"Io l'ho letta così"
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mercoledì 1 aprile 2020
lunedì 30 marzo 2020
UNA GENERAZIONE FORTUNATA di Ghisi Grutter, a cura di Isabnic
“UNA
GENERAZIONE FORTUNATA” di Ghisi Grutter,
ed. TIMIA 2020
www.timiaedizioni.it
www.timiaedizioni.it
Conosco
Ghisi da molto tempo e quando un anno fa mi ha parlato del suo progetto, cioè pubblicare
un’ autobiografia, mi sono subito detta: “Ecco fatto! Ci siamo invecchiate!” e
ho pensato a un lungo elenco di rimpianti, perdite, nostalgia di un periodo irripetibile
e così via, ma avrei dovuto capirlo dal titolo scelto già dalle prime stesure –
“Una generazione fortunata”- che si trattava di qualcos’altro e che le memorie
di questa ragazza perbene ma insofferente alle costrizioni, quasi una metafora
dei cambiamenti del nostro paese, ci venivano offerte per riflettere su un
tempo condiviso, quello di noi nati intorno agli anni cinquanta.
Gli appunti
che Ghisi ha preso negli anni e che ora ha deciso di articolare, montare come
uno dei tanti film visti con ritmo quasi quotidiano, sono sequenze,
digressioni, aneddoti raccontati con lo stesso tono divertente, ironico e
auto-ironico delle sue lunghe telefonate o delle chiacchiere a fine cena. Una
‘raccontatrice’ nata, anche grazie alla sua bella voce.
Non c’è mai noia nel leggere le pagine
dedicate ai suoi ricordi familiari e alle prime ribellioni, allo sviluppo delle
sue passioni – architettura, cinema, musica, ai suoi amori, alle
difficoltà di una giovane donna in un
mondo ancora molto maschile. Oppure, ai racconti degli spostamenti in treno da
una parte all’altra del paese, tra seminari, conferenze, inviti in isole ancora
poco frequentate, belle case e cene prelibate, in una bulimia di incontri e
progetti, mentre i tempi e le relazioni personali stavano cambiando. Sfide
degli anni ottanta, tentativi di normalità in quelli seguenti. C’è sempre,
comunque, un guizzo, una battuta, una capriola che sembra capovolgere quello
che fino ad allora ci era sembrato il punto della situazione.
Avventure e disavventure mirabolanti- almeno
per una stanziale incallita come me- raccontati con toni che mi hanno fatto
ricordare Moll Flanders, l’eroina di De Foe, a cui tutto accade. Tutto ruota
intorno a lei, incontri, abbandoni, nuove passioni e nuove sfide che, con un
misto di curiosità, ambizione, spirito di competizione e concretezza, lei riesce
a governare, perfino confessando la propria fragilità, fino a una sorta di
pacificazione e accettazione della vita come è.
Qualche
volta di Moll Flanders il lettore dubita della veridicità delle sue avventure,
che in realtà dovrebbero essere – per scelta dello scrittore una sorta di
confessione per ottenere il perdono divino e per essere di ammonimento per gli
altri. “Una generazione fortunata” di Ghisi Grutter non vuole essere una confessione,
ma è un racconto personale, a volte
sorprendente. Certo, viene da chiedersi: ma come avrà fatto a fare tutte quelle
cose? Ma sarà davvero andata in quel modo?
Come dice
l’Autrice: “ Io -questa storia- l’ho vissuta così!”
Ghisi Grutter,
UNA GENERAZIONE FORTUNATA (2020)
www.timiaedizioni.it
e book euro 7,oo
edizione cartacea euro18,00
Ghisi Grutter,
UNA GENERAZIONE FORTUNATA (2020)
www.timiaedizioni.it
e book euro 7,oo
edizione cartacea euro18,00
domenica 29 aprile 2018
FILOSOFIA IN GIARDINO di Damon Young (2012)
Uff, mi si è rotto anche il Kobo! Si rompe tutto in questo
periodo! A dire il vero, anch’io mi sento a pezzi. J
Insomma, quello che volevo dire è che, mentre tento di
ripristinare app, di leggere e capire istruzioni, consultare aiuti vari on line
in attesa di comprarlo (il Kobo, l’e-reader), ho passato giorni a piangere la
perdita, forse irreparabile, di quei quaranta, cinquanta libri che avevo
scaricato, molti letti, qualcuno ancora non finito e altri- pochi- da iniziare.
