Lev Tolstoj, LA MORTE DI IVAN IL’IC, Tre morti e altri
racconti,
trad. di Tommaso Landolfi; a cura di Idolina Landolfi
ADELPHI EDIZIONI, 2021
Sono soddisfatta del mio acquisto! ho finalmente rimpiazzato la
vecchia copia, andata ormai perduta, de “La morte di di Ivan Il’ic”. Rileggerlo
è sempre un’emozione e “Tre morti” e gli altri inediti sono interessanti per apprezzare
ancora di più la preziosa traduzione di T. Landolfi.
“… in quasi ogni suo scritto (Tolstoj) ci colpisce al
cuore; ci lascia, è vero, senza consolazioni e come vuoti (indice di una forza,
eppure anche d’una debolezza), ma da quella stessa disperazione, da quel
lavacro ciascuno potrà trarre nuova energia per procedere ovvero per tracciarsi
daccapo la propria via, meglio ancora se diversa dalla sua.” (dalla Nota al
Testo di Idolina Landolfi). Proprio così. Ancora una volta il racconto mi ha
colpito profondamente, anzi di più, complice l’età non più giovane della
lettrice e l’atmosfera mortifera di questo tempo di pandemia.
Perché già durante
la lettura percepiamo la perfezione di questo racconto? E alla fine abbiamo la certezza che il
cerchio della narrazione si è chiuso?
Provo a riflettere sul testo.
La Prima Scena, che corrisponde al primo capitolo, è quasi cinematografica e presenta l’ambiente di lavoro di Ivan Il'ic, protagonista che incontreremo soltanto in seguito. Questo l’incipit: “Nel grande edificio del palazzo di giustizia, durante
la sospensione dell’udienza del processo…” i giudici incaricati si riposano
conversando, a parte uno di loro che, silenzioso, scorre i titoli del giornale
appena arrivato. All’improvviso, quest’ultimo dice a gran voce: “Ivan Il'ic è
morto!” Iniziale incredulità di tutti, lettura ad alta voce del necrologio e
commenti. Chi era Ivan Il'ic? Era un loro collega, assente negli ultimi tempi
perché malato. Il primo pensiero di tutti è “come poteva influire quella morte
sui trasferimenti o promozioni di loro o dei loro amici.” Segue l’intrecciarsi
di pensieri individuali su eventuali promozioni e lo scambio di informazioni e
sentito dire sulla malattia dell’ex collega. Nessun sentimento di perdita,
nessun rimpianto. Anzi un cinico distacco: “la morte stessa d’un prossimo
conoscente richiamava, in quanti ne erano informati, come sempre un senso di
soddisfazione che fosse toccata a lui e non a loro. […] ‘Lui è morto, mentre io
sono vivo’ pensava o sentiva ciascuno”, oltre al fastidio che provano al
pensiero delle prossime incombenze legate all’evento o degli obblighi di viver
civile, come le visite alla famiglia e il funerale.
Uno dei giudici, Petr
Ivanovic decide di andare subito dopo pranzo.
Nel giro di due pagine il
racconto è avviato, la situazione ci è chiara.
La Seconda Scena , ovvero il secondo capitolo, è anch'essa cinematografica ma con movimenti di macchina vari. Velocissima la descrizione dell’arrivo del giudice Petr Ivanovic a casa di Ivan Il'ic, resa da una serie di frasi brevi. L'intera Scena Seconda è narrata dal punto di vista di Petr Ivanovic: “Davanti all’ingresso […] stavano una carrozza e due vetture di piazza”, nel vestibolo c’è la bara aperta e addobbata, due dame appena arrivate e un collega che sta scendendo dalle scale e si ferma per aspettarlo. Ora l’attenzione si volge al volto solenne del collega in contrasto con il suo carattere gioviale: con “le labbra …severamente serrate e lo sguardo gaio” indica a Petr Ivanovic “con un movimento delle sopracciglia la camera ardente, a destra.” Non una parola, data la situazione, ma quel linguaggio del corpo del collega rinforza l’idea che a morire son sempre gli altri e rimanda alla soddisfazione citata nel paragrafo di chiusura della prima scena.
Terza Scena: la
narrazione procede attraverso l’uso dei sensi. Il punto di vista è ancora
quello di Petr Ivanovic. Nella camera ardente, Petr I. non sa bene come
comportarsi: segnarsi? inginocchiarsi? Sceglie una via di mezzo, e con il suo
comportamento e i suoi pensieri, già ha messo in crisi la solennità della
scena. Osserva la scena: tra le persone presenti c’è chi è immobile, chi
sussurra, chi legge ad alta voce e il servitore -cosi affettuoso con il padrone
in vita!- sparge qualcosa sul pavimento. Petr I. avverte “un lieve lezzo di
cadavere in decomposizione”. Si ferma e comincia ad osservare il morto che “…giaceva,
come sempre giacciono i morti”, insomma è uguale a tutti gli altri. Dimagrito
rispetto all’ultima volta che si erano incontrati, ha un’espressione di monito per
chi rimane e al tempo stesso di pacificazione personale. Colpito da quel monito
e a disagio, Petr I. si genuflette un’ultima volta e si avvia all’uscita.
