Le lenzuola le agognava da ore, eccole,
accoglienti, la nausea a dissolversi nel sonno, il piacere finalmente, quello
vero, il solo, la quiete. La mattina seguente aveva lezione, chimica organica,
ore 10, ma rimase a dormire e si risvegliò a sera tarda.
“Hei Rask, vieni con me per una volta, dai!”.
Eccola di nuovo..”Uhm, grazie, Linda, ci penso..” . Bene , bravo, vai così,
fregala con la carta dell'esitante, ottima mossa. Ma poi tra sé, “Forse è la
volta buona, potrei provare, magari..”. Nooo, Rask, dannazione no, quando
imparerai? Messaggio inviato a Linda, vecchia amica d'infanzia: “Va bene per
stasera, ci sto”. Fottuto.
Al manifestarsi dello squillo prestabilito -Linda
era perciò sotto casa sua, ad attenderlo al volante- Rask dovette rinunciare al
sogno cui stava prendendo parte; dovette rinunciare anche alla doccia: era
piombato nel sonno a tradimento, sottolineando il libro di fisica sdraiato
prono sul letto. I capelli sporchi e il quoziente intellettivo ampiamente
fiaccato dal sopore, si sarebbe presentato in condizioni ancora inferiori alla
media. “Dio mio..”. Iniziò a lavarsi alla bell'e meglio, con lo specchio bieco
di fronte a restituirgli le occhiaie scolpite. Secondo squillo: doveva
scendere, di corsa.
Unghie rosse lucenti sul volante e motore acceso,
Linda lo salutò, sfolgorante della nuova capigliatura biondo oro. “Ma da
quando..?”. “Da ieri, Rask, come stai? Ero stanca del solito arancio, ed ecco
qua! Questa è Dalia..”. I capelli castani di Linda -i suoi capelli, quelli
veri- Rask non li vedeva in giro da anni, da quando lei si era messa a
frequentare quegli esoterici club underground. Anche Dalia, del resto -”Ciao,
sono Rask”, “Eh??”, “Rask, sì”: intervento premuroso di Linda- poteva vantare
un caschetto nero corvino che pareva realizzato in ossidiana. Acciambellato sui
sedili posteriori -doveva resistere al sonno, era un ordine, doveva..- Rask si
trovò a carpire stralci istruttivi di scambio dialogico da gineceo: “Davvero un
bel biondo, sai, un giorno magari mi decido anche io..è proprio il biondo di
Vilma Von Pulp, io la amo quella pin-up, ma che stile..Quanto hai sborsato dal
parrucchiere? Hai anche tagliato? La frangia è perfetta..”. “Ritocco alla
frangetta e colore: 110 tutto, ma son bravi. Dici che è come la Von Pulp? Ma tu
stai bene mora!”. La cifra articolata non poteva essere reale. Ma dove
trovavano tutti quei soldi da macerare, Dio mio? Un insulto al mondo. Non
avrebbe mai potuto essere una donna, questo è certo. Per buona sorte..
“Annoiamo Rask, così! Dai, pensiamo a bere
qualcosa prima di arrivare!”. Perciò eccoli a sorbire alcool, irrilevante in
che forma, da bicchierini irrisori in offerta. Naturalmente Dalia era una dj,
campava di elettronica e apparizioni scenografiche, con tanto di immagini video
psichedeliche alle spalle, da poco promossa dal lunedi al giovedì sera. “Dovete
assolutamente venire, il mio progetto propone anche videoarte,
sperimentazione..dovete venire. Ogni giovedì. Ché poi c'è aperitivo
compreso..”. Aperitivi? Rask ne aveva abbastanza. Ma poi...”videoarte”? Improbabile.
“Progetto”? Far muovere culi, nulla più. Quanta pienezza di sé, quanto
gonfiore. Articolò perciò: “Uh interessante, che bello. Un giovedì, magari..”.
Secondo giro di bicchierini, l'addome si gonfia, dilata sinapsi, deforma i
“progetti” a gonfiori incombenti. “..perciò sono riuscita a contattare dj
Maram, incredibile, e se mi dice bene lo faccio suonare con me, dovete venire”.
Eccola, la formula sacra cristallizzata del venditore d'eventi odierni; da
ripetere tra labbra silenti sfiorando sferette di rosario legnoso. Sopraggiunto
un quarto partecipante -un tizio con baffi e pantaloni singolarmente aderenti,
bassista di un gruppo folk ..”il gruppo migliore della città”, aveva recitato
Linda- si era iniziato a parlare di musica; non in senso tecnico, intendiamoci,
qui si trattava di discutere di locali, date disponibili, nomi di
organizzatori, nomi di gruppi, nomi di agenti, nomi di “progetti” imperdibili
davvero. Tutta onomastica sconosciuta per il Rask. Si sentì rimpicciolire,
perdere di massa e di peso ad un tempo, poi fondersi liscio da metallo in
fucina, sentendosi cullare da quei nomi a cantilena. Si stava assopendo, le
palpebre che fondono..”E tu invece?”. D'un tratto ritornò in sé. Fusione
interrotta. Ma Dio mio, mossa inattesa: l'avevano interpellato. “Tu invece che
fai?”. I due baffi lo fissavano con aria interrogativa, perciò minacciosa.