Tutti amati.
Meno male che un giorno mi sono accorta della pila di libri
(cartacei) interrotti o abbandonati, o tra “le prossime letture” che stazionano
sul comodino accanto al letto.
Ieri ho finito di leggere le ultime pagine di uno di quelli.
Un autentico gioiellino, e riprenderlo ha voluto dire anche scorrerlo daccapo
dall’inizio, soffermarmi sulle parti che avevo sottolineato, rileggere la
prefazione dell’autore. Con grande piacere e curiosità.
L’idea del libro è quello di esplorare lo stretto rapporto
tra alcuni autori e i loro” giardini”, amati o perfino odiati, spazi naturali veri
e propri, giardini solitari, piante in vaso e così via, di quanto, insomma, il verde,
“la natura umanizzata”, delimitata e trasformata dagli esseri umani, abbia
contribuito al loro modo di pensare o sia stato fonte di consolazione,
ispirazione, meditazione e energia. Possiamo allora scoprire quanto la mancanza
di un giardino limitasse la produttività della Austen, o ritrovare l’amore
proustiano dei dettagli nella cura che lo scrittore prestava a un bonsai, o capire
il processo di crescita-decadenza e morte all’ombra di un grande albero come
Nietzsche, e ancora quale “verde” ci fu nella vita di Colette, di George Orwell
o Jean-Paul Sartre. Il giardino, dunque,
come “antidoto contro la distrazione” e quanto mai utile per noi oggi.
E Damon Young, filosofo e scrittore australiano, che
collabora con giornali, radio e televisioni, ce lo racconta in modo piacevole e
originale, con una prosa scorrevole, ma mai banale. Ottima la “bibliografia da
sfogliare” in fondo al volume, piena di spunti e suggerimenti.
Anche l’edizione italiana è gradevole e curata. Da segnalare.
(isabnic2018)
Damon Young, Filososofia in giardino, iacobellieditore,
2015; traduzione di Marina Vitale.
domenica 8 aprile 2018
CHARLES BAUDELAIRE PROSATORE
LA FANFARLO’
di Ch.Baudelaire
Trad e nota
introduttiva di Anita Tatone Marino
Einaudi,
1980
A proposito di Baudelaire prosatore, Roberto Calasso, nel
suo La Folie Baudelaire(2008), ci
dice che era impossibile per il grande poeta tessere delle storie, poiché riusciva
soprattutto a descrivere situazioni eterne senza lo scioglimento finale, quasi quadri
statici e ipnotici alla maniera di De Quincey. Infatti, la composizione di un
vero e proprio romanzo – spesso promessa all’amata madre e sempre rimandata-
non si realizzerà mai e le molte pagine in prosa che lascerà saranno soprattutto
diari, abbozzi, acuti articoli di osservazioni critiche sugli artisti del tempo
e le loro opere in mostra ai Salons e alcune poesie in prosa. Come Italo Calvino suggerisce -nel retro copertina del
volume 61 della storica collezione Centopagine Einaudi da lui diretta- dopo attenta analisi saremo tutti portati a
“concludere che il vero romanzo baudelairiano resta Les fleurs du mal.”
Eppure già a ventisei
anni l’Autore aveva scritto un testo narrativo intitolato La Fanfarlò (1847), ben strutturato e articolato e con un
protagonista -in parte autoritratto ironico di Baudelaire stesso- che sarà il
capostipite dei dandy estetizzanti europei di fine ottocento.
Samuel Cramer è il nome del giovane dandy- poeta che aiuta a
risolvere, suo malgrado, una crisi coniugale facendo la corte alla ballerina
Fanfarlò. In lei e nel suo mondo troverà
inoltre quello che lo aiuterà a superare la falsa immagine che ha di sé stesso.
Nella nota introduttiva al testo della traduttrice Anita
Tatone Marino, viene messo a fuoco quanto Baudelaire amasse delineare i
ritratti dei personaggi (vedi nello Spleen
de Paris o nel Mon cœur mis ẚ
nu). Considerava questa pratica una vera arte, in apparenza modesta
ma che richiedeva secondo lui una sottile intelligenza. Se inizialmente il
ritratto del dandy Samuel Cramer è statico, il narratore offre poi al lettore
spunti continui perché del personaggio si colga la duplice natura di uomo
d’azione e di belle intenzioni, pigro e intraprendente, ingenuo e brillante,
sempre in lotta tra sogno e realtà. Un ipocrita commediante che sottolinea la
sua diversità di artista ombroso e sofferente.
