Giorno 1. Quel lieve e continuo sottofondo di fisarmonica ti fa sentire come se fossi uno di quei burattini di legno con le gote rosse e il sorriso fisso. Ce ne sono decine in vendita negli stand che stanno allestendo per il Mercatino di Natale. Senso di spaesamento. Mi sento davvero la straniera, e mi chiedo:" Come avrà fatto a sopportare tutta questa diversità?"
Le persone, però, sono gentilissime sorridono comprensive quando si accorgono che sei in difficoltà.
La perderò di nuovo: ad ogni ossessiva apertura di account mail, con trepidazione, si aspetta di trovare la risposta alla domanda di partecipazione ad una borsa di ricerca in Australia. Quasi imbarazzata nei primi momenti, ha come paura di non saper che dire o di sentire raccontare qualcosa che teme.
Ieri sera è andata.E anche stanotte, con il riscaldamento dimenticato acceso. Mi sono svegliata per il troppo caldo e mi sono messa a pensare a lungo mentre quel pezzo di cielo che riempiva la finestra sopra il letto si scolorava sempre più e lei dormendo respirava tranquillla.
In fondo, rimangono tre giorni soltanto. ci vedremo stasera a cena. Forse ci sarà anche P. Domani potremmo andare al cinema. Forse ieri sera ho bevuto un po' troppo e non le è piaciuto.
Giorno2. C'è il sole fuori delle vetrine del Bar Celona. Vedo il ponte curvo sul canale con le figurine dei passanti in controluce. Dentro fa caldo e un incongrua musica ispanica fa sembrare incongrui anche i molti strati di golf indossati stamattina e la sciarpa intorno al collo. Come i felafel mangiati sul sagrato della Lorenz Kirche, in piedi, al freddo e appoggiata alla tavola di legno.
Passerò per il Neue Museum? Magari c'è una bella temporanea.
Ho già comprato i prodotti bio per L.
Mi perdo nella Metropolitana. Le lettere sui segnali mi confondono. Quale è il Nord? Quale è il Sud? Ma io in che direzione devo andare? Quando mi ritrovo nell'enorme supermercato con il nome in neon verde mi tranquillizzo, anche se le cose da comprare sono meno facili da trovare di quanto mi fossi immaginata.
Weetabix, latte, olio, tonno, vino bianco.Chissà come si chiama e in quale scomparto potrei trovare il bicarbonato?
Giorno 3. In treno insieme fino a Er... Poi lei scompare su un autobus verso il campus.
Mi fa tenerezza rivedere questo luogo dopo tre anni. Noi quattro insieme. Eravamo stati benissimo.
Fa molto freddo e cammino velocemente. Er.. è cambiata. Più cittadina, nuovi negozi e vetrine. Anche quella del negozio punk è più grande. Mi ritrovo davanti alla Rokoko Hause. Il giardino sulla piazza, che vedevamo dalla finestra della nostra camera, è ora occupato da un kindergarten prefabbricato. Le voci dei bimbi escono dalle finestre chiuse. Ora l'Orto Botanico. E' una giornata grigia, con un vento insidioso che ti si infila nel piumino. Il giardino è desolato. Neanche un visitatore. Le serre sono invece piene di giardinieri che vi lavorano, potano, sistemano piante avvizzite. Finisco in un qualche posto chiuso ai visitatori e per un po' nessuno si accorge di niente. Neanche io. Poi, finanzio con due euro questo posto meraviglioso e mi danno in cambio due sacchettini di noci piccolissime: il mio souvenir.
A pranzo di nuovo insieme: da Bogart, come allora. Poi il campus. Il suo studio, i suoi amici, il suo computer. Tutta la vita che intravedo attraverso la webcam quando sono a casa.
Torno per conto mio, ma la sera è bello aspettarla a casa.
Poi, sedute al Literaturhaus Cafè, dopo la zuppa super bollente e un nevrotico tentativo di acquisto stivali. Alti, bassi, caldi, piani, grigi. Meglio un'altra volta. Caffè in tazzoni e dolce di cioccolato mit kirchen. Nessuna connessione Internet. A meno di non pagare. Correzione di compiti. Scrittura di lettere. Vorrei andare al Neue Museum, ma sono stanca. Pensavo che questo caffè fosse un posto tranquillo, invece è rumoroso. I libri sugli scaffali sono PRIVATE PROPERTY . Così dicono i cartellini: per ricordarci che possiamo guardarli e che ne possiamo parlare, ma non leggerli. Gli avventori, ai tavolini, cambiano con un ritmo frenetico. Due donne che ridono. Altre due, più rilassate, sono appena state sostituite da due uomini. Giovani, sembrano complici, seduti ai due lati del tavolino davanti a me. Si ascoltano e ammiccano.Un'altra coppia, all'altro angolo della sala. Lei sorride ascoltandolo, mentre lui pare tentar di convincerla a fare qualcosa. Vicino a loro, un donnone di mezz'età, con gli occhiali. Forse scrive.Alla sua destra, una giovane, con la testa reclinata verso sinistra. Scrive anche lei? Un I-pad sul tavolino? Una luce fredda pulsa sul suo viso.
La correzione dei compiti è ancora in alto mare. La lascio lavorare. Vado a vedere la mostra e poi l'aspetto a casa. Non posso crederci: domani mattina devo partire. Mi mancherà di nuovo. E' finito tutto così presto.
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