chissà
quanto lontano, mentre il mare è immobile. Io mi allungo. Comincio a avere
sete.
Quella montagna celestina sul mare, laggiù in
fondo, è la stessa dove Ulisse in cerca di cibo si ritrovò “con compagni imporcellati a desiderare la maga
ammaliatrice”. Me lo ha detto lui l’altra volta. Oggi non racconta niente. Sta
lì, immusonito. Non parla.
Dietro di noi rari bagnanti, qualche casa
rubata in barba al demanio, cartelloni di avvisi di balneazione non sorvegliata
e orme di uomini e gabbiani. La coppia sdraiata a prendere l’ultimo sole in
riva al mare tiene i loro funerei zainetti ritti a terra, vicini alla testa,
come pietre tombali. Lei, a pancia sotto, dea della terra a covare i semi della futura progenie, forse
guarda di soppiatto, mentre lui, naso all’aria, sembra concentrato a solcare
strade siderali.
Ora il Papero scrive sul suo taccuino nero;
il libro chiuso con la foto dell’autore in copertina sulle ginocchia, coperte
dal vecchio asciugamano come tardiva difesa ai raggi del sole ancora cocenti. Il mare pare sempre lo stesso. Forse
è dipinto. “Come una nave dipinta su un mare dipinto”- sempre lui me lo ha
detto, anzi l’ha letto. Bello.
Mmmm… forse non mi dispiacerebbe entrare in
acqua, ma lui oggi se la prende comoda, anche se è tardi.
Alla sua sinistra, la coppia funerea non c’è
più, altri hanno preso il loro posto. Un jogger
in maglietta scura si avvicina mentre un gruppo di giovani sguazza
spumeggiando, dandosi spintoni e nascondendo la testa sott’acqua. Le loro voci,
risate, tonfi e sfottò urlati contro il
mondo rimbalzano sulla nuca del Papero
scrivente. Il tubo metallico con la sua tela sbiadita li tiene lontani, cerchio
magico, muro trasparente. Ma il suo orecchio è vigile, pronto a cogliere il
silenzio.
Il jogger,
occhiali da sole, sguardo a terra, ventre prominente, passa affaticato davanti
al nostro ombrellone:
- ‘giorno!
- ‘giorno!
I
giovani bagnanti, ancora a spintonarsi stancamente, recuperano la riva. Una
donna dai capelli rossi sotto un ombrellone variopinto si scuote e si alza a
sedere. Si volta verso qui come se si sentisse osservata.
Penso che se potessi riderei, mentre sto con il muso spalmato sulla sacca di plastica,
perché non è lei che guardo. La sabbia appiccicata alla pelliccia comincia a
darmi prurito. E poi vorrei bere.
Bauuuuuuuuuuuuuuuuuuu!venerdì 2 gennaio 2015
KIKUO TAKANO e la poesia 'come un albero'
Kikuo Takano e la poesia ‘come un albero’
Paolo Lagazzi, uno dei traduttori di Kikuo Takano, afferma in una intervista[1] che la parola di Takano: “è radicata nelle cose: il mondo la abita e la percorre nelle sue forme, nei suoi doni, nella sua luce, nei suoi spazi. Ma, attraverso le cose, la parola di Takano aspira all’altrove, come un albero (...)”:
A TE (IV)[2] di Kikuo Takano
Mai ci siamo abbracciati, perché
eravamo per noi stessi un labirinto:
io non sapevo che fare accanto a te,
tu pure accanto a me eri smarrita
e non potevi andare avanti o indietro,
piangevi sommessa e io
ero più scontento di prima.
Da allora son passati dieci anni.
Resistendo a ogni cosa che passa
- al sogno, al tempo e all'ira - mi trovo
ancora dove mi son perso allora.
eravamo per noi stessi un labirinto:
io non sapevo che fare accanto a te,
tu pure accanto a me eri smarrita
e non potevi andare avanti o indietro,
piangevi sommessa e io
ero più scontento di prima.
Da allora son passati dieci anni.
Resistendo a ogni cosa che passa
- al sogno, al tempo e all'ira - mi trovo
ancora dove mi son perso allora.
( Si sa: voler bene succede o non succede. Qualche
volta, invece, sembra che sia così.)
E’ una poesia quella di Takano,
dunque, fortemente radicata nel quotidiano, ma struggente, capace di toccare emozioni e trattare temi
centrali dell'esistere nello stesso tempo. Espressa con una lingua naturale e
limpida, riesce a essere piena di tensione nella sua leggerezza.
In me[3]
In me c'è qualcosa di rotto.
