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lunedì 30 marzo 2020

UNA GENERAZIONE FORTUNATA di Ghisi Grutter, a cura di Isabnic


“UNA GENERAZIONE FORTUNATA” di Ghisi Grutter,
 ed. TIMIA 2020
www.timiaedizioni.it 

Conosco Ghisi da molto tempo e quando un anno fa mi ha parlato del suo progetto, cioè pubblicare un’ autobiografia, mi sono subito detta: “Ecco fatto! Ci siamo invecchiate!” e ho pensato a un lungo elenco di rimpianti, perdite, nostalgia di un periodo irripetibile e così via, ma avrei dovuto capirlo dal titolo scelto già dalle prime stesure – “Una generazione fortunata”- che si trattava di qualcos’altro e che le memorie di questa ragazza perbene ma insofferente alle costrizioni, quasi una metafora dei cambiamenti del nostro paese, ci venivano offerte per riflettere su un tempo condiviso, quello di noi nati intorno agli anni cinquanta.

Gli appunti che Ghisi ha preso negli anni e che ora ha deciso di articolare, montare come uno dei tanti film visti con ritmo quasi quotidiano, sono sequenze, digressioni, aneddoti raccontati con lo stesso tono divertente, ironico e auto-ironico delle sue lunghe telefonate o delle chiacchiere a fine cena. Una ‘raccontatrice’ nata, anche grazie alla sua bella voce.

Non c’è mai noia nel leggere le pagine dedicate ai suoi ricordi familiari e alle prime ribellioni, allo sviluppo delle sue passioni – architettura, cinema, musica, ai suoi amori, alle difficoltà  di una giovane donna in un mondo ancora molto maschile. Oppure, ai racconti degli spostamenti in treno da una parte all’altra del paese, tra seminari, conferenze, inviti in isole ancora poco frequentate, belle case e cene prelibate, in una bulimia di incontri e progetti, mentre i tempi e le relazioni personali stavano cambiando. Sfide degli anni ottanta, tentativi di normalità in quelli seguenti. C’è sempre, comunque, un guizzo, una battuta, una capriola che sembra capovolgere quello che fino ad allora ci era sembrato il punto della situazione.

 Avventure e disavventure mirabolanti- almeno per una stanziale incallita come me- raccontati con toni che mi hanno fatto ricordare Moll Flanders, l’eroina di De Foe, a cui tutto accade. Tutto ruota intorno a lei, incontri, abbandoni, nuove passioni e nuove sfide che, con un misto di curiosità, ambizione, spirito di competizione e concretezza, lei riesce a governare, perfino confessando la propria fragilità, fino a una sorta di pacificazione e accettazione della vita come è.

Qualche volta di Moll Flanders il lettore dubita della veridicità delle sue avventure, che in realtà dovrebbero essere – per scelta dello scrittore una sorta di confessione per ottenere il perdono divino e per essere di ammonimento per gli altri. “Una generazione fortunata” di Ghisi Grutter non vuole essere una confessione, ma è un racconto  personale, a volte sorprendente. Certo, viene da chiedersi: ma come avrà fatto a fare tutte quelle cose? Ma sarà davvero andata in quel modo?
Come dice l’Autrice: “ Io -questa storia- l’ho vissuta così!”

Ghisi Grutter,
UNA GENERAZIONE FORTUNATA (2020)

www.timiaedizioni.it
e book  euro 7,oo   
edizione cartacea euro18,00

domenica 29 aprile 2018

FILOSOFIA IN GIARDINO di Damon Young (2012)