Deciso a riconquistare per noia un vecchio amore, madame de
Cosmelly, ora sposata, ma tradita e abbandonata dal marito, Samuel Cramer si
presta a diventarne il confidente e si offre di aiutarla nell’impresa di
riportare il consorte a casa, in cambio (forse?) delle sue attenzioni. Il piano
è quello di soppiantare monsieur de Cosmelly nel cuore della sua amante, la
ballerina Fanfarlò.
Fin dalla prima apparizione, la Fanfarlò si mostra come un
oggetto d’arte, capace di stimolare l’immaginazione più contorta del
dandy-poeta. Viene ritratta mentre danza a teatro, tra movenze allusive,
sguardi furtivi, costumi fruscianti, profumi, orecchini vistosi e belletto; una
scena quasi da sogno che è un trionfo di linee, colori e suono in una fusione
che suscita puro piacere. Molto artificiosa, molto baudleriana. E il
coinvolgimento emotivo, inaspettato e alimentato dall’atmosfera seducente dell’artificio,
trasformerà in breve Samuel Cramer da seduttore a sedotto.
Ѐ un testo curioso. Da leggere, anche se non all’altezza delle
altre opere dell’Autore. Il vero Baudelaire prosatore, scrive ancora Calvino,
avrà un altro nome: Edgar Allan Poe, che da lui mutuerà i principi compositivi,
ovvero l’effetto benefico della costrizione della brevità del racconto contro i
pericoli della libertà del romanzo.
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sabato 25 febbraio 2017
"La scuola cattolica" di Edoardo Albinati (isabnic2017)
Caro Dott. Albinati,
Ho letto quasi metà del suo libro. Mi mancano ancora più di diciassette ore per finirlo - così mi comunica inesorabilmente il mio kobo, ma devo confessare che non riesco ad accelerare il ritmo di lettura e che sto cominciando anche ad innervosirmi un po'. Le sue opinioni sulla famiglia, sulla borghesia ed ora sull'artista... e chissà quante altre...
E pensare che dopo le prime pagine mi ero così innamorata di quello che stavo leggendo sul mio fedele e-reader che ne ho subito voluto regalare una copia (cartacea) al mio sposo (anche lui maturo (di un decennio almeno più di Lei) ex studente di un'altra famosa scuola cattolica della capitale e vittima consapevole. Devo confessare che alla vista del volume e del suo ingombro ho avuto qualche esitazione, ma la certezza che le sue pagine sarebbero state sicuramente apprezzate da mio marito mi ha spinto a concludere l'acquisto e di fargliene dono.
Va bene, ci sono nel frattempo tante altre storie di compagni di classe, ritratti indimenticabili di insegnanti, racconti di mattinate a scuola e pomeriggi con gli amici, pagine illuminanti sull'educazione sentimentale dei giovani del tempo, confessioni e apologhi sull'ossessione primaria del maschio, riflessioni divertenti e condivisibili sul matrimonio, una costruzione da docu-fiction dell'efferato Delitto di Cronaca esemplare e orribile. Delitto di cui si parlerà, si racconterà, e che Lei "condividerà" con noi. Ce lo sta promettendo dalle prime pagine e noi lettori aspettiamo che mantenga la promessa, non tanto per il gusto di una dose di efferatezza in più alla nostra dieta quotidiana, ma certi che qualcosa di definitivo ci sarà comunicato sul nostro approccio umano alla violenza e al sesso.
Certo, è bravissimo a scrivere, a tenerci lì per pagine e pagine, ma che fine ha fatto Arbus, il compagno di scuola geniale delle prime trenta pagine? Come ha potuto creare un personaggio di quel tipo e poi rifiutarcelo? Sarà che mi sembra quasi di averlo incontrato davvero nella mia vita e di non averlo -allora quand'ero troppo giovane- tenuto in considerazione come persona di cui innamorarsi, e di aver capito soltanto dopo, quando il mio Arbus non c'era più, che probabilmente ne ero stata da sempre innamorata. Insomma, continuerò a leggere il suo libro, coscienziosa come al solito. In attesa che Arbus ricompaia...
Con grande stima,
isabnic
PS Vita e opinioni, e quel modo di parlare ogni tanto direttamente al lettore... non sarà mica un po' shandyano?
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