Sono come l'orologio che si ferma
poco dopo averlo caricato,
come il piatto incrinato che non torna
nuovo se anche
lo incolli con cura.
In me c'è qualcosa di schiacciato.
Sono come il tubetto di dentifricio
quando nulla ne esce
se anche lo premi,
come la pallina da ping-pong ammaccata
che non può tenere più in gioco
nemmeno un buon giocatore.
Ci sono oggetti distrutti e schiacciati
dal principio, senza motivo, in me:
l'ombrello che non sta aperto, il violino
fuori uso e i sandali coi cinturini rotti,
il rubinetto intasato, il flauto
sfiatato, la lampada consumata.
Eppure non mi perdo di morale,
l'ira non mi trascina, né mi tormento
come una volta, anzi mi auguro
di potermi riempire
di quelle cose inutili,
restando distrutto e schiacciato,
in questo trovando il mio orgoglio.
Sono come l'orologio che si ferma
poco dopo averlo caricato,
come il piatto incrinato che non torna
nuovo se anche
lo incolli con cura.
In me c'è qualcosa di schiacciato.
Sono come il tubetto di dentifricio
quando nulla ne esce
se anche lo premi,
come la pallina da ping-pong ammaccata
che non può tenere più in gioco
nemmeno un buon giocatore.
Ci sono oggetti distrutti e schiacciati
dal principio, senza motivo, in me:
l'ombrello che non sta aperto, il violino
fuori uso e i sandali coi cinturini rotti,
il rubinetto intasato, il flauto
sfiatato, la lampada consumata.
Eppure non mi perdo di morale,
l'ira non mi trascina, né mi tormento
come una volta, anzi mi auguro
di potermi riempire
di quelle cose inutili,
restando distrutto e schiacciato,
in questo trovando il mio orgoglio.
Un misto di severità e
dolcezza, l’umiltà di perdersi tra le cose:
IL
VENTO E LA DUNA
In una notte bianca cerca il vento,
intenso, il concavo e il convesso
di una soffice duna, sognando
una carezza lieve in cui tentare
quello che ha perso.
La duna tormentata torce il suo corpo
e chiama la stella.
Nella notte bianca, abbracciando
l'arpa turbata, il vento rende un fresco
risveglio alla duna placata,
mutata di forma, come avesse
ricevuto la grazia di Dio
sotto il bagliore mattutino
In una notte bianca cerca il vento,
intenso, il concavo e il convesso
di una soffice duna, sognando
una carezza lieve in cui tentare
quello che ha perso.
La duna tormentata torce il suo corpo
e chiama la stella.
Nella notte bianca, abbracciando
l'arpa turbata, il vento rende un fresco
risveglio alla duna placata,
mutata di forma, come avesse
ricevuto la grazia di Dio
sotto il bagliore mattutino
Kikuo
Takano (1927- 2006) è stato un grande poeta del Novecento giapponese,
insegnante e matematico noto per le sue ricerche sul pi greco. Un costante intreccio
tra poesia e matematica percorre gran parte della sua vita e della carriera. I suoi
primi versi risalgono alla fine della seconda guerra mondiale, ma si laurea in
ingegneria e comincia
subito dopo a insegnare matematica.
Quando entra a far parte del
gruppo “Vou” nel 1950, le sue poesie sono
fortemente surrealiste. Ma ben presto si stacca dal gruppo le cui posizioni gli
appaiono troppo d’avanguardia. Pieno di dubbi rispetto alla propria produzione
poetica, abbandona per un po’ la poesia e si dedica allo studio di Heidegger e
Jaspers. Nel 1953, però, lo troviamo tra i poeti del gruppo “Arechi”. I suoi
nuovi componimenti vengono pubblicati in scelte antologiche del gruppo e più
tardi inseriti da lui nelle proprie raccolte, quali La trottola, L’esistenza, Tenebre come tenebre, e la Raccolta di poesie di Kikuo Takano, per
la maggior parte pubblicate da Shincõ - sha, la più importante casa editrice di
poesia moderna nel Giappone del dopoguerra. Negli anni successivi, Takano cura,
come critico, la trasmissione radiofonica “La letteratura e la poesia alla radio”,
presso la sede di Niigata della radio nazionale giapponese (NHK) e dal 1958 al
1962 fa parte di una commissione formata dal Ministero della pubblica
istruzione per curare la messa a punto di testi scolastici. Nei primi anni
sessanta collabora con il musicista Saburo Tarata alla realizzazione di opere
cantate che diverranno molto popolari in Giappone, ma nel frattempo continua a insegnare
matematica in un liceo e collabora come critico letterario in riviste importanti
quali “Shingaku” e “Gendai shi techo”. Continua anche nel decennio che segue a
collaborare con vari compositori,
scrivendo testi per composizioni corali e liederistiche, ma si rifiuta
di pubblicare poesia. Approfondisce intanto le sue ricerche in campo
matematico, e scopre le cosiddette “formule Takano”, utilizzate dai matematici.
Nel 1988, però, si ritira dall’insegnamento.
Anche se non ci sei[4]
Anche se non ci sei,
c’è una brocca rotta
sulla tua testa.
c’è una brocca rotta
sulla tua testa.
Anche se non ci sei,
i tuoi capelli emanano un profumo
di frutta
che viene da un paese sconosciuto.
i tuoi capelli emanano un profumo
di frutta
che viene da un paese sconosciuto.
Anche se non ci sei,
sempre il tuo volto
si specchia nei miei occhi
mentre guardo il vento,
supino, tra i giacinti.
sempre il tuo volto
si specchia nei miei occhi
mentre guardo il vento,
supino, tra i giacinti.
Tanto meglio se non c’è
nulla né di me né di te,
meglio ci sia qualcosa
fra noi due, un confine
nulla né di me né di te,
meglio ci sia qualcosa
fra noi due, un confine
da cui andrò e verrò
come un mendicante scaltro
e qualche volta
come un cane scarno
mordendo sia te che me stesso.
come un mendicante scaltro
e qualche volta
come un cane scarno
mordendo sia te che me stesso.
Poi, quando sarò stanco di tutto,
morirò colpito da soldato imbecille,
o morirò credendomi colpito.
morirò colpito da soldato imbecille,
o morirò credendomi colpito.
Anche se non ci sei,
in quel momento verrò
da dove sei.
in quel momento verrò
da dove sei.
Fu soltanto negli anni novanta del secolo scorso
che comincia a farsi conoscere in Italia: nel 1994, presenta a Roma con
successo i testi di Anima dell’acqua, suite
lirica musicata da Saburo Tarata e tradotta in italiano da Yasuko Matsumoto, e nel 1996 alcuni suoi testi, tradotti da
Yasuko Matsumoto e Massimo Giannotta,
sono pubblicati in Italia da
Empiria (L’anima dell’acqua). Nell
1998, presentato da Paolo Lagazzi , da Yasuko Matsumoto e da Massimo Giannotta,
il poeta incontra personalmente il pubblico italiano al Festival Moto Perpetuo di Pescocostanzo (L’Aquila). Era la prima
volta che Takano si allontava dal Giappone. L’anno dopo un’ampia scelta delle
sue opere , Secchio senza fondo, sarà pubblicata dalla Fondazione Piazzola,
a cura di Paolo Lagazzi e Yasuko
Matsumoto. Dal 2000 sempre in Italia incontra di nuovo il pubblico italiano in
diverse serate poetico-musicali, o in presentazioni presso l’Istituto
giapponese di cultura di Roma o in
diverse istituzioni. Nel 2002, durante un incontro dedicato alla poesia di
Takano: il Coro Polifonico SIAE, diretto
da Valerio Romano Teofani, esegue la suite L’anima dell’acqua di
Saburo Tarata nella versione italiana
dei testi di Takano realizzata da Yasuko Matsumoto.
A TE (1)
Al mio risveglio
anche questa mattina mi trovo
come se mi andassi un po' consumando.
Durante il sonno non sarà forse che,
mutato in macaone invisibile,
sia andato pian piano volteggiando?
Volo consumandomi,
mutandomi in masso, in graminacee, in cigno
in rampone rugginoso,
in grondaia.
Lo crederesti? A ogni risveglio
mi trovo trasformato realmente
in un altro impensabile.
Sono cambiato, ormai irriconoscibile
dopo che ci siamo lasciati.
Opere di Kikuo Takano:
·
Toward
Meaning: Poems of Kikuo Takano, P.S., A Press, Middletown Springs, VT, 2004
·
In the
High Sky - Selected Poems (Italian), Mondadori, 2003,
(isabnic2015)
[2] Kikuo
Takano, da Scarsità d'amore, 1961 -
Trad. Yakuto Matsumoto e Paolo Lagazzi.
[3] Kikuo
Takano, L’infiammata assenza, 2005,
Edizioni del Leone a cura di Matsumoto Y. ; da http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-106089?f=a:3762
[4] Kikuo
Takano, da Nel cielo alto, Poesie scelte a cura di P. Lagazzi e Y.
Matsumoto, Mondadori, pp. 92-93. Su
Iscriviti a:
Post (Atom)