Lo sta aspettando il collega, a gambe larghe,
mani dietro la schiena mentre giocherella con il cappello. La sua vista lo
risolleva. Pare dirgli che non era cambiato nulla per loro e tutto poteva
continuare come prima e, infatti, lo invita a mezza voce a giocare a carte da
un amico comune la sera stessa. Anche la chiusa della scena minimizza e
ridicolizza l’evento della morte di Ivan Il'ic. Ma la scena ha una svolta:
arriva la vedova in gramaglie e li invita a rimanere per il servizio funebre
che sarebbe iniziato a minuti. Anzi la vedova si avvicina e lo prende per il
braccio e gli dice: “…so che eravate un sincero amico di Ivan Il'ic.” Le stringe la
mano e si commuovono tutti e due. La vedova gli chiede di seguirla altrove per
parlagli. Ultimo sguardo deluso tra Petr e il collega. Sospira e la donna gli
stringe ancora più il braccio. Entrano in una stanza; lei si siede su un divano
e lui su uno strapuntino con le molle fuori posto (la morte degli altri crea
sempre disagio!). La signora vorrebbe avvertirlo di non sedersi lì ma le sembra
poco consono al momento.
Segue la scena ridicola
dello scialle di lei impigliato e di lui che tenta di alzarsi per aiutare la
signora e lo strapuntino si sbilancia; la signora rifiuta il suo aiuto e fa da
sé e l’altro si risiede pesantemente. La pantomima si ripete un paio di volte (il
momento è solenne ma il mondo dei vivi è mediocre, si fanno cose che fanno
ridere); Petr ripensa a quando il morto si era consigliato con lui per la
tappezzeria di quel divano (pensieri/ricordi mediocri che ricordano quelli del
joyceano Leopold Bloom al funerale). Infine, lei si mette a piangere. L’incontro
è interrotto da un sottoposto per le pratiche della tumulazione, lei si scusa
in francese e gli permette di fumare. La donna intanto tratta sui prezzi, alla fine
si avvicina e pronta offre un portacenere a Petr. Sta per piangere di nuovo ma
gli dice che deve dirgli qualcosa: comincia a narrare le sofferenze del malato
mentre Petr continua a lottare con le molle dello strapuntino. -Ѐ stato lucido
fino alla fine ma urlava da disperato per il dolore- racconta la donna. Petr,
“malgrado la sgradevole coscienza dell’ipocrisia propria e della donna”, rimane
turbato e spaventato da questo racconto. Teme di poter fare la stessa fine, ma
si sforza di chiedere particolari come se la morte fosse affare solo di Ivan
Il'ic. Riesce a sapere delle sofferenze dell’uomo, ma solo attraverso il
racconto di quanto tali sofferenze avessero scosso i nervi della donna. Dopo di
che la donna svela il motivo dell’invito. Vuole informazioni da lui su come
ottenere soldi dal fisco per la morte del marito, fingendo di chiedere consigli
sulla pensione di cui già sa tutto. L’uomo depreca il governo e le sue misure
ma le dice che non gli viene in mente nulla da consigliarle. Lei si agita per
porre fine alla visita; lui capisce, spenge la sigaretta e esce.
Nella camera da pranzo, trova
in attesa la figlia di Ivan Il'ic: ha un’aria cupa quasi irata; oltre a lei ci
sono il prete, altri conoscenti, il fidanzato della ragazza e alla fine compare
il figlio collegiale di Il'ic. Petr entra nella camera ardente e rimane in piedi
a guardarsi le scarpe. Ѐ fra i primi a uscire. Mentre il servo gli consegna la
pelliccia gli chiede: “Ti dispiace, eh?” ma l’altro, con la franchezza e
semplicità sconosciuta al giudice e al suo mondo risponde: “Ѐ volontà di Dio.
Ci toccherà a tutti” e preso dal suo lavoro, apre la porta, chiama il cocchiere
e aiuta Petr I, a salire, pensando a quanto ancora deve fare in casa. L’altro
appena salito respira di sollievo e si fa accompagnare a casa degli amici a
giocare a carte.
Insomma, la morte di qualcuno è una noia per
gli altri o al massimo qualcosa di naturale che fa parte della vita.
Da qui in poi, il racconto torna indietro nel tempo e l’ultima parte ci racconterà qualcos’altro: ovvero di Ivan Il'ic e dei suoi ultimi giorni. In queste pagine lo conosceremo meglio dei suoi colleghi, della moglie, dei figli e del servitore stesso che ha vissuto con lui e lo ha aiutato. Sapremo del suo passato, ci verranno confessati i pensieri, la paura, l’angoscia e il terrore di un uomo solo davanti alla morte, fino al suo trapasso pacificante. E scopriremo qualcos’altro degli altri e di noi stessi.
Finalmente Ivan Il'ic entra in scena! Ma, insomma, chi era costui? Quanto sarebbe stato sbagliato mettere
questa parte all’inizio! il racconto sarebbe imploso. Invece, il lettore a
questo punto è incuriosito. Vuole sapere chi davvero sia stato il morto, come
mai nessuno sente mancanza o dolore per la sua scomparsa. E qui mi fermo; anche
se il finale è già noto, seguiranno pagine indimenticabili.
Buona lettura o
rilettura!
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