lunedì 19 gennaio 2015

WALTER LOWENFELS O LA POESIA COME LIBERTA’ di isabnic


WALTER LOWENFELS O LA POESIA COME LIBERTA’

(Scrivo di Lowenfels perché ho trovato da qualche parte citata una sua frase Un lettore è un miracolo, due un movimento di massa e questo me l’ha fatto sentire molto vicino. J Poi ho cominciato a leggiucchiare qua e là per sapere chi fosse e cosa aveva scritto. Ecco gli appunti e qualche verso tradotto.)
Un personaggio di quelli straordinari, Walter Lowenfels. Uno che – si dice- credeva nell’amicizia e nei giovani ed  era sempre pronto a incoraggiare i nuovi scrittori. In un suo editoriale sul Daily Worker,  intitolato La Mafia della Poesia Bianca,  prese di mira la potente e indiscussa pagina delle recensioni letterarie del  NewYorkTimes. Li accusava di non recensire e pubblicare i nuovi scrittori neri che allora si cominciavano a conoscere grazie - e soprattutto-  alla  Dudley Randall’s Broadside Press di Detroit.
Lowenfels era nato  nel 1897 e morì nel 1976. Poeta e giornalista, era membro del partito comunista statunitense. Aveva cominciato a scrivere poesia dopo il suo servizio militare durante la prima Guerra Mondiale e grazie all'aiuto finanziario di Lillian Apotheker –la donna che nel 1926 diventò sua moglie e con la quale visse tutta la vita, collaboratrice e compagna di lotte -  curò molte antologie di poesia e poté pubblicare Episodes&Epistles, la sua prima raccolta poetica. Era il rampollo di una ricca famiglia di manifatturieri del burro e aveva cominciato a lavorare nell’azienda paterna, in considerazione dei risultati piuttosto deludenti a scuola. Tuttavia, ben presto, decise di abbandonare quella vita protetta e privilegiata per fuggire con gli altri espatriati  in Europa. A Parigi frequenta T.S. Eliot, Ford Maddox Ford e Henry Miller e nel 1930, insieme all’amico Michael Fraenkel, fonda la casa editrice Carrefour Press, che divenne subito conosciuta grazie alla pubblicazione del  pamphlet  Anonymous: The Need for Anonymity (Anonimo: la necessità dell’Anonimato). Era un manifesto, una dichiarazione in cui si esplicitava la necessità di pubblicare anonimamente le opere al fine di  “evitare la  competizione  artistica e l’alienazione” ("avoid artistic competition and alienation"). Insomma, attraverso i loro scritti gli autori della Carrefour Press cercavano di vivificare la cultura del mondo occidentale ormai in declino e il movimento per l’Anonimato delle Opere d’Arte durò almeno un decennio.
Si racconta che Lowenfels e Fraenkel avessero dato avvio al loro progetto della Carrefour Press, pur nella totale mancanza di fondi, tanto da dover rinunciare a pubblicare  autori da loro tanto apprezzati, quali  Scott Fitzgerald e Samuel Beckett. La reazione di quest’ultimo, che durante l’incontro con i due amici continuava a stare in perfetto silenzio dopo aver ascoltato la presentazione entusiastica dei loro progetti e  delle loro idee artistiche, pare  che provocò nel povero Lowenfels deluso da tanto distacco una reazione violenta. Urlò, infatti, addosso a Beckett: - Stai seduto lì senza dire niente mentre il mondo va a rotoli. Cosa vuoi? Che vuoi fare? ("You sit there saying nothing while the world is going to pieces. What do you want? What do you want to do?").  Beckett – si dice- accavallò le gambe e rispose: -Walter, tutto ciò che voglio davvero fare è star seduto sul culo e scoreggiare e ricordare Dante.  ("Walter, all I want to do is sit on my ass and fart and think of Dante"). (sic!)
Nel 1931, Lowenfels ottiene il premio di Poesia Richard Aldington insieme a  e.e. cummings. Continua a scrivere e pubblicare poesie, oltre che a curare le raccolte poetiche di altri  artisti, ma  la nascita e lo sviluppo del Nazismo e del Fascismo, poi, cominciano a diventare una realtà sempre più inquietante, tanto che nel 1934 decide di tornare negli USA. Riprende a lavorare per il padre, e racconterà  a proposito della sua vita di poeta-manifatturiero in una lettera a Henri Miller: “Faccio il burro (butter) dalle nove alle cinque e poi mi trasformo in una farfalla (butterfly) e continuo a lavorare scrivendo poesie” ( "I butter from nine to five and then I change into a butterfly and go ahead with poems”).
Nel 1938 pubblica Steel 1937 in memoria dei 18 operai metallurgici uccisi durante uno sciopero in quell’anno. Smette di scrivere versi per almeno diciassette anni e si trasferisce a Philadelphia, in Pennsylvania, dove si occupa soprattutto di Diritti Civili e lotte operaie. Lì comincia a scrivere per l’edizione locale del Daily Worker, interessandosi soprattutto della questione Afro-Americana, ma anche sostenendo gli scioperi dei minatori e lavorando a favore del quarto mandato presidenziale di Franklin D. Roosevelt. Alterna la professione di giornalista con quella di piazzista, ma la famiglia Lowenfels (genitori più quattro figlie) sopravviverà  soprattutto grazie allo stipendio da insegnante della  moglie Lillian.
Comincia nel frattempo a essere indagato dalla FBI e accusato di attività sovversive e propaganda contro il governo (“conspiring to teach and advocate the overthrow of the government by force and violence”).
In The Poetry of My Politics, Volume 2 di My Many Lives, la sua autobiografia del 1968, si chiede come sia possibile per un poeta “usare la lingua contemporanea per esprimere le emozioni dell’oggi” e sollecita la ricerca di una “parola pulita, nuova, scientifica, inserita nel tessuto del testo poetico in modo così semplice che il lettore non avverta null’ altro che il ritmo, il pulsare del contemporaneo”:

