lunedì 17 dicembre 2018

"Una piccola storia latino-americana" , cap.8 (1) di '365 poesie per una storia d'amore" di Bruni-Nicchiarelli, 2014


8. ‘UNA PICCOLA STORIA’[1] LATINO-AMERICANA 

  


         Dopo aver finalmente parlato con Gordon  e aver scoperto che potrà raggiungerla solo tra qualche giorno, Zoé ha deciso, infine, di anticipare la sua andata a Medellin, approfittando anche del fatto che il giovane Crespo Montes  aveva già in agenda una scappata al festival e si è offerto di accompagnarla. Ora, sul piccolo aereo diretto a Nord, seduta accanto a Raùl, Zoé cerca di rubare qualche immagine dell’immenso continente, ma i larghi bacini d’acqua, il verde fitto, le ragnatele di fiumi e il grigio marrone dei monti scompaiono dopo  un po’ sotto strati di nubi sfilacciate.
Lui parla di Medellin come è ora, le dice quanto è cambiata dagli anni ‘90, gli stessi anni in cui è  nato il Festival Internacional de Poesia. -Le sembrerà strano, ma poesia e violenza coesistono in Colombia … O meglio, l’amore per la poesia è per noi un modo per superare la violenza, per vincerla … una Resistenza spirituale.  Zoé racconta cosa ha visto nel suo unico giorno da turista a Buenos Aires e confessa di essere rimasta colpita dalla visita al Museo della Memoria. -… Era tra i luoghi della sua lista … pensa che sia importante anche per chi non è Argentino?- chiede Zoé.
-Sì, serve per dire a noi e a tutto il mondo: Nunca màs! È un modo di riappropriarci dei ricordi, se pure laceranti, contro la volontà di cancellare tutto, come se non fosse successo niente.. Ma il passato non scompare mai, la verità riaffiora sempre. Sono molti tra noi quelli che hanno avuto un desaparecido in famiglia o tra gli amici oppure tra amici o parenti di amici ….  È una ferita ancora aperta. Per tutti noi Latino-Americani la morte è una presenza costante.
            Medellin è la metropoli della Eterna Primavera, riparata come è dalle Ande. Superata l’enorme periferia, arrivarci vuol dire passare attraverso grandi parchi e piazze, difesi dalle placide gordas di bronzo di Fernando Botero[2],  bianche case coloniali imbiancate a calce con i decori in legno e, per le viuzze del centro, una folla di meticci, afro - colombiani, bianchi e indios. Una città che non è più il quartier generale del narcotraffico in Colombia, ma che ha sviluppato una sua inclinazione culturale tra festival di jazz, di salsa, di tango e di poesia, e una Rumba[3] da far invidia alle grandi città del mondo.
          -Chiudi gli occhi e senti il vento- le ha detto Raùl prima di entrare in albergo.
         Lei avverte soprattutto un forte odore di caffè. E, dopo un infuso rigenerante di mate, è  con grande curiosità che si avvierà più tardi con Raùl all’apertura del festival.
         Il festival è dedicato al grande  poeta brasiliano Murilo Monteiro Mendes[4]. In realtà, si tratta di una sezione straordinaria del Festival Internacional de Poesia che, di solito,  si svolge qui a Medellin a luglio. Un ricordo del poeta e un confronto con la poesia latino- americana contemporanea è il tema dell’incontro che, anche se non ha raccolto la folla oceanica del festival estivo, ha un pubblico locale nutrito ed entusiasta. -Niente in confronto a Luglio, ma l’idea è la stessa: far dialogare i poeti e le tradizioni dei diversi paesi e incoraggiare lo scambio di esperienze, opinioni e progetti, e un desiderio di pace e di rinascita; solo che, stavolta, ci sono solo i nostri poeti. Bene, buon Medellin, allora!! 
          Nel filmato- documentario, ricco di interviste a critici e amici, che precede gli interventi degli altri poeti e la lettura dei testi, si ripercorre la vita del grande Mendes;  vi si descrive la  complessa personalità, la  ricerca continua, arricchita dal  rapporto con altri paesi e altre lingue. Riscoprire Mendes – viene sottolineato- vuol dire comprendere e rileggere il Brasile come un luogo ricco di contraddizioni e non solo patria di samba, mulatte e carnevale. Invece del cliché , Mendes ha offerto piuttosto un’immagine di Brasile fiero di sé anche se contraddittorio:
Laggiù[5]
Laggiù
Dove la polizia serve ad arare i campi,
laggiù
dove nessuno cresce  né diminuisce
laggiù
dove le navi da guerra dormono nelle bottiglie,
laggiù
dove Oriente e Occidente
dialogano affacciati alla finestra,
laggiù
dove ciascuno
ha il suo pane, la sua donna e la sua pace,
laggiù
dove le cantilene antiche muovono il fiume,
laggiù
dove si uniscono la forma, la parola e l’energia,
 laggiù
dove Dio cammina con piedi d’ombra,
laggiù
dove la morte dice: “Voglio nascere”.

