sabato 22 maggio 2021

Lev Tolstoj, LA MORTE DI IVAN ILIC di Gogo

Lev Tolstoj, LA MORTE DI IVAN IL’IC, Tre morti e altri racconti,

trad. di Tommaso Landolfi; a cura di Idolina Landolfi

ADELPHI EDIZIONI, 2021

 

Sono soddisfatta del mio acquisto! ho finalmente rimpiazzato la vecchia copia, andata ormai perduta, de “La morte di di Ivan Il’ic”. Rileggerlo è sempre un’emozione e “Tre morti” e gli altri inediti sono interessanti per apprezzare ancora di più la preziosa traduzione di T. Landolfi.

 

“… in quasi ogni suo scritto (Tolstoj) ci colpisce al cuore; ci lascia, è vero, senza consolazioni e come vuoti (indice di una forza, eppure anche d’una debolezza), ma da quella stessa disperazione, da quel lavacro ciascuno potrà trarre nuova energia per procedere ovvero per tracciarsi daccapo la propria via, meglio ancora se diversa dalla sua.” (dalla Nota al Testo di Idolina Landolfi). Proprio così. Ancora una volta il racconto mi ha colpito profondamente, anzi di più, complice l’età non più giovane della lettrice e l’atmosfera mortifera di questo tempo di pandemia.

 Perché già durante la lettura percepiamo la perfezione di questo racconto?  E alla fine abbiamo la certezza che il cerchio della narrazione si è chiuso?

Provo a riflettere sul testo.

La Prima Scena, che corrisponde al primo capitolo, è quasi cinematografica e presenta l’ambiente di lavoro di Ivan Il'ic, protagonista che incontreremo soltanto in seguito. Questo l’incipit: “Nel grande edificio del palazzo di giustizia, durante la sospensione dell’udienza del processo…” i giudici incaricati si riposano conversando, a parte uno di loro che, silenzioso, scorre i titoli del giornale appena arrivato. All’improvviso, quest’ultimo dice a gran voce: “Ivan Il'ic è morto!” Iniziale incredulità di tutti, lettura ad alta voce del necrologio e commenti. Chi era Ivan Il'ic? Era un loro collega, assente negli ultimi tempi perché malato. Il primo pensiero di tutti è “come poteva influire quella morte sui trasferimenti o promozioni di loro o dei loro amici.” Segue l’intrecciarsi di pensieri individuali su eventuali promozioni e lo scambio di informazioni e sentito dire sulla malattia dell’ex collega. Nessun sentimento di perdita, nessun rimpianto. Anzi un cinico distacco: “la morte stessa d’un prossimo conoscente richiamava, in quanti ne erano informati, come sempre un senso di soddisfazione che fosse toccata a lui e non a loro. […] ‘Lui è morto, mentre io sono vivo’ pensava o sentiva ciascuno”, oltre al fastidio che provano al pensiero delle prossime incombenze legate all’evento o degli obblighi di viver civile, come le visite alla famiglia e il funerale.

Uno dei giudici, Petr Ivanovic decide di andare subito dopo pranzo.

Nel giro di due pagine il racconto è avviato, la situazione ci è chiara.

 La Seconda Scena , ovvero il secondo capitolo, è anch'essa cinematografica ma con movimenti di macchina vari. Velocissima la descrizione dell’arrivo del giudice Petr Ivanovic a casa di Ivan Il'ic, resa da una serie di frasi brevi. L'intera Scena Seconda è narrata dal punto di vista di Petr Ivanovic: “Davanti all’ingresso […] stavano una carrozza e due vetture di piazza”, nel vestibolo c’è la bara aperta e addobbata, due dame appena arrivate e un collega che sta scendendo dalle scale e si ferma per aspettarlo. Ora l’attenzione si volge al volto solenne del collega in contrasto con il suo carattere gioviale: con “le labbra …severamente serrate e lo sguardo gaio” indica a Petr Ivanovic “con un movimento delle sopracciglia la camera ardente, a destra.” Non una parola, data la situazione, ma quel linguaggio del corpo del collega rinforza l’idea che a morire son sempre gli altri e rimanda alla soddisfazione citata nel paragrafo di chiusura della prima scena.

Terza Scena: la narrazione procede attraverso l’uso dei sensi. Il punto di vista è ancora quello di Petr Ivanovic. Nella camera ardente, Petr I. non sa bene come comportarsi: segnarsi? inginocchiarsi? Sceglie una via di mezzo, e con il suo comportamento e i suoi pensieri, già ha messo in crisi la solennità della scena. Osserva la scena: tra le persone presenti c’è chi è immobile, chi sussurra, chi legge ad alta voce e il servitore -cosi affettuoso con il padrone in vita!- sparge qualcosa sul pavimento. Petr I. avverte “un lieve lezzo di cadavere in decomposizione”. Si ferma e comincia ad osservare il morto che “…giaceva, come sempre giacciono i morti”, insomma è uguale a tutti gli altri. Dimagrito rispetto all’ultima volta che si erano incontrati, ha un’espressione di monito per chi rimane e al tempo stesso di pacificazione personale. Colpito da quel monito e a disagio, Petr I. si genuflette un’ultima volta e si avvia all’uscita.

