sabato 14 febbraio 2015

EMILIO SMUNTI, o il vecchio testo ripescato: "Romae mori (di quartiere)"

Romae mori (di quartiere) 

Trentuno Luglio di un anno irrilevante, non dissimile da altri
ore 12.35
 in quel dominio di spazio cittadino
compreso tra
ospedale disseminato a tentacoli
cimitero incrostato a marmo
viuzza cupa da sveltina svoltata (o pagata, comunque in auto)
-il mio:


-"Scusi, per la camera mortuaria?"
-"L'obitorio, dice?"
-"Certamente, sì!"
-"Sempre dritto e poi a sinistra, non può sbagliare!"
-"Grazie grazie, arrivederci"
-"Buona giornata".


Dritti a casa.
Poi un sentore di macabro a ronzio,
 qualcosa di assurdo e straniante in gola,
 scrollato di dosso solo a sera

con la spugna ruvida della doccia seria. '

(EmilioSmunti2013)


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