Provo a irrompere dentro a questa lingua per giungere
alle polveriere,
ai compressori Cooper-Bessemer,
alle pellicole magnetiche,
senza la fascia di rame che trattiene la mia speranza
dall’ esplodere fuori dalla macchina da scrivere,
dalla scrivania, dalla finestra, attraverso i pini, giù lungo
il fiume Little Egg Harbor, attraverso
la faglia Continentale…
                    
(Da Ogni poesia è una poesia d’amore (“Every Poem Is A Love Poem”) in The Portable Walter a cura di Robert Gover, International Publishers, 1968)

Aveva anche curato un’ antologia di versi di Walt Whitman, ma, forse, le sue raccolte più famose furono Where is Vietnam, una sorta di “reazione poetica” alla guerra del Vietnam, e  Sonnets of Love and Liberty, pubblicata nel 1955, i cui ultimi sonetti furono composti durante il processo a suo carico per attività sovversive. L’intera raccolta dei sonetti fu da lui dedicata “alla Pace, la più bella prigioniera dei nostri giorni”.
Nel 1951 in seguito a un attacco cardiaco aveva lasciato la città per vivere con la moglie in una casetta in campagna nel New Jersey. Fu proprio lì che venne arrestato dalla FBI alle due di notte del 29 luglio del 1953. "Eight men pointing revolvers converged on my typewriter as if it were a machine-gun emplacement" (Otto uomini con le pistole spianate corsero verso la mia macchina da scrivere come se fosse  una postazione di mitraglia) – scrisse più tardi ricordando quell’irruzione. La casa fu perquisita  e lui accusato di cospirare al rovesciamento del governo americano e di violazione dello Smith Act. Decise insieme agli altri accusati del processo di difendersi continuando a scrivere poesia. Cominciò a tradurre poesia francese e italiana. Fu anche un modo per sopravvivere alle false testimonianze contro di lui, alla segregazione nel reparto di massima sicurezza del carcere di Philadelfia  dove era detenuto. Condannato in prima istanza, fu poi l’anno dopo scarcerato per mancanza di prove. Curò e scrisse su Dialog, una pubblicazione pacifista di quegli anni,  e insieme a altri scrittori  rifiutò di pagare le tasse come atto di protesta contro la guerra.
Lowenfels morì  nel 1976 a  Tarrytown, New York; la moglie Lillian era morta appena un anno prima.
 “For Lillian”, da Some Deaths:

                    Prendiamo un bulldozer,
       spianiamo ogni strada dove abbiamo vissuto.
           Ricominciamo come se nulla fosse stato
                    come se fosse il primo giorno
                 del nostro incontro e tu eri zoppa
                         ma non ci feci mai caso
                      perché eri così tanto tu….

·         Per ascoltare alcune poesie o interventi dalla viva voce di Lowenfels: http://writing.upenn.edu/pennsound/x/Lowenfels.php
·         I suoi scritti sono conservati presso la Olin Library, nel Washington University Library System, e presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’università di Yale.

 (isabnic2015)





ISTITUZIONE DELLA GIORNATA DELLA MEMORIA E DELL'ACCOGLIENZA (aggiornamento sulla Petizione del Comitato 3 0ttobre)



AGGIORNAMENTO SULLA PETIZIONE
Importanti novità

Comitato 3 ottobre
Italia
19 gen 2015 — Con riferimento alla proposta di legge per l'istituzione della Giornata della Memoria e dell'Accoglienza, presentata alla Camera dei Deputati a febbraio 2014, primi firmatari gli Onorevoli Beni, Chaouki e Realacci, si è concluso l’iter di discussione in Commissione Affari Costituzionali, che ha licenziato il testo il 17 dicembre scorso, dopo averlo emendato all’art. 2. In particolare, la modifica introdotta in Commissione prevede che tutte le istituzioni, locali e nazionali, sono tenute ad organizzare iniziative per sensibilizzare i giovani sui temi dell’accoglienza e dell’immigrazione. 
La proposta di legge ha ricevuto tra novembre e dicembre il parere favorevole della Commissione Affari Sociali, della Commissione Cultura, scienza e istruzione e della Commissione Bilancio, tesoro e programmazione. La proposta di legge verrà discussa in aula nei prossimi mesi. 

Grazie per essere ancora con noi

Condividi  Twitter  E-mail


LE MATITE DI BANSKY (2014)







"Il faut continuer à combattre et à  espérer, malgré tout!"  (Isabella Vincenti)

