Romae mori (di quartiere)
Trentuno Luglio di un anno irrilevante, non dissimile da
altri
ore 12.35
in quel dominio di
spazio cittadino
compreso tra
ospedale disseminato a tentacoli
cimitero incrostato a marmo
viuzza cupa da sveltina svoltata (o pagata, comunque in
auto)
-il mio:
-"Scusi, per la camera mortuaria?"
-"L'obitorio, dice?"
-"Certamente, sì!"
-"Sempre dritto e poi a sinistra, non può sbagliare!"
-"Grazie grazie, arrivederci"
-"Buona giornata".
Dritti a casa.
Poi un sentore di macabro a ronzio,
qualcosa di assurdo e
straniante in gola,
scrollato di dosso
solo a sera
con la spugna ruvida della doccia seria. '
Nessun commento:
Posta un commento