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venerdì 7 settembre 2018

FRAMMENTI s.p.A. di Ishtar Baabél (2015)

                                                                                 
                                                                                 







 ACUSTIC/VISUAL/ACUSTIC                             

Felino. Come diceva?
'Passo del gattino'?
ma le pantofole paterne,
vecchie e indurite,
scricchiolano.
Ritmiche.
crick, crick, crack.
Silenzio!
crick, crick, crack.
silenzio e ritorno.
Ah, la vita è bella!
Sono libero!
e gliel'ho fatta un'altra volta!



IL TRILLO                                                                   

un trillo.
se non si risponde
vuol dire che non c'è stato,
o magari lei non l'ha sentito.
o magari penserà
di averlo immaginato
e si vergognerà
di chiedere "chi è?"

lei intanto cerca sul web
la parola PSICOSI
e i suoi segnali.


mercoledì 1 marzo 2017

Anteprima vera di isabnic(2017)





ANTEPRIMA VERA

E' stato troppo breve quest'inverno
per espiare il peso di tutto e cancellare la stanchezza.
E ora i saluti sfacciati del giacinto o discreti della violetta
mi fanno quasi male, tra muscari azzurrini in corsa 
dietro al giallo di una succulenta in abbandono.
No, non ci sto. Ho bisogno di tempo, di ritmi 
cadenzati, di piccole certezze. Di assuefazione.
Out of joint, anche la pianta grassa senza nome,
e rubata (al mare), oggi è rifiorita.

isabnic (2017)

sabato 28 marzo 2015

NON ERA MIO PADRE di Ishtar Baabél (2015)


NON ERA MIO PADRE

Hai uno sguardo triste.
Sei sola? Dov'è la mamma?
Dammi la mano, ti accompagno io.
Non vuoi? Aspetta.
Ti piacciono le ciliegie?
Tieni. Attenta al nocciolino!
Dammi la mano.
Andiamo a mangiarle laggiù.
Me ne dai una?
Perché non mi guardi?
Mangia le ciliegie. Ti piacciono? Sorridi.
Vieni qui.

 Ishtar Baabél

martedì 2 settembre 2014

A Nikita e Madhu, di Rohtak (Haryana), 17 e 16 anni di Ishtar Baabel


( dall'articolo di Raimondo Bultrini, La Repubblica del 28/08/2014)


Bibita fresca di mango con un goccio di veleno.
Quanto basta. Quanto basta per bruciare le viscere,
per contorcersi a terra sulle bianche piastrelle dei cessi.
Agonia di morte perché vivere così è agonia.
A scuola, perché è qui che avremmo potuto cominciare
a andar via (negli States, il sogno). E invece rimanere nell'incubo.
A Rothak, dove gli uomini inseguono, ti alitano addosso
sporche parole, inforcano moto ammiccanti e offrono telefoni per irretirti.
Dicono gli altri che è così perché i nostri corpi li incoraggiano,
perché i nostri denti sono bianchi e gli occhi neri, e i capezzoli si induriscono
sotto la maglietta e la giacca, e i fianchi da un po' si sono allargati.
Dicono che le labbra sono troppo morbide, e i capelli troppo lisci e setosi,
che sappiamo parlare, alziamo lo sguardo e camminiamo veloci.
Dicono che è per questo. Che siamo state noi.
E allora basta. Due bicchieri (in frantumi?), un po' di liquido
avanzato (che colore?), due corpi di ragazze a terra (scomposti?),
sedici e diciassette anni (già consumate, senza permesso),
due lettere di quattro e sei pagine (sul banco). Basta.
-Lascio 200 rupie nel cassetto per la t-shirt di mia sorella
e l'orologio a mio fratello come portafortuna.
-Lascia, madre mia (non piangere!!) tutte le mie cose
(non le buttare!) perché tornerò in qualche modo.

- Lascio anche il numero di targa della moto che ci perseguitava.