“Io..io..” -lo sforzo disumano di riacquistare massa e gravità connessa, il
tormento pietoso di aprire la palpebra e renderla viva- “sarei un chimico..sai,
nulla di che..studio, io, sto indietro con gli esami”. Era indietro di un
esame, per la verità; uno solo, che bisogno c'era di puntualizzarlo? E poi,
perché mai quel condizionale? Lui era un chimico, a tutti gli effetti;
probabilmente lo era sempre stato. Lui conosceva la struttura cristallina dei
minerali, sapeva riconoscere i composti chimici elencati nelle etichette INCI
dei prodotti di consumo, era in grado -eccola- di manipolare gli elementi e
farli ubbidire alle sue direttive. “Chimica?!? See? Ci avevo 2, al liceo. Ma ti
dicevo di quel batterista, Linda..”. Da sprofondare nel nulla. Da lasciarsi
andare docili, di nuovo, alla fusione.
Ma socchiuse le palpebre, ecco il fiotto di
disgusto. La nausea forte, la pelle forse verde, l'ininterrotto sfondo di nomi
a cantilena. “Giuliano Bromidi, ce l'hai presente? Suonava con Beatrice Gelido,
quella alta, che poi l'ha fregati e si è messa coi Degender ...il gruppo di
Milo De Gerbida, bassista Dario Gelibili...ché poi s'è messo con Giulia Midoro,
no? Assurdo, alla serata di Romina Giullambo, pare. Marino Bollugi Dorina
Magelle Germano Bramidagi Gemma De Barmegiani Giada Mebogini Degia Lobragiudo
Dogi Brigiodali Giolido Bargimiduo Mediligio Bromuro di...”. Bromuro? La testa
vorticante, le tempie, il pentimento. In parte resposabili il terzo e quarto
giro.
Quinto giro di bicchierini, poi si andò: era la
prassi. Ad accoglierli all'ingresso del locale, l'elenco biblico dei nomi
consacrati: Linda aveva chiesto esplicitamente di introdurre anche Rask, “un
mio amico”, ma il suo nome non figurava nella “lista” -quello il tecnicismo- e
furono costretti a steccarsi un ingresso. Benché la vista gli si fosse
appannata da tempo e il sopore lo schiacciasse, vincente, da ore, Rask si rese
conto di essere attorniato, e si sentì meglio. Corpi ovunque, in movimento,
stipati saltellanti entro lo spazio stretto. Una calca diversa da quella cui
aveva avuto modo di abituarsi: niente masse ossessive ondeggianti di ritmo a
martello, niente sguardi agonizzanti da emme di che fluttua in corpo, niente
sguaiato bivacco su fanga, con rantolo annesso di cane di rito. Lì tutto era
predisposto con cura: le sedie, i divani, i tavolini e i cocktail a colori;
l'area fumatori e i quadrati regolari delle camicie a quadretti, ubique. Le
donne con i tacchi, il trucco approfondito. La stessa Linda, a esaminarla
attentamente, non era che giustapposizione di particolari impeccabili: il
rossetto rosso e la linea nera, dritta, sulla palpebra, la collana e gli
orecchini in armonia con la stoffa della gonna a vita alta, le calze di pizzo
strappate ad arte, la borsetta di cuoio a richiamare le scarpe. Per non parlare
di Dalia, e del musicista folk. Gli uomini non erano infatti da meno, a partire
dai due dj in consolle, dai quali Linda, secondo norma, fece partire il suo giro
rituale di saluti: taglio anni Sessanta e fazzoletto retro, Rask sentì
l'impulso di strapparsi di dosso il felpone. Complice il caldo, la ressa, il
sudore, ma avvampò di vergogna per la maglietta nera, tinta unita. Perlomeno la
magrezza pareva essere di moda: si lasciò andare alla musica -eh, non male-
senza far più caso ai suoi arti sottili. Linda proseguiva imperterrita tra
saluti reiterati e rapidi abbracci a mezz'aria;
lui seguiva silente -il folk non aveva più osato rivolgergli la parola-
solo e tuttavia abbandonato dolcemente a quel rock, a tratti post-punk, a
tratti brit-pop. L'hard-core era un'altra storia, ma si percepì piacevolmente
cullato. Le ragazze erano belle, sfolgoranti quasi tutte -bionde, rosse- più
magre che mai e ondeggianti di alcool in circolo; provò ad avvicinarsi a un
paio che gli ballavano accanto, e fu allontanato. Ma bevve ancora -maledisse i
prezzi ufficiali da bancone- e fu quasi – uh, impossibile!- sereno.
(Emilio Smunti,2011)
-CONTINUA-
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