lunedì 12 gennaio 2015

CI GUARDANO E CI ASCOLTANO di isabnic





CI GUARDANO E CI ASCOLTANO

Eh, sì. Sembra un papero quando arranca sulla sabbia. Bianchiccio, impacciato, un po’ depresso. Guarda a terra, forse è colpa delle sue scarpe strane… larghe? strette? Comunque, inadatte. Come se stesse prendendo un autobus e si accorgesse di essersi dimenticato i pantaloni. Spesso rimango indietro a ciondolare. Lui si volta, mi fa un gesto.  Lo raggiungo lentamente.
-         -  Ma che fai? Ti rifermi?
La spiaggia appare ormai quasi vuota.  Qualcuno è tornato a casa, qualcun altro è risalito verso i punti ristoro in legno lungo la strada che costeggia la spiaggia. Laggiù, un puntino nero lontano, poi il ricciolo della risacca. A sinistra un tubo di metallo. Mi piace correre contro vento. Un tempo anche lui l’amava.
Ora ci fermiamo; c’è solo il mare davanti a noi. Una sottile linea azzurra con uno spumoso cuore bianco, che divide il cielo dalla spiaggia. Quel puntino lontano ora sta entrando o uscendo dall’acqua. Più vicino, il tubo di metallo ricurvo, il bracciolo della sdraio scolorita. La mano che stringe il giornale piegato, poggiato sul ginocchio. Il Papero si è addormentato e fermo sul suo povero trono vola chissà dove e chissà quanto lontano. Anche io mi allungo all’ombra dell’ombrellone che lui ha piazzato e cerco un po’ di fresco.
Mi guardo intorno e, da qui, intravedo colori di asciugamani e parei a terra. Qualcuno si è messo accanto a noi. E poi, un altro puntino nero nell’acqua,  un ”vulcano” di sabbia sulla riva. Non fuma, però; dorme anche il vulcano.
Ora il Papero si è svegliato, ma –io lo so- continua a sognare leggendo un libro fitto di parole. Gli occhiali, con la montatura rossa trasparente, risaltano sui capelli tagliati da poco e irrimediabilmente ingrigiti. Le strisce della tela della sdraio si scontrano con quelle altrettanto scolorite del suo asciugamano sulla sabbia, e quest’ultima si confonde con la peluria delle sue braccia. Forse il Papero sta  sorridendo perduto chissà dove e chissà quanto lontano, mentre il mare è immobile. Io mi allungo. Comincio a avere sete.
Quella montagna celestina sul mare, laggiù in fondo, è la stessa dove Ulisse in cerca di cibo si ritrovò “con compagni imporcellati a desiderare la maga ammaliatrice”. Me lo ha detto lui l’altra volta. Oggi non racconta niente. Sta lì, immusonito. Non parla.
Dietro di noi rari bagnanti, qualche casa rubata in barba al demanio, cartelloni di avvisi di balneazione non sorvegliata e orme di uomini e gabbiani. La coppia sdraiata a prendere l’ultimo sole in riva al mare tiene i loro funerei zainetti ritti a terra, vicini alla testa, come pietre tombali. Lei, a pancia sotto, dea della terra  a covare i semi della futura progenie, forse guarda di soppiatto, mentre lui, naso all’aria, sembra concentrato a solcare strade siderali.  
Ora il Papero scrive sul suo taccuino nero; il libro chiuso con la foto dell’autore in copertina sulle ginocchia, coperte dal vecchio asciugamano come tardiva difesa ai raggi del sole ancora  cocenti. Il mare pare sempre lo stesso. Forse è dipinto. “Come una nave dipinta su un mare dipinto”- sempre lui me lo ha detto, anzi l’ha letto. Bello.
Mmmm… forse non mi dispiacerebbe entrare in acqua, ma lui oggi se la prende comoda, anche se è tardi.
Alla sua sinistra, la coppia funerea non c’è più, altri hanno preso il loro posto. Un jogger in maglietta scura si avvicina mentre un gruppo di giovani sguazza spumeggiando, dandosi spintoni e nascondendo la testa sott’acqua. Le loro voci, risate,  tonfi e sfottò urlati contro il mondo rimbalzano sulla nuca del  Papero scrivente. Il tubo metallico con la sua tela sbiadita li tiene lontani, cerchio magico, muro trasparente. Ma il suo orecchio è vigile, pronto a cogliere il silenzio.
Il jogger, occhiali da sole, sguardo a terra, ventre prominente, passa affaticato davanti al nostro ombrellone:
 - ‘giorno!
- ‘giorno!
 I giovani bagnanti, ancora a spintonarsi stancamente, recuperano la riva. Una donna dai capelli rossi sotto un ombrellone variopinto si scuote e si alza a sedere. Si volta verso qui come se si sentisse osservata.
Penso che se potessi riderei, mentre sto con  il muso spalmato sulla sacca di plastica, perché non è lei che guardo. La sabbia appiccicata alla pelliccia comincia a darmi prurito. E poi vorrei bere.
Bauuuuuuuuuuuuuuuuuuu!

(isabnic2015- da una bozza del 2007)

venerdì 2 gennaio 2015

KIKUO TAKANO e la poesia 'come un albero'

Kikuo Takano e la poesia ‘come un albero’


Paolo Lagazzi, uno dei traduttori di Kikuo Takano, afferma in una intervista[1] che la parola di Takano: “è radicata nelle cose: il mondo la abita e la percorre nelle sue forme, nei suoi doni, nella sua luce, nei suoi spazi. Ma, attraverso le cose, la parola di Takano aspira all’altrove, come un albero (...)”:

A TE (IV)[2] di Kikuo Takano

Mai ci siamo abbracciati, perché
eravamo per noi stessi un labirinto:
io non sapevo che fare accanto a te,
tu pure accanto a me eri smarrita
e non potevi andare avanti o indietro, 
piangevi sommessa e io
ero più scontento di prima.
Da allora son passati dieci anni.
Resistendo a ogni cosa che passa
- al sogno, al tempo e all'ira - mi trovo
ancora dove mi son perso allora.