Uff, mi si è rotto anche il Kobo! Si rompe tutto in questo periodo! A dire il vero, anch’io mi sento a pezzi. J
Insomma, quello che volevo dire è che, mentre tento di ripristinare app, di leggere e capire istruzioni, consultare aiuti vari on line in attesa di comprarlo (il Kobo, l’e-reader), ho passato giorni a piangere la perdita, forse irreparabile, di quei quaranta, cinquanta libri che avevo scaricato, molti letti, qualcuno ancora non finito e altri- pochi- da iniziare. Tutti amati.
Meno male che un giorno mi sono accorta della pila di libri (cartacei) interrotti o abbandonati, o tra “le prossime letture” che stazionano sul comodino accanto al letto.
Ieri ho finito di leggere le ultime pagine di uno di quelli. Un autentico gioiellino, e riprenderlo ha voluto dire anche scorrerlo daccapo dall’inizio, soffermarmi sulle parti che avevo sottolineato, rileggere la prefazione dell’autore. Con grande piacere e curiosità.
L’idea del libro è quello di esplorare lo stretto rapporto tra alcuni autori e i loro” giardini”, amati o perfino odiati, spazi naturali veri e propri, giardini solitari, piante in vaso e così via, di quanto, insomma, il verde, “la natura umanizzata”, delimitata e trasformata dagli esseri umani, abbia contribuito al loro modo di pensare o sia stato fonte di consolazione, ispirazione, meditazione e energia. Possiamo allora scoprire quanto la mancanza di un giardino limitasse la produttività della Austen, o ritrovare l’amore proustiano dei dettagli nella cura che lo scrittore prestava a un bonsai, o capire il processo di crescita-decadenza e morte all’ombra di un grande albero come Nietzsche, e ancora quale “verde” ci fu nella vita di Colette, di George Orwell o Jean-Paul Sartre.  Il giardino, dunque, come “antidoto contro la distrazione” e quanto mai utile per noi oggi.
E Damon Young, filosofo e scrittore australiano, che collabora con giornali, radio e televisioni, ce lo racconta in modo piacevole e originale, con una prosa scorrevole, ma mai banale. Ottima la “bibliografia da sfogliare” in fondo al volume, piena di spunti e suggerimenti.
Anche l’edizione italiana è gradevole e curata. Da segnalare.
(isabnic2018)

Damon Young,  Filososofia in giardino, iacobellieditore, 2015; traduzione di Marina Vitale.

domenica 8 aprile 2018

CHARLES BAUDELAIRE PROSATORE



LA FANFARLO’ di Ch.Baudelaire
Trad e nota introduttiva di Anita Tatone Marino
Einaudi, 1980

A proposito di Baudelaire prosatore, Roberto Calasso, nel suo La Folie Baudelaire(2008), ci dice che era impossibile per il grande poeta tessere delle storie, poiché riusciva soprattutto a descrivere situazioni eterne senza lo scioglimento finale, quasi quadri statici e ipnotici alla maniera di De Quincey. Infatti, la composizione di un vero e proprio romanzo – spesso promessa all’amata madre e sempre rimandata- non si realizzerà mai e le molte pagine in prosa che lascerà saranno soprattutto diari, abbozzi, acuti articoli di osservazioni critiche sugli artisti del tempo e le loro opere in mostra ai Salons e alcune poesie in prosa. Come  Italo Calvino suggerisce -nel retro copertina del volume 61 della storica collezione Centopagine Einaudi da lui diretta-  dopo attenta analisi saremo tutti portati a “concludere che il vero romanzo baudelairiano resta Les fleurs du mal.
 Eppure già a ventisei anni l’Autore aveva scritto un testo narrativo intitolato La Fanfarlò (1847), ben strutturato e articolato e con un protagonista -in parte autoritratto ironico di Baudelaire stesso- che sarà il capostipite dei dandy estetizzanti europei di fine ottocento.
Samuel Cramer è il nome del giovane dandy- poeta che aiuta a risolvere, suo malgrado, una crisi coniugale facendo la corte alla ballerina Fanfarlò.  In lei e nel suo mondo troverà inoltre quello che lo aiuterà a superare la falsa immagine che ha di sé stesso.
Nella nota introduttiva al testo della traduttrice Anita Tatone Marino, viene messo a fuoco quanto Baudelaire amasse delineare i ritratti dei personaggi (vedi nello Spleen de Paris o nel Mon cœur mis ẚ nu). Considerava questa pratica una vera arte, in apparenza modesta ma che richiedeva secondo lui una sottile intelligenza. Se inizialmente il ritratto del dandy Samuel Cramer è statico, il narratore offre poi al lettore spunti continui perché del personaggio si colga la duplice natura di uomo d’azione e di belle intenzioni, pigro e intraprendente, ingenuo e brillante, sempre in lotta tra sogno e realtà. Un ipocrita commediante che sottolinea la sua diversità di artista ombroso e sofferente.
Deciso a riconquistare per noia un vecchio amore, madame de Cosmelly, ora sposata, ma tradita e abbandonata dal marito, Samuel Cramer si presta a diventarne il confidente e si offre di aiutarla nell’impresa di riportare il consorte a casa, in cambio (forse?) delle sue attenzioni. Il piano è quello di soppiantare monsieur de Cosmelly nel cuore della sua amante, la ballerina Fanfarlò.
Fin dalla prima apparizione, la Fanfarlò si mostra come un oggetto d’arte, capace di stimolare l’immaginazione più contorta del dandy-poeta. Viene ritratta mentre danza a teatro, tra movenze allusive, sguardi furtivi, costumi fruscianti, profumi, orecchini vistosi e belletto; una scena quasi da sogno che è un trionfo di linee, colori e suono in una fusione che suscita puro piacere. Molto artificiosa, molto baudleriana. E il coinvolgimento emotivo, inaspettato e alimentato dall’atmosfera seducente dell’artificio, trasformerà in breve Samuel Cramer da seduttore a sedotto.
Ѐ un testo curioso. Da leggere, anche se non all’altezza delle altre opere dell’Autore. Il vero Baudelaire prosatore, scrive ancora Calvino, avrà un altro nome: Edgar Allan Poe, che da lui mutuerà i principi compositivi, ovvero l’effetto benefico della costrizione della brevità del racconto contro i pericoli della libertà del romanzo.