 Lo sta aspettando il collega, a gambe larghe, mani dietro la schiena mentre giocherella con il cappello. La sua vista lo risolleva. Pare dirgli che non era cambiato nulla per loro e tutto poteva continuare come prima e, infatti, lo invita a mezza voce a giocare a carte da un amico comune la sera stessa. Anche la chiusa della scena minimizza e ridicolizza l’evento della morte di Ivan Il'ic. Ma la scena ha una svolta: arriva la vedova in gramaglie e li invita a rimanere per il servizio funebre che sarebbe iniziato a minuti. Anzi la vedova si avvicina e lo prende per il braccio e gli dice: “…so che eravate un sincero amico di Ivan Il'ic.” Le stringe la mano e si commuovono tutti e due. La vedova gli chiede di seguirla altrove per parlagli. Ultimo sguardo deluso tra Petr e il collega. Sospira e la donna gli stringe ancora più il braccio. Entrano in una stanza; lei si siede su un divano e lui su uno strapuntino con le molle fuori posto (la morte degli altri crea sempre disagio!). La signora vorrebbe avvertirlo di non sedersi lì ma le sembra poco consono al momento.

Segue la scena ridicola dello scialle di lei impigliato e di lui che tenta di alzarsi per aiutare la signora e lo strapuntino si sbilancia; la signora rifiuta il suo aiuto e fa da sé e l’altro si risiede pesantemente. La pantomima si ripete un paio di volte (il momento è solenne ma il mondo dei vivi è mediocre, si fanno cose che fanno ridere); Petr ripensa a quando il morto si era consigliato con lui per la tappezzeria di quel divano (pensieri/ricordi mediocri che ricordano quelli del joyceano Leopold Bloom al funerale). Infine, lei si mette a piangere. L’incontro è interrotto da un sottoposto per le pratiche della tumulazione, lei si scusa in francese e gli permette di fumare. La donna intanto tratta sui prezzi, alla fine si avvicina e pronta offre un portacenere a Petr. Sta per piangere di nuovo ma gli dice che deve dirgli qualcosa: comincia a narrare le sofferenze del malato mentre Petr continua a lottare con le molle dello strapuntino. -Ѐ stato lucido fino alla fine ma urlava da disperato per il dolore- racconta la donna. Petr, “malgrado la sgradevole coscienza dell’ipocrisia propria e della donna”, rimane turbato e spaventato da questo racconto. Teme di poter fare la stessa fine, ma si sforza di chiedere particolari come se la morte fosse affare solo di Ivan Il'ic. Riesce a sapere delle sofferenze dell’uomo, ma solo attraverso il racconto di quanto tali sofferenze avessero scosso i nervi della donna. Dopo di che la donna svela il motivo dell’invito. Vuole informazioni da lui su come ottenere soldi dal fisco per la morte del marito, fingendo di chiedere consigli sulla pensione di cui già sa tutto. L’uomo depreca il governo e le sue misure ma le dice che non gli viene in mente nulla da consigliarle. Lei si agita per porre fine alla visita; lui capisce, spenge la sigaretta e esce.

Nella camera da pranzo, trova in attesa la figlia di Ivan Il'ic: ha un’aria cupa quasi irata; oltre a lei ci sono il prete, altri conoscenti, il fidanzato della ragazza e alla fine compare il figlio collegiale di Il'ic. Petr entra nella camera ardente e rimane in piedi a guardarsi le scarpe. Ѐ fra i primi a uscire. Mentre il servo gli consegna la pelliccia gli chiede: “Ti dispiace, eh?” ma l’altro, con la franchezza e semplicità sconosciuta al giudice e al suo mondo risponde: “Ѐ volontà di Dio. Ci toccherà a tutti” e preso dal suo lavoro, apre la porta, chiama il cocchiere e aiuta Petr I, a salire, pensando a quanto ancora deve fare in casa. L’altro appena salito respira di sollievo e si fa accompagnare a casa degli amici a giocare a carte.

 Insomma, la morte di qualcuno è una noia per gli altri o al massimo qualcosa di naturale che fa parte della vita.

 Da qui in poi, il racconto torna indietro nel tempo e l’ultima parte ci racconterà qualcos’altro: ovvero di Ivan Il'ic e dei suoi ultimi giorni. In queste pagine lo conosceremo meglio dei suoi colleghi, della moglie, dei figli e del servitore stesso che ha vissuto con lui e lo ha aiutato. Sapremo del suo passato, ci verranno confessati i pensieri, la paura, l’angoscia e il terrore di un uomo solo davanti alla morte, fino al suo trapasso pacificante. E scopriremo qualcos’altro degli altri e di noi stessi.

Finalmente  Ivan Il'ic entra in scena! Ma, insomma, chi era costui? Quanto sarebbe stato sbagliato mettere questa parte all’inizio! il racconto sarebbe imploso. Invece, il lettore a questo punto è incuriosito. Vuole sapere chi davvero sia stato il morto, come mai nessuno sente mancanza o dolore per la sua scomparsa. E qui mi fermo; anche se il finale è già noto, seguiranno pagine indimenticabili.

Buona lettura o rilettura!  

 

Nessun commento:

Posta un commento