( Si sa: voler bene succede o non succede. Qualche volta, invece,  sembra che sia così.)

 E’ una poesia quella di Takano, dunque, fortemente radicata nel quotidiano, ma struggente,  capace di toccare emozioni e  trattare temi centrali dell'esistere nello stesso tempo. Espressa con una lingua naturale e limpida, riesce a essere piena di tensione nella sua leggerezza.

In me[3]

In me c'è qualcosa di rotto.
Sono come l'orologio che si ferma
poco dopo averlo caricato,
come il piatto incrinato che non torna
nuovo se anche
lo incolli con cura.
In me c'è qualcosa di schiacciato.
Sono come il tubetto di dentifricio
quando nulla ne esce
se anche lo premi,
come la pallina da ping-pong ammaccata
che non può tenere più in gioco
nemmeno un buon giocatore.
Ci sono oggetti distrutti e schiacciati
dal principio, senza motivo, in me:
l'ombrello che non sta aperto, il violino
fuori uso e i sandali coi cinturini rotti,
il rubinetto intasato, il flauto
sfiatato, la lampada consumata.
Eppure non mi perdo di morale,
l'ira non mi trascina, né mi tormento
come una volta, anzi mi auguro
di potermi riempire
di quelle cose inutili,
restando distrutto e schiacciato,
in questo trovando il mio orgoglio.
                
Un misto di severità e dolcezza, l’umiltà di perdersi tra le cose:

 IL VENTO E LA DUNA
In una notte bianca cerca il vento,
intenso, il concavo e il convesso
di una soffice duna, sognando
una carezza lieve in cui tentare
quello che ha perso.
La duna tormentata torce il suo corpo
e chiama la stella.


Nella notte bianca, abbracciando
l'arpa turbata, il vento rende un fresco
risveglio alla duna placata,
mutata di forma, come avesse
ricevuto la grazia di Dio
sotto il bagliore mattutino

 Kikuo Takano (1927- 2006) è stato un grande poeta del Novecento giapponese, insegnante e matematico noto per le sue ricerche sul pi greco. Un costante intreccio tra poesia e matematica percorre gran parte della sua vita e della carriera. I suoi primi versi risalgono alla fine della seconda guerra mondiale, ma si laurea in ingegneria e comincia subito dopo a insegnare matematica.
Quando entra a far parte del gruppo “Vou” nel 1950, le sue poesie  sono fortemente surrealiste. Ma ben presto si stacca dal gruppo le cui posizioni gli appaiono troppo d’avanguardia. Pieno di dubbi rispetto alla propria produzione poetica, abbandona per un po’ la poesia e si dedica allo studio di Heidegger e Jaspers. Nel 1953, però, lo troviamo tra i poeti del gruppo “Arechi”. I suoi nuovi componimenti vengono pubblicati in scelte antologiche del gruppo e più tardi inseriti da lui nelle proprie raccolte, quali La trottola, L’esistenza, Tenebre come tenebre, e la Raccolta di poesie di Kikuo Takano, per la maggior parte pubblicate da Shincõ - sha, la più importante casa editrice di poesia moderna nel Giappone del dopoguerra. Negli anni successivi, Takano cura, come critico, la trasmissione radiofonica  “La letteratura e la poesia alla radio”, presso la sede di Niigata della radio nazionale giapponese (NHK) e dal 1958 al 1962 fa parte di una commissione formata dal Ministero della pubblica istruzione per curare la messa a punto di testi scolastici. Nei primi anni sessanta collabora con il musicista Saburo Tarata alla realizzazione di opere cantate che diverranno molto popolari in Giappone, ma nel frattempo continua a insegnare matematica in un liceo e collabora come critico letterario in riviste importanti quali “Shingaku” e “Gendai shi techo”. Continua anche nel decennio che segue a collaborare con vari compositori,  scrivendo testi per composizioni corali e liederistiche, ma si rifiuta di pubblicare poesia. Approfondisce intanto le sue ricerche in campo matematico, e scopre le cosiddette “formule Takano”, utilizzate dai matematici. Nel 1988, però, si ritira dall’insegnamento.
Anche se non ci sei[4]
Anche se non ci sei,
c’è una brocca rotta
sulla tua testa.
Anche se non ci sei,
i tuoi capelli emanano un profumo
di frutta
che viene da un paese sconosciuto.
Anche se non ci sei,
sempre il tuo volto
si specchia nei miei occhi
mentre guardo il vento,
supino, tra i giacinti.
Tanto meglio se non c’è
nulla né di me né di te,
meglio ci sia qualcosa
fra noi due, un confine
da cui andrò e verrò
come un mendicante scaltro
e qualche volta
come un cane scarno
mordendo sia te che me stesso.
Poi, quando sarò stanco di tutto,
morirò colpito da soldato imbecille,
o morirò credendomi colpito.
Anche se non ci sei,
in quel momento verrò
da dove sei.