sabato 25 febbraio 2017

"La scuola cattolica" di Edoardo Albinati (isabnic2017)

Caro Dott. Albinati,

Ho letto quasi  metà  del suo libro. Mi mancano ancora più di diciassette ore per finirlo - così mi comunica  inesorabilmente il mio kobo, ma devo confessare che non riesco ad accelerare il ritmo di lettura e che sto cominciando anche ad innervosirmi un po'. Le sue opinioni sulla famiglia, sulla borghesia ed ora sull'artista... e chissà quante altre...
E pensare che dopo le prime pagine mi ero così innamorata di quello che stavo leggendo sul mio fedele e-reader che ne ho subito voluto regalare una copia (cartacea) al mio sposo (anche lui  maturo (di un decennio almeno più di Lei) ex studente di un'altra famosa scuola cattolica della capitale e vittima consapevole. Devo confessare che alla vista del volume e del suo ingombro ho avuto qualche esitazione, ma la certezza che le sue pagine sarebbero state sicuramente apprezzate da mio marito mi ha spinto a concludere l'acquisto e di fargliene dono.
Va bene, ci sono nel frattempo tante altre storie di compagni di classe, ritratti indimenticabili di insegnanti, racconti di mattinate a scuola e pomeriggi con gli amici, pagine illuminanti sull'educazione sentimentale dei giovani del tempo, confessioni e apologhi sull'ossessione primaria del maschio, riflessioni divertenti e condivisibili sul matrimonio, una costruzione da docu-fiction dell'efferato Delitto di Cronaca esemplare e orribile.  Delitto di cui si parlerà, si racconterà,  e che Lei "condividerà" con noi. Ce lo sta promettendo dalle prime pagine e noi lettori aspettiamo che mantenga la promessa, non tanto per il gusto di una dose di efferatezza in più alla nostra dieta quotidiana, ma certi che qualcosa di definitivo ci sarà comunicato sul nostro approccio umano alla violenza e al sesso.
Certo, è bravissimo a scrivere, a tenerci lì per pagine e pagine, ma che fine ha fatto Arbus, il compagno di scuola geniale delle prime trenta pagine? Come ha potuto creare un personaggio di quel tipo e poi rifiutarcelo? Sarà che mi sembra quasi di averlo incontrato davvero nella mia vita e di non averlo -allora quand'ero troppo giovane- tenuto in considerazione come persona di cui innamorarsi, e di aver capito soltanto dopo, quando il mio Arbus non c'era più, che probabilmente ne ero stata da sempre innamorata. Insomma, continuerò a leggere il suo libro, coscienziosa come al solito. In attesa che Arbus ricompaia...

Con grande stima,
isabnic

PS  Vita e opinioni, e quel modo di parlare ogni tanto direttamente al lettore... non sarà mica un po' shandyano?