“Nada y Todo”
è il titolo spagnoleggiante con il quale viene presentata la mostra di Dante
Ferretti e Oliviero Rainaldi presso il bramantesco tempietto di san Pietro in
Montorio, realizzata con l’intento di celebrare la figura e il pensiero di San Giovanni
della Croce. Verrebbe più naturale attribuirle l’epiteto di “poquito”,
soprattutto pensando alla pochezza
dell’allestimento, di fronte al quale lo spirito del geniale architetto e
pittore di Monte Asdrualdo deve essersi più volte rivoltato nella tomba. La
situazione che si presenta agli occhi del visitatore è quantomeno curiosa : ciò
che viene descritto, con dovizia di particolari nella introduzione critica, non
c’è e quando c’è, non è come dovrebbe
essere. Si potrebbe pensare ad uno scherzo, che in tal caso sarebbe davvero uno
scherzo da prete, se non che, tra gli autori in catalogo, è presente con un suo
testo monsignor Ravasi, che non è proprio un parroco di campagna nella
gerarchia vaticana ed al contrario ha
sempre mostrato, ad esempio nel padiglione del Vaticano all’ultima
biennale di Venezia, eccezionale interesse e sensibilità nei confronti
dell’arte contemporanea.
Già l’orario
di apertura è singolare : dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 16.30, fino
alla fine di settembre, il che garantisce una naturale illuminazione solare,
tale da vanificare la raffinata regia delle luci da parte di Ferretti, le quali
infatti, sono tutte spente. Tuttavia, forse per i tempi grami della situazione
economica, anche il riflettore posto all’interno del meraviglioso tempietto,
che potrebbe ottenere un qualche effetto, risulta chiuso. La lastra marmorea,
con rilievi estremamente bassi, prevista all’interno in relazione all’altare
petriano, come ampiamente spiega lo scritto introduttivo, si trova invece all’esterno,
in pieno sole e in relazione praticamente con nulla. In compenso, la figura
umana in vetro, che dovrebbe trovarsi nell’ambulacro, quasi a mediare, spiegano
i critici, l’esterno con l’interno, esplicitando così il percorso mistico del
grande santo spagnolo, si trova al contrario dentro il sacello, ben piantata
sul pavimento cosmatesco con una sua base grigiastra, francamente miserevole.
L’unica cosa che sembra essere stranamente al suo posto è la lastra bronzea
orizzontale posta nel cortile sull’asse principale del tempio, ma a questo
punto, piuttosto contrariato, il visitatore non può fare a meno di notare gli
orribili piedini di metallo che la tengono sospesa sul terreno, vanificando
l’impressione di una magica levitazione.
Perso per
perso, gli approssimativi allestitori non si sono preoccupati della presenza
disturbate di cordoni e nastri di plastica bianchi e rossi per impedire
l’accesso al retro del cortile, né hanno provveduto a coprire i fili elettrici abbondantemente
distribuiti qua e là per ottenere gli straordinari effetti luminosi di cui si è
parlato. Una tale incuria nell’intervenire in uno degli spazi storicamente e
culturalmente più pregnanti di Roma, se non del mondo intero, è tragica e
inspiegabile, a meno che il pensiero del martirio del santo, notoriamente
avvenuto a testa in giù, non abbia provocato ai curatori dei terribili mal di
testa. Il risultato si riverbera negativamente anche sul lavoro degli artisti,
non tanto su quello di Ferretti, che di fatto non è visibile, quanto su quello
di Rainaldi, già incorso in intoppi incresciosi con il suo noto monumento a Giovanni Paolo II.
L’intento di ritrovare un rapporto tra l’arte contemporanea e la religione
cristiana è infatti meritorio ed è notoriamente affrontato da monsignor Ravasi
con profondità e competenza, nonostante le innegabili difficoltà storiche e
culturali che remano in senso contrario, ma viene il sospetto che il nume
tutelare di Brancusi, con la sua Muse Endormie, non sia sufficiente a salvare
una produzione artistica che, timorosa di dissacrare il sacro, non propone
molto al di là di gusci vuoti, nei quali vuoto ha decisamente la meglio sul
guscio.
(Filippo Davvero, 2014)
* Filippo Davvero vive e opera a Roma, come artista e critico flaneur. Comincia da oggi la sua collaborazione a Gogosafecrash.
Dante Ferretti e Oliviero Rinaldi
NADA Y TODO
omaggio a San Juan de la Crux
a cura di Otello Lottini
Tempietto del Bramante, Roma dal 4 luglio al 30 settembre 2014
Lun-Ven h.9.30-12.30/h.14.00-16.30
Ingresso libero
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