        Eppure,  in un altro dei componimenti  letti,  quanta musica e poesia brasiliana nel ritratto di donna che, moderna Beatrice, con il suo incedere lungo i marciapiedi fa innamorare di sé anche i grattacieli:
Marianna[6]   
Secondo l’anagrafe
Marianna è nata a N. York
Città creata apposta per lei:

i grattacieli tremano sospirano
quando lei cammina sui marciapiedi.

Marianna gira il mondo con una Leica
Sua segretaria e confidente
Che l’aiuta a separare la luce dalle tenebre.

Marianna è solo una meteora:
viene a salutarmi ogni tanto
dopo avermi telefonato
da Parigi/Santorini/Tokyo/Saturno.

Marianna arriva
Discorre di fotografia/musica/balletti,
di poesia nordamericana:

“...I’m waiting for someone
To really discover America[7]

I’m waiting
 To see God on television
Piped unto church altars. ”[8]

Ha il loplop[9] della semplicità
Viso ovale ovvero quasi ovale
Occhi
attirants comme  ceux d’un portrait”[10]
Sorriso in sol maggiore
Sorriso in sol maggiore
Che ipnotizza le dalie
Gesti farfalleggianti
Disinvoltura di chi danza o nuota.
Più vicina   alla barca
Che all’automobile.

Stella ignota al telescopio di Palomar
Marianna sparisce.
Al suo ritorno
Mi ritroverà più oppresso di prima:
c’è la rivoluzione mondiale
c’è lei.

              Marianna è la donna moderna che ruba la realtà con la sua macchina fotografica e in tal modo cerca di capire il mondo. Viaggia e ritorna per breve tempo; è  “una meteora” difficile da afferrare, una scarica di energia, dai mille interessi e curiosità. Anche la sua bellezza è inafferrabile, con la sua mancanza di perfezione  e la caleidoscopica vivacità, con quel suo fluttuare via e scomparire. Il vecchio poeta vede in lei il Grande Cambiamento del mondo. L’Eros per Mendes è caos, disordine che contrasta l’ordine del mondo, forse per tornare ad una unità primordiale.
[...]



[1] Titolo di una poesia di Mario Rivero.
[2] Pittore e scultore colombiano, nato a Medellin nel 1932; le gordas sono sculture di donne dalle forme opulente.
[3] Vita notturna.
[4] Il poeta Murilo Monteiro Mendes, uno dei massimi esponenti del modernismo brasiliano, nasce a Juiz de Fora nel 1901. Dal 1957 fu professore di Letteratura Brasiliana all’Università di Roma. Dal modernismo della sua produzione giovanile, attraverso lo sperimentalismo visionario del surrealismo brasileiro,  poi interrotto da una fase di poesia mistico-religiosa, giunse alla sperimentazione di poesia concreta nella sua produzione più matura. Muore a Lisbona  nel 1975.
[5] Murilo Mendes, “Laggiù”, da “Parole e Libertà”, a cura di Ruggero Jacobbi, Sansoni, 1971.
[6]  Murilo Monteiro Mendes, Marianna” in “Ipotesi”, Zona Editrice, Roma 2004.
[7] ‘ … aspetto che qualcuno/ scopra davvero l’America’ ; trad. I. Nicchiarelli.
[8] ‘ aspetto/ di vedere Dio alla TV/  trasmesso (come musica) sugli altari di una chiesa’, trad. I.Nicchiarelli.
[9]  Bizzarria. Il termine usato dal poeta si riferisce al ‘Loplop’, nome di uno strano uccello creato dalla fantasia  dell’artista surrealista, Max Ernst, e da lui usato come suo alter-ego, narratore e commentatore nei suoi scritti e nei suoi lavori pittorici.
[10]  ‘attraenti come quelli di un ritratto’, trad. M.G.Bruni.

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