 Fu soltanto negli anni novanta del secolo scorso che comincia a farsi conoscere in Italia: nel 1994, presenta a Roma con successo i testi di Anima dell’acqua, suite lirica musicata da Saburo Tarata e tradotta in italiano da Yasuko Matsumoto,   e nel 1996 alcuni suoi testi, tradotti da Yasuko Matsumoto e Massimo Giannotta,  sono pubblicati  in Italia da Empiria (L’anima dell’acqua).  Nell 1998, presentato da Paolo Lagazzi , da Yasuko Matsumoto e da Massimo Giannotta, il poeta incontra personalmente il pubblico italiano al Festival Moto Perpetuo di Pescocostanzo (L’Aquila). Era la prima volta che Takano si allontava dal Giappone. L’anno dopo un’ampia scelta delle sue opere , Secchio senza fondo, sarà pubblicata dalla Fondazione Piazzola, a cura  di Paolo Lagazzi e Yasuko Matsumoto. Dal 2000 sempre in Italia  incontra di nuovo il pubblico italiano in diverse serate poetico-musicali, o in presentazioni presso l’Istituto giapponese di cultura di Roma  o in diverse istituzioni. Nel 2002, durante un incontro dedicato alla poesia di Takano: il Coro Polifonico SIAE, diretto  da Valerio Romano Teofani, esegue la suite L’anima dell’acqua di Saburo Tarata nella  versione italiana dei testi di Takano realizzata da Yasuko Matsumoto.

A TE (1)

Al mio risveglio
anche questa mattina mi trovo
come se mi andassi un po' consumando.
Durante il sonno non sarà forse che,
mutato in macaone invisibile,
sia andato pian piano volteggiando?

Volo consumandomi,
mutandomi in masso, in graminacee, in cigno
in rampone rugginoso,
in grondaia.

Lo crederesti? A ogni risveglio
mi trovo trasformato realmente
in un altro impensabile.
Sono cambiato, ormai irriconoscibile
dopo che ci siamo lasciati
.


Opere di Kikuo Takano:

·         Secchio senza fondo, Ed. Fondazione Piazzolla, 1999, Roma
·         Toward Meaning: Poems of Kikuo Takano, P.S., A Press, Middletown Springs, VT, 2004
·         In the High Sky - Selected Poems (Italian), Mondadori, 2003, 

(isabnic2015)

[2] Kikuo Takano, da Scarsità d'amore, 1961 - Trad. Yakuto Matsumoto e Paolo Lagazzi.
[3] Kikuo Takano, L’infiammata assenza, 2005, Edizioni del Leone a cura di Matsumoto Y. ; da http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-106089?f=a:3762
[4] Kikuo Takano, da Nel cielo alto,  Poesie scelte a cura di P. Lagazzi e Y. Matsumoto, Mondadori, pp. 92-93. Su