venerdì 27 settembre 2019

"Sindrome 1933" di Siegmund Ginzberg, a cura di Gogo












“Sindrome 1933”

 Siegmund Ginzberg

 (Feltrinelli 2019)



Più che la presentazione del libro di Sigmund Ginzberg, quello a cui ho assistito con grande interesse, qualche sera fa alla Biblioteca Europea di via Savoia a Roma, è stato un dialogo fitto e appassionato sul presente tra l’Autore e Furio Colombo. L’incontro era moderato da Antonella Ottai e inframezzato dalla lettura di testi, scelti dal libro o collegati al periodo trattato, offerta dal bravo Bruno Maccallini.

 Antonella Ottai ha introdotto la presentazione di “Sindrome 1933” suggerendo i nodi intorno ai quali se ne potrebbe cogliere l’essenza: la concatenazione di eventi nazionali e internazionali che può portare all’ascesa di un potere forte, l’indebolimento delle forze di opposizione, la creazione di un pericolo contro cui c’è l’urgenza di tale potere ed eventuali analogie con il presente.

 La coinvolgente lettura di Maccallini del primo testo, parzialmente adattato dalle prime pagine di “Sindrome 1933”, ha fatto immediatamente cogliere agghiaccianti somiglianze con le notizie lette o ascoltate di recente qui da noi in Italia. Alcune parole chiave tra cui ‘maggioranze fragili’, ‘partiti litigiosi’, ‘veti incrociati’, ‘Sinistre divise e senza iniziative in comune’ fino a ‘saluti dal balcone’ hanno colpito più di una persona tra i presenti. 

 Eppure il libro, ideato e progettato poco prima delle elezioni in Italia di marzo 2018, proposto a Feltrinelli e poi scritto durante l’inverno e la primavera seguente, è stato pubblicato a maggio di quest’anno.  “Nel testo è possibile percepire l’analogia con l’oggi,- si è schermito Ginzberg - ma questa possibilità viene lasciato completamente al lettore” attraverso l’offerta di una puntigliosa ricerca storica.

 Furio Colombo ha sottolineato, infatti, la pacatezza del linguaggio usato dall’autore, buon narratore nonché saggista. “Si respira tranquillità” in un libro che racconta una storia allarmante attraverso un montaggio dei fatti. Un linguaggio, dunque, di tipo diverso da quello violento di chi usa la violenza secondo un modello fascista della comunicazione, come quella razzista e sessista che abbiamo ascoltato o letto di recente nei confronti del giornalista Gad Lerner a Pontida e della capitana Karola Rackete, perfino minacciata di stupro. In quelle odiose chat abbiamo potuto leggere quel linguaggio che la stampa solitamente censura. Una cautela che meraviglia quando si parla dell’ex Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, del suo “uso dei Carabinieri”, della sua richiesta di pieni poteri. Tutto ciò è come aver “acciuffato le parti malate di Weimar, l’inevitabilità del potere malato che fornisce anche materiale documentale falso o falsato (vedi la millantata dichiarazione di alcuni giudici di avere materiali scottanti contro le varie ONG)”.
 “Quello di Ginzberg -ha così concluso Colombo quello che a molti è parso quasi uno sfogo liberatorio- è un archivio di materiale vivo, attuale e non soltanto un’opera di riferimenti storici di un passato che non si ripeterà.”

 La creazione di un pericolo contro cui c’è l’urgenza di un potere forte -allora gli Ebrei, ma non solo,  e oggi i Migranti, è l’altra analogia sottolineata dal testo di Joseph Roth letto da Maccallini:  "… Dai tempi della guerra, in tutto dall’Est sono arrivate in Germania circa 50.000 persone. Devo dire che sembrano milioni. L’impressione di tanta miseria li raddoppia, li triplica, li moltiplica per dieci volte tanto." Oggi come allora, la paura fa crescere i sentimenti di rifiuto e razzismo, si creano leggende (come quelle su Soros, le ONG, etc) o teorie del complotto (quella della sostituzione dei popoli oppure  del lavoro rubato dagli altri) con un' Opposizione incapace di creare una vera alternativa.

 Anche le parole, in un altro dei brani letti, di Kurt Tucholsky, scrittore e giornalista tedesco, i cui  libri furono banditi e bruciati pubblicamente dai Nazisti nel 1933, hanno fatto respirare “un certo sentimento di insicurezza nei confronti della irreversibilità della democrazia rappresentativa”.

Non resta che leggere “Sindrome 1933” e riflettere sui dati storici